Percezione mafiosa tra gli studenti: il sondaggio del Centro Studi Pio La Torre apre agli universitari

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 16 maggio 2016 0 Commenti

UnknownUna forte sfiducia verso le istituzioni e la politica, espressa dall’84.7% degli intervistati, ma anche una voglia di legalità a tutti i livelli e una opposizione netta contro mafie, criminalità e corruzione. Sono queste le principali indicazioni emerse dalla più recente indagine annuale condotta dal centro studi Pio La Torre di Palermo sulla percezione mafiosa tra gli studenti italiani. I dati, integralmente consultabili nel numero di Asud’Europa (www.piolatorre.it), sono stati presentati a Roma lo scorso 14 Aprile 2016 nel corso di una riunione della Commissione Nazionale Antimafia, alla presenza del Presidente della Commissione, onorevole Rosy Bindi.

A condurre il questionario sono stati oltre duemila studenti partecipanti al Progetto educativo antimafia, promosso dal Centro Pio La Torre di Palermo, su un campione di circa 10mila studenti delle terze, quarte e quinte classi di alcuni istituti di scuole medie superiori di tutta Italia. Un’interessante novità di quest’anno è rappresentata dal fatto che per la prima volta si è provato a somministrare il questionario anche a studenti universitari siciliani. Si sono così ottenuti 248 questionari completati nelle varie università siciliane, 200 dei quali in quella di Palermo. Per quanto le due popolazioni di riferimento siano distinte dal punto di vista geografico, e ogni confronto vada effettuato con cautela, evidenzia differenze interessanti e che varrebbe la pena approfondire.

Per esempio, se consideriamo la domanda “quali attività illegali ritieni più indicative della presenza mafiosa nella tua città”, gli studenti medi pongono in testa lo spaccio di droga, mentre passa in secondo piano l’idea, al primo posto per gli universitari, che il fenomeno mafioso possa incidere sul corretto funzionamento del mercato del lavoro (lavoro nero), sul corretto ed efficiente funzionamento della pubblica amministrazione (corruzione dei pubblici dipendenti), o che la presenza della mafia possa alterare i meccanismi del sistema politico-elettorale (scambio di voti).

Intervistati circa le ragioni della diffusione territoriale del fenomeno mafioso, gli studenti medi indicano prevalentemente fattori culturali e attenenti alla sfera dei valori etici, come la corruzione nella classe politica locale e la mancanza di senso civico; gli universitari invece identificano la causa dell’espansione delle mafie nella ricerca di nuovi territori per il riciclaggio di denaro sporco.

La consapevolezza delle risposte, per esempio alla domanda “cosa permette alla mafia siciliana di continuare a esistere”, comprensibilmente crescere con l’età degli intervistati. Prevalgono le risposte generali di carattere sociale tra gli studenti medi, mentre le determinanti di natura economica e i fattori legati al ritardo di sviluppo ricevono maggiore considerazione dagli studenti universitari.

Di particolare interesse è la domanda “la mafia può essere influente sul futuro della regione?”. Tale influenza è riconosciuta da due terzi dei rispondenti, sebbene i dati estratti sul segmento degli universitari registrino maggiore fiducia nella possibilità di una definitiva sconfitta della mafia (54%): un segno forse incoraggiante, circa il ruolo positivo che può avere un maggiore esercizio dei diritti di cittadinanza, uniti a un più evoluto percorso formativo.

E gli studenti universitari appaiono anche più ottimisti circa le prospettive della lotta alla mafia. Infatti, alla domanda su chi sia più forte tra Stato e mafia, il 31,98% di loro ha detto lo Stato, il 28,34% la mafia. Tra gli studenti di scuola, invece (che non sono tutti siciliani), solo il 13,92% ha risposto lo Stato, e addirittura il 48,04% la mafia. E’ un risultato, se Unknownpur parziale, che fa riflettere. “Evidentemente, il tipo di rappresentazione che delle mafie passa nel sistema della comunicazione di massa è ancora quello che le dipinge come entità invincibili, quindi più forti anche dello Stato” – commenta nella sua analisi Antonio La Spina, docente di sociologia nell’Università di Palermo – “d’altro canto, che lo Stato vada assestando colpi sempre più micidiali alle varie mafie è una realtà che non si può negare e coloro che leggono qualche libro e qualche giornale in più, vedono meno televisione e sono un po’ meno influenzabili da certi opinion leader “cattivi maestri” sembrerebbero avere le idee un po’ più chiare al riguardo”. Le agenzie di socializzazione sono importanti ed è fondamentale che del fenomeno si parli, si scriva, si abbia informazione corretta. “Tuttavia” – conclude La Spina – “non bisogna mai dimenticare che una rappresentazione distorta della realtà può creare seri danni, specialmente quando si ha che fare con la formazione della pubblica opinione e del senso civico della popolazione, e ancor più quando si lavora con dei piccoli cittadini in via di formazione”.

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