PROF. SABINO CASSESE : UN PAESE BLOCCATO, I MALI DELLA BUROCRAZIA.

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A Roma sono 316 i decreti di attuazione di leggi vigenti che attendono di essere emanati – scrive il prof. Cassese su il Corriere della Sera del 20 aprile 2019, pagina 26 – mentre la  Corte dei conti europea lamenta che l’Italia sia in ritardo nell’incassare 22 miliardi dall’Unione e nel pagare 57 miliardi a privati fornitori.

 

Sono pochi gli italiani che fanno affidamento sugli uffici pubblici, ritenuti una zavorra, ed ora anche il governo manifesta quotidianamente sfiducia verso di essi. Come stanno davvero le cose? Qual è lo stato di salute dei nostri apparati pubblici?

Debolezza, ritardi, inefficacia, eccessiva attenzione per gli interessi elettorali dei politici di turno, disattenzione per le esigenze degli utenti, sono mali noti della burocrazia.

Ma la loro causa prima sta fuori della pubblica amministrazione. Va cercata nella legislazione sovrabbondante e contraddittoria (l’ambizione di molti legislatori è di fare leggi «autoapplicative», cioè che non abbiano bisogno di uffici per essere eseguite: una chiara manifestazione di sfiducia nella burocrazia), nei troppi controlli preventivi e troppi controllori (alla Corte dei conti si è aggiunta l’Autorità anticorruzione), nei giudici amministrativi che si sostituiscono spesso all’amministrazione attiva, nelle Procure penali e contabili, che troppo facilmente mettono sotto accusa gli amministratori, nelle eccessive responsabilità (contabile, amministrativa, penale) e nelle relative sanzioni, che spaventano e consigliano l’inerzia, nelle continue interferenze degli organi di governo nella gestione, agevolate dai tanti «spoils system».

 

Vengono, poi, le debolezze delle amministrazioni. La «fuga» dei tecnici, che trovano altrove migliori retribuzioni, ha costretto ad affidare all’esterno molte funzioni. Sono poche, oggi, le strutture pubbliche che non abbiano organismi satellite. La conseguenza è che le amministrazioni non fanno, ma fanno fare. E — come ha saggiamente osservato il ministro Tria, che ha esperienza nella materia — a furia di far fare, esse finiscono per non saper fare e di non sapere che cosa bisogna fare.

 

All’esternalizzazione dei compiti si accompagna la selezione sbagliata: basta vedere quante volte nei decreti legge di questo governo ricorre l’espressione «scorrimento delle graduatorie», che vuoi dire fare concorsi per dieci posti e assumere cento persone. L’elenco sarebbe lungo, ma almeno un’altra causa interna va indicata, ed è l’arretratezza digitale: i mezzi ci sono, ma si mette un vestito digitale sul corpo burocratico, invece di modificare il corpo burocratico per adattarlo alle tecniche digitali.

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