ABUSO D`UFFICIO. LA BUROCRAZIA DIFENSIVA.

 

 

La paura di decidere, il peso di una scelta che ha come contraltare la spada di Damocle dell’indagine penale, a sua volta figlia di una clima complessivo avvelenato che vede nella denuncia alla Procura della Repubblica lo strumento ideale per consumare piccole vendette fondate su invidie o presunti torti subiti. Senza contare i contraccolpi sul piano reputazionale, disciplinare, economico.

Un corto circuito che paradossalmente finisce per alimentare l’illegalità che si vuole combattere: infatti, incertezza, attesa, comportamenti emissivi favoriscono accordi sottobanco e favori corruttivi.

E allora, come (tentare di) uscirne, si chiede il prof. Andrea Castaldo, su il Mattino del 14 ottobre 2017, a pagina 51?

Sul banco degli imputati siede l’attuale reato di abuso d’ufficio, una norma più volte ritoccata senza gli esiti sperati e che necessita di un intervento di restyling.

Nell’interesse dell’economia, del Paese, sgombrando il campo intanto dal possibile equivoco di voler imbavagliare il pubblico ministero e frenare le indagini.

In realtà vale l’esatto contrario.

Le statistiche attuali ci consegnano uno spaccato mortificante: tra i reati contro la pubblica amministrazione la parte del leone la fa appunto l’abuso d’ufficio, ma solo il 20% circa dei procedimenti avviati si conclude con una sentenza di condanna.

Segno che qualcosa non va, o, in parole semplici, che l’imponente lavoro investigativo si conclude con un nulla di fatto.

Dunque, riformare il reato significa calibrare al meglio la notitia criminis e drenare le energie (mal)utilizzate verso altri fenomeni delinquenziali.

Al contempo restituendo fiducia al pubblico ufficiale e rassicurandolo nelle decisioni da adottare.

Ai lettori del Sito, come nei precedenti articoli, lasciamo, come sempre, o, almeno, tentiamo di farlo, una fotografia completa, con i soli virgolettati.

Su argomenti come questo, di estrema delicatezza, è normale vi siano posizioni differenziate, a volte anche in modo significativo.

Ci auguriamo di essere stati utili.

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Commenti (1)

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  1. avatar Giovanni scrive:

    perseguire i reati nella P.A. come il reato di abuso d’ufficio ha senso se si impone la adozione di condotte riparatorie volte ad interrompere la condotta illecita e ricondurre l’azione della P.A. entro l’alveo dell’art. 97 della Costituzione e della Legge.
    La permanenza degli effetti della condotta posta in essere in violazione di legge e’ assurda, sbagliata,
    e non soddisfa la esigenza di giustizia alla luce della Costituzione.
    E anche atto di Giustizia annullare gli effetti deleteri delle condotte adottate che si riverberano sulla persona e sulla vita civile e democratica del Paese.
    Faccio un esempio concreto.
    L’Amministrazione Universitaria da cui dipendo, gestisce il rapporto di lavoro del sottoscritto applicando il CCNL, senza rilasciare il badge identificativo per la rilevazione automatica delle presenze, necessario per la quantificazione delle ore di servizio svolto (art. 36 Cost) e la registrazione delle presenze nelle sedi assegnate, Impedendomi l’esercizio della funzione pubblica con il rapporto di impiego contrattualizzato.
    Alla P.A. da cui dipendo, deve essere imposto il rilascio del badge identificativo per la rilevazione automatica delle presenze e consentire al sottoscritto l’esercizio della funzione pubblica con il rapporto di lavoro contrattualizzato con il CCNL applicato dall’Ente. Questa e’ Giustizia alla luce della Costituzione!

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