Criminalità organizzata e corruzione: il contributo della storia internazionale
Intercorre uno stretto rapporto tra il processo di globalizzazione, che sta investendo la nostra società, e la criminalità organizzata transnazionale. Tramontata l’epoca bipolare, le innovazioni nei trasporti e nelle comunicazioni, la liberalizzazione dei mercati e l’infittirsi di reti internazionali sono stati i processi che più hanno concorso a plasmare il mondo globalizzato quale oggi lo conosciamo.
Il progressivo abbattimento delle frontiere intracomunitarie, se da un lato ha permesso la libera circolazione di merci, servizi e capitali, favorendo il progresso e innalzando la soglia di benessere, dall’altro ha facilitato lo sviluppo e la sofisticazione dei gruppi criminali, in grado oggi di travalicare i confini nazionali e di dotarsi di una struttura globalizzata.
I fenomeni criminali sembrano dunque aver seguito le trasformazioni sociali ed economiche delle società moderne, riproducendone i meccanismi. Finita l’epoca della mafia rurale, i gruppi criminali tradizionali agiscono oggi secondo logiche imprenditoriali, entrando direttamente nel mercato economico globale e stringendo – ove necessario – alleanze con organizzazioni criminali geograficamente distanti, come le Triadi cinesi e la Yakuza giapponese. Nello specifico, è la corruzione a rivelarsi uno strumento estremamente vantaggioso per le reti criminali, in particolare per quelle che operano a livello transnazionale, poiché diventa il mezzo fondamentale per compiere azioni criminali che minano la sicurezza e l’efficacia delle istituzioni politiche. Vuoti di potere e lacune nei sistemi che garantiscono l’integrità della politica offrono un terreno più che fertile al dilagare della corruzione e del crimine organizzato. Corruzione e gruppi criminali posso trovarsi spesso a cooperare in attività economiche apparentemente legali al fine di produrre, distribuire o procurare illecitamente beni e servizi; le operazioni di riciclaggio internazionale sono la massima espressione di questo connubio.
In questa direzione, il saggio “La storia internazionale e la criminalità organizzata” elaborato da Mariele Merlati e apparso su “Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata”[1] nel 2015, si dimostra una riflessione utile ed originale. Il saggio, nel tentativo di individuare il contributo offerto dalla storia delle relazioni internazionali agli studi sulla criminalità organizzata, ha scattato una fotografia esaustiva dei profondi cambiamenti che hanno investito mafia e corruzione negli ultimi decenni e, allo stesso tempo, ha riflettuto sui caratteri del crimine organizzato transnazionale che affondano le proprie radici nel passato.
Muovendo da un’analisi sulle discontinuità che differenziano l’attuale sistema internazionale da quello novecentesco, l’autore ha riconosciuto nella tensione globalizzante, che ha attraversato il mondo negli ultimi decenni, un processo di trasformazione che ha finito con l’investire anche il crimine organizzato, convertendolo in una forza transnazionale, in grado di avvalersi di tutte le opportunità offerte dalla liberalizzazione dei mercati e dalle innovazioni delle tecnologie di comunicazione.
In particolare, spiega Merlati, il disfacimento dell’impero sovietico ha aperto per la criminalità organizzata nuovi spazi di interazione. Da una parte, un passaggio repentino e incontrollato da comunismo a capitalismo ha costituito per i gruppi criminali nuove opportunità economiche, da entrambi i lati della cortina di ferro; dall’altra, l’aumentare dei localismi e il proliferare di deboli realtà statuali hanno contribuito al dilagare di attività criminali e corruzione nei paesi dell’ex blocco sovietico.
Specularmente, riflettendo sugli elementi di continuità del moderno crimine organizzato transnazionale rispetto al passato, l’autore ha assegnato al fenomeno migratorio un ruolo privilegiato.
La concomitanza tra il verificarsi di massicci flussi migratori e l’insediamento di gruppi criminali all’estero rappresenta infatti un importante elemento di continuità con la storia novecentesca, in particolare con la storia novecentesca d’Italia. Se nel corso del ’900 è stato il grande esodo migratorio del sud Italia ad esportare il morbo della mafia in America, per contro, negli ultimi anni è ai flussi migratori provenienti dai Balcani, dal Medio Oriente e dal Nord Africa, che viene attribuita la maggior responsabilità dell’insediamento di gruppi criminali stranieri nel nostro Paese. Il manifestarsi di massicci processi migratori rimane dunque un fattore determinante per l’internazionalizzazione delle organizzazioni criminali, ieri come oggi. In questo senso Merlati, a conclusione del saggio, ha affermato la necessità di “riflettere su continuità e discontinuità, riconoscere caratteri inediti e preziosi precedenti, guardare ai fenomeni di un passato più o meno lontano per dotarsi di strumenti utili a meglio comprendere – e contrastare – i fenomeni dell’oggi.”
[1] Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, [S.l.], v. 1, n. 1, p. 10-22, jul. 2015. Disponibile all’indirizzo: http://riviste.unimi.it/index.php/cross/article/view/5090/5154
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