Ddl anticorruzione: cos’è e cosa prevede il decreto approvato dal Senato

Nella categoria Azione di governo da su 8 aprile 2015 0 Commenti

il_senato_dice_s_al_ddl_anticorruzione_c_anche_il_reato_di_falso_in_bilancio-0-0-436708Dopo due anni di attesa, il decreto anticorruzione presentato dal governo di Matteo Renzi è stato approvato dal Senato. Il ddl, che prevede pene più severe per i reati di corruzione, di peculato e di associazione mafiosa, dovrà passare anche per la Camera dei deputati, che, se voterà a favore del decreto, permetterà alla legge di entrare definitivamente in vigore. Una delle novità più importanti del ddl è quella della reintroduzione del reato di falso in bilancio, depenalizzato dal governo Berlusconi nel 2002. Il decreto è stato votato dal Senato con 165 voti favorevoli, 74 contrari e 13 astenuti. Il Movimento 5 stelle e Forza Italia hanno deciso di non appoggiare il ddl anticorruzione. Analizziamo punto per punto tutte le norme che prevede il decreto.

Corruzione propria e impropria – Aumenta la pena per il reato di corruzione propria. Il funzionario che riceve denaro o altre utilità in cambio di un ritardo o di un’omissione negli atti del suo ufficio potrà rischiare una pena massima che va da 6 a 10 anni di reclusione e una minima da 4 a 6 anni. Precedentemente la pena prevista andava da 4 a 8 anni. Per quanto riguarda la corruzione impropria, cioè la corruzione per l’esercizio della funzione, la pena prevista dal ddl va da uno ad un massimo di 6 anni di carcere, aumentando la pena massima di un anno.

Reato di induzione e di corruzione in atti giudiziari – Il pubblico ufficiale che compie un reato di induzione, “inducendo taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità”, rischierà una pena minima di 6 anni ed una massima di 10 anni e sei mesi di reclusione. Precedentemente, il codice penale prevedeva una pena che oscillava dai 3 agli 8 anni. Aumentata anche la pena per i reati di corruzione in atti giudiziari: si passa da un minimo di 4 fino ad un massimo di 10 anni (pena prevista prima del ddl anticorruzione) a un minimo di 6 fino a un massimo di 12 anni di carcere. Gli anni di carcere aumentano se questa corruzione porta ad un’ingiusta reclusione di terzi.

Associazione mafiosa – Il decreto prevede anche un giro di vite per quel che riguarda i reati di associazione mafiosa. La pena massima aumenta fino ad un tetto di 26 anni. Chi fa parte di un’associazione mafiosa rischierà una pena che va da 10 a 15 anni di reclusione (precedentemente si andava da 7 a 12 anni). Coloro che, invece, promuovono e organizzano l’associazione rischieranno da 12 a 18 anni di carcere (invece che da 9 a 14 anni). Se l’organizzazione mafiosa è armata, la pena andrà da 12 a 20 anni di reclusione (precedentemente si rischiava dai 9 ai 15 anni). I boss, invece, rischieranno una pena che potrà arrivare fino a 26 anni di carcere, invece di 20.

Falso in bilancio – Il decreto anticorruzione riscrive anche le normative che riguardano il reato di falso in bilancio per le società non quotate in borsa. In caso di false comunicazioni sociali è previsto una pena che va da uno a 5 anni di carcere. Se il falso in bilancio riguardasse un fatto tenue o di lieve entità, la pena si abbasserebbe da sei mesi a tre anni di reclusione. Per le società quotate in borsa, invece, gli amministratori rischieranno da 3 a 8 anni di carcere.

Riparazioni pecuniarie – Con il decreto anticorruzione si introduce anche un emendamento che prevede la restituzione da parte di chi ha commesso i reati di peculato, appropriazione indebita e concussione, di tutta la somma che il pubblico ufficiale avrebbe percepito. Queste riparazioni pecuniarie dovranno essere corrisposte allo stesso ufficio amministrativo che ha subito il danno economico per corruzione.

Autorità nazionale anticorruzione – L’Anac avrà molti più poteri per quel che riguarda il controllo di bandi e gare pubbliche. L’Autorità dovrà controllare e vigilare sui contratti degli appalti, per cercare di evitare fenomeni corruttivi. Ogni sei mesi, inoltre, gli agenti appaltanti dovranno trasmettere all’Anac le informazioni sull’appalto, comunicando i soldi spesi, i vincitori e i dettagli del contratto di appalto.

Infine, tutti coloro che collaboreranno con la giustizia avranno una diminuzione della pena per due terzi, invece che per un terzo. Il decreto proposto dal governo Renzi potrebbe dare una stretta al fenomeno della corruzione in Italia, che da sempre infesta la pubblica amministrazione e la politica parlamentare e locale: attendiamo con ansia di poterne misurare l’impatto quando sufficienti dati saranno a disposizione. Il problema principale, però, rimane quello di sradicare dalle fondamenta la corruzione, non solo aumentando le pene. Un funzionario pubblico, sapendo che andrà in carcere due anni in più di prima, potrebbe comunque essere allettato dalle promesse di denaro che la corruzione offre. Renzi e il suo governo dovrebbero intervenire mettendo le mani all’interno degli apparati che regolano gli uffici pubblici e la burocrazia italiana. Creare un contesto sfavorevole alla corruzione, cercando di eliminare le mele marce ma soprattutto depennando tutte quelle norme che consentono agli ufficiali di poter commettere i reati di concussione o di induzione; questi dovrebbero essere gli obiettivi che si dovrebbe prefissare il governo. Bisognerebbe cercare di aumentare i controlli sulle società che si aggiudicano i bandi di gara, eliminando tutti quei vizi di forma, come le gare con affidamento diretto, che da anni permettono a sindaci e amministratori di scegliere le aziende alle quali affidare le commissioni. Inoltre, Renzi dovrebbe varare delle norme che non consentano agli stessi individui di sedere in consigli di amministrazione diversi per potersi passare gli affidamenti e i subappalti da una sponda all’altra. Infine, come è emerso anche con lo scandalo della metanizzazione dell’isola di Ischia, bisognerebbe diminuire e rallentare i vari subappalti che le aziende aggiudicatrici effettuano per piazzare amici e corrotti all’interno della macchina dei lavori pubblici. La strada è ancora lunga: bisogna creare questi presupposti per estirpare il male della corruzione dall’Italia.

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Ho 23 anni e sono un giornalista praticante dal 2013. Studio Scienze dell'Informazione, della Comunicazione e dell'Editoria all'Università di Tor Vergata. Laureato in Lettere presso lo stesso Ateneo. Mi occupo principalmente di giornalismo d'inchiesta e di reportage in giro per l'Italia.

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