E’ possibile misurare il rischio di corruzione tramite l’uso di Open Public Procurement Data?
Creare uno strumento basato sul data mining per valutare il rischio di un appalto pubblico? Si può fare. Il corruption research center of Budapest sta lavorando su questo tema dal lontano 2013. L’indice si chiama Corruption Risk Index e permette di calcolare la probabilità che un appalto sia corrotto attraverso l’uso degli Open Public Procurement data.
A questo fine si è usato un database formato dagli annunci pubblici di appalto di varie nazioni; tra le quali Repubblica Ceca, Slovacchia ed Ungheria. I dati a cui si fa riferimento sono: bandi di gara, notifiche di aggiudicazione dell’appalto, notifiche di modifica del contratto di appalto e correzioni amministrative.
Il “Corruption Risk Index” [CRI], ha come output un valore compreso tra 0 ed 1 che indicherà il rischio di corruzione di un contratto d’appalto. Dove zero indica la più bassa probabilità osservata di corruzione e uno indica la massima probabilità osservata di corruzione. Per fare ciò sono stati utilizzati degli indicatori divisi in tre sessioni: presentazione alla gara, valutazione del contratto e procedure generale. Applicando diversi pesi ai vari elementi è stato possibile diminuire la probabilità di falsare i risultati. Sono stati, infatti, attribuiti quando l’effetto di un determinato parametro è lieve, un peso minore. Consideriamo adesso il caso dell’Ungheria attraverso il grafico riportato in basso.
Analizzando il grafico si può notare che esso non devia tantissimo da una variabile normale e che, a giudicare dall’andamento, è postato a destra. Pochi contratti in Ungheria, tramite quest’analisi, sono stati giudicati con un alto livello di CRI, superiore allo 0.6. Il dato più preoccupante è la differenza evidenziata attraverso il cerchio in rosso tra fondi europei e no. Infatti, nel momento in cui si tratta di fondi provenienti dall’Unione Europea, i contratti con un alto livello di CRI aumentano, fino ad arrivare a valori molti più alti come lo 0.7. Un grande vantaggio di questo indice è che esso può essere generato anche per micro-periodi come, ad esempio, a cadenza mensile. Quest’ultima caratteristica può essere molto importante per misurare i cambiamenti nell’ordinamento di contrasto alla corruzione in ogni nazione.
La caratteristica che ogni mese abbia il suo andamento è un fattore determinante per capire come una manovra, una nuova legge o un cambiamento politico hanno avuto impatto sulla purezza degli appalti e sul rischio di corruzione legato a essi. Per esempio nel caso dell’Ungheria nel maggio del 2010 c’è stato un cambio di governo. La situazione nei mesi successivi è peggiorata notevolmente fino ad arrivare a picchi di media 0.5. Il nuovo governo Ungherese ha diminuito gli obblighi di trasparenza riducendo la pubblicità negli appalti pubblici. Questo ha spinto i ricercatori a riconsiderare i pesi della regressione e a creare un’altra linea nel grafico, causata dalla diminuzione dei dati disponibili. La linea fatta con i dati certi è quella più bassa designata dal colore rosa. Viceversa la linea rossa rappresenta una stima dei valori del CRI ungherese fatta ipotizzando che tutti i contratti non pubblicizzati siano corrotti. Ovviamente da questo grafico emerge come una legge che regola la diminuzione della trasparenza imposta da un governo possa generare un aumento esponenziale del rischio di corruzione.
CRI: Il caso Italia
Il 19 settembre 2017 è stata pubblicata una ricerca già presentata alla “Lear Conference 2017” che ha avuto sede a Roma. Utilizzando il CRI, infatti, è stato possibile compiere una valutazione sui dati riguardanti gli appalti in Italia. Il grafico nella pagina successiva mostra l’evoluzione del CRI tra i maggiori paesi europei: Austria (blu), Francia (arancione), Germania (grigio), Italia(rosso) e Spagna(celeste).
I dati sono stati raccolti tra il 2006 e il 2015, il database analizzato è composto da 3,407,938 dati. La linea rossa, rappresentante l’Italia, evidenzia una posizione molto problematica rispetto agli altri paesi guida dell’unione europea. Evidenziando un trend altalenante tra il 2006 e il 2009, viceversa il trend, negli anni successivi, è in continua discesa. Dall’anno di partenza al 2015 il miglioramento rispetto appare lieve, nonostante il minimo raggiunto nel 2012. Il dato medio si aggira intorno allo 0.20 fino ad andare al di sotto di tale dato di pochi punti percentuale, ben poca cosa se confrontato al dato degli altri paesi europei che si aggira, nel caso peggiore, alla Spagna; non andando però oltre lo 0.15. Confrontato con Francia e Germania il dato italiano appare essere precisamente il doppio, mettendo l’Italia in una posizione di arretratezza rispetto alla media europea. Nonostante tutti questi dati negativi, l’Italia appare l’unico paese in discesa, a conferma che qualcosa si sta facendo per migliorare la situazione. Ma questo qualcosa non è ancora abbastanza.
Fonti:
http://www.crcb.eu/wp-content/uploads/2017/09/lear_2016_crcb_presentation_170703.pdf
Fazekas, Mihály, István János Tóth, and Lawrence Peter King. “An Objective Corruption Risk Index Using Public Procurement Data.” European Journal on Criminal Policy and Research 22.3 (2016): 369-397.
Fazekas, Mihály, et al. “Are EU funds a corruption risk? The impact of EU funds on grand corruption in Central and Eastern Europe.”- 2013
Tags: Appalti, corruzione, Etica, featured, Pubblica amministrazione, trasparenza