BUROCRAZIA E MALADMINISTRATION. L’AMMINISTRAZIONE VIVE SENZA I CONTI E I CONTI SENZA AMMINISTRAZIONE.

 

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Un paradosso efficacemente sintetizzato da Manin Carabba, presidente onorario della Corte dei Conti.

Nonostante gli interventi tanto parlati e, in parte, praticati, ancora oggi ci sono oltre 60 miliardi di debiti commerciali, gran parte dei quali accumulati oltre i tempi consentiti, come racconta

Marco Ruffolo, su La Repubblica del 2 gennaio 2018, alle pagine 1 e 4. Che cosa è successo? Perché le misure attuate non sono bastate? Il problema è che mentre si smaltivano i vecchi debiti, se ne facevano di nuovi. Ossia gli interventi sulla liquidità avevano messo una toppa al buco ma non avevano affrontato le sue cause strutturali.

La politica di austerità ha sicuramente acuito il problema, ma la vera causa di fondo sta soprattutto nel modo in cui si fanno i bilanci pubblici in Italia. Il Parlamento approva un bilancio di competenza: ossia decide gli impegni di spesa ma non i relativi pagamenti. Questo significa che tra le due fasi può passare anche molto tempo, e nel frattempo si accumula una montagna di residui passivi, che sono proprio la differenza tra impegni e pagamenti, destinati a diventare veri e propri debiti. Il risultato non è solo un cronico ritardo, ma è anche la perdita di controllo sulle spese da parte della politica, mentre a decidere in ultima analisi su quanto pagare è la Ragioneria generale dello Stato, la quale allarga e stringe la borsa a seconda delle necessità contingenti.

Di fronte a questa stortura, unica in Europa, gli ultimi governi hanno tentato di avvicinare il bilancio di competenza a quello di cassa (senza però rinunciare al primo), e di creare un sistema di monitoraggio in tempo reale dei pagamenti dovuti, che però entrerà in funzione solo a fine 2018. Paradossalmente, proprio i tentativi di dare più trasparenza al fenomeno, a cominciare dalla fatturazione elettronica, che individua l’esatto momento in cui viene inviata la fattura, stanno creando nuove distorsioni. Gli enti pubblici, infatti, non potendo più “barare” sulle date, cercano di convincere le imprese a ritardare l’invio delle fatture o degli stati di avanzamento lavori. «Prassi gravemente iniqua», come la definisce Bruxelles, denunciata dal 63% delle imprese edili. «Abbiamo visto bandi comunali racconta Lancellotti – nei quali l’amministrazione scriveva che non avrebbe pagato prima di sei mesi». E c’è una impresa marchigiana di manutenzione stradale – dice l’Ance – alla quale una delle Province ha detto chiaro e tondo: «Tu lavori per me da gennaio a dicembre, e io ti pago a fine anno». Resta da capire perché, al di là delle misure più strutturali ancora da attuare, questi escamotage vessatori non vengano sanzionati, e perché non scatti nei casi più gravi il commissariamento dell’amministrazione inadempiente.

 

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