Avanti popolo, dietro c’è il monarca Nadia Urbinati “Io, il popolo”, Bologna, Il Mulino, 2020. Recensione a cura di Filippo Cucuccio

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 8 febbraio 2021 0 Commenti

Lungo lo stimolante percorso intellettuale di questo libro proposto da Nadia Urbinati, Ordinario di Teoria Politica alla Columbia University di New York, ci si imbatte negli interrogativi, oggetto in questi anni di frequenti  analisi e ricerche da parte di politologi, sociologi ed economisti. Qualche esempio: che tipo di democrazia è  la democrazia populista? La perdita di potere della cittadinanza democratica può favorire e giustificare una scorciatoia populista? Pur essendo un fenomeno di natura democratica, il populismo può rappresentare una sfida/minaccia per la democrazia? A questi punti di domanda e ad altri questa pubblicazione fornisce una risposta meritevole di adeguata considerazione.

In premessa, innanzitutto, un interrogativo e una notazione. Perché in una rubrica di libri economici si dà spazio a un testo di natura sociologica? Un interrogativo a cui si darà una risposta (a sorpresa) alla fine della recensione.

Quanto alla notazione merita di essere ricordato l’auspicio espresso dall’A. affinché l’interesse per questo tema promuova il rinnovamento di ottiche di saperi interdisciplinari, quali le scienze sociali, economiche e politiche per individuare e valutare le soluzioni democratiche più coerenti ai problemi da cui origina il populismo.

Passando all’impianto  del volume, tra l’introduzione e l’epilogo vi sono quattro densi capitoli, consacrati ad approfondire gli aspetti dell’antiestablishment e dell’antipolitica, del ruolo del popolo e della sua maggioranza, della figura del leader e dei partiti e, infine, quello della rappresentanza diretta.

Di gran pregio risulta l’inquadramento sistematico di temi così complessi, come anche considerevoli sono sia il ricco apparato bibliografico, sia la loro contestualizzazione storica, con riferimenti puntuali per individuare più agevolmente  le reali ragioni del successo del populismo.

Riflessioni importanti sono svolte sulla fase di transizione dalla democrazia dei partiti a quella dell’audience, sulle diverse interpretazioni del populismo che oscillano tra gli aspetti storico – politici e di ricerca sociale da un lato, e quello teorico – politico e di storia dei concetti dall’altro. Seguono pagine sulla distinzione tra il populismo quale movimento di opinione, e il populismo quale movimento che aspira al potere. C’è, infine,  una parte dedicata alla trasformazione della democrazia rappresentativa da parte del populismo, un aspetto che l’A. definisce “uno sfiguramento della democrazia rappresentativa”.

Dalla lettura di questi capitoli si potranno non solo cogliere gli elementi essenziali della dimensione politica che fa da sfondo all’attacco populista all’establishment, sottolineandone la differenza rispetto all’impostazione marxista, concentrata esclusivamente sulla dimensione economica; ma si avrà anche l’opportunità di riflettere sul significato del termine faziosità e  sulla complessa relazione tra governi populisti e istituzioni democratiche.

Pagine importanti sono, inoltre, dedicate al ruolo del leader populista e alla carenza di democrazia interna ai movimenti populisti, anche se non manca l’evidenziazione della loro differenza con il fascismo e con la sua logica di partito unico.

Si arriva, così, al tema cruciale  della rappresentanza, dove si sottolinea che l’obiettivo del populismo è lo stabilire una nuova rappresentanza del popolo in grado di superare le divisioni e le affiliazioni partitiche, andando oltre la tradizionale visione della casta politica per virare verso un “emendamento monarchico della democrazia rappresentativa”.

Un percorso, che culmina nell’incoronazione di una nuova leadership personalista, contrassegnata dalla ricerca di un plebiscito quotidiano, dal declino dei corpi intermedi e dalla contestuale inesorabile affermazione della cosiddetta democrazia della rete.

Da questo libro emerge dunque con chiarezza un quadro significativo delle principali pecche del modello democratico, che si è largamente diffuso dopo la fine del secondo conflitto mondiale del secolo scorso, tra le quali vale la pena di ricordare lo svuotamento della sovranità nazionale e l’erosione degli ideali sociali dei partiti di sinistra.

Va, infine, ascritto a merito dell’A., il saper  indicare con chiarezza  una possibile terapia per guarire da queste patologie, attribuendo nelle società civili il giusto ruolo all’innovazione istituzionale e alle istituzioni intermedie.

In conclusione, ecco la risposta al perché della recensione di questo libro in questa rubrica. Perché con grande onestà intellettuale – è la stessa Urbinati a riconoscerlo – nella sua analisi, frutto di ricerche e approfondimenti ventennali del fenomeno del populismo, manca una valutazione adeguata del suo profilo economico.

Consapevolezza di una carenza certamente grave, che sfocia nel conseguente invito agli economisti a dedicarsi a questo tema per fornire il proprio contributo di comprensione. Un invito, che qui si rilancia e che ci si augura possa essere tempestivamente  raccolto!

avatar

sull'autore ()

Lascia un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *