La V direttiva antiriciclaggio e il suo recepimento in italia. Articolo a cura dell’Avv. Roberta Scialla, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

  1. Quinta Direttiva: le origini.

Nell’ambito del diritto dell’Unione Europea, a mente dell’art. 288, par. 3 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea, la Direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salvo restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi, perseguendo – tra gli altri – un obiettivo di armonizzazione delle normative degli Stati Membri.

La Quinta Direttiva antiriciclaggio presenta caratteristiche peculiari, che la distinguono da quelle che l’hanno preceduta.

Anzitutto è stata emanata a soli tre anni di distanza dalla precedente, la n. 2015/849 o Quarta Direttiva. Entrata in vigore il 9 luglio 2019, venti giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, aveva richiesto un termine di recepimento di diciotto mesi, ossia entro il 10 gennaio 2020.

Le prime quattro direttive in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo(dagli acronimi inglesi AML/CFT)si erano invece succedute a ritmi più dilatati (1991, 2001, 2005, 2015) ed avevano sempre fatto seguito ad altrettante edizioni o revisioni delle “Raccomandazioni” del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI o Financial Action Task Force – FATF).

Le Raccomandazioni del GAFI rappresentanostandard sovranazionali di elevatissimo rilievo per il contrasto del riciclaggio di denaro, del finanziamento del terrorismo e della proliferazione delle armi di distruzione di massa, sebbene priva efficacia giuridica vincolante. A questi standard i Paesi europei si adeguano a seguito della successiva emanazione delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio e nella lettura più ampia che queste direttive forniscono. Il termine di recepimento delle precedenti direttive era sempre stato fissato in due anni.

La Quinta Direttiva, invece, si è affacciata nel panorama europeo a distanza di appena tre anni dalla precedente, apporta modifiche a quest’ultima solo su alcuni aspetti e non è stata preceduta da una nuova versione delle Raccomandazioni del GAFI. Da ultimo, ha previsto il termine di recepimento di diciotto mesi, più breve rispetto ai due anni fissato dalle precedenti.

Tale mutamento di prospettiva trova la propria ragion d’essere in quella serie di eventi succedutisiimmediatamente dopo l’emanazione della Quarta Direttiva:si pensi solo alla disastrosa catena di fatti terroristici che, da Parigi, si era estesa ad altre città europee, mentre – quasi nello stesso periodo – l’opinione pubblica veniva chiamata a concentrarsi sullo scandalo derivante dalla pubblicazione di quell’ingente mole di documenti che va sotto il nome di “Panama Papers[1].

Il susseguirsi di tali eventi ha orientato le istituzioni europee a fornire una vigorosa risposta normativa da affiancare a quella investigativo-repressiva e da attuare mediante una rapida revisione della disciplina antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo, allo scopo di fronteggiare più efficacemente le nuove tecniche illecite che si riteneva fossero state utilizzate sui fronti del riciclaggio e del terrorismo.

Nel dicembre 2015 il Consiglio dell’Unione europea e il Consiglio europeo chiedevano perciò questo rafforzamento della normativa ed il 5 luglio 2016 la Commissione europea pubblicava la proposta di modifica(COM 2016/450) della Quarta Direttiva (2015/849/UE), in fase di recepimento.

La proposta della Commissione prevedeva essenzialmente:

  • la lotta ai rischi di finanziamento del terrorismo legati alle valute virtuali; per evitarne l’utilizzo improprio, finalizzato al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo, la Commissione proponeva di includere nell’ambito di applicazione della Direttiva le piattaforme di scambio di valute virtuali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale. Dette entità avrebbero dovuto applicare gli obblighi di adeguata verifica della clientela alle operazioni di cambio di valute reali in valute virtuali e viceversa, ponendo fine all’anonimato associato a questi scambi;
  • il rafforzamento dei poteri delle Financial Intelligence Unit – FIU o Unità di informazione finanziaria dell’Unione europea e la promozione della loro cooperazione tramite l’ampliamento della gamma di informazioni a loro disposizione. Si chiedeva, inoltre, di estendere al pubblico i registri dei titolari effettivi di società e trust, nonché di assoggettare a registrazione anche i c.d. trust passivi, come quelli apparsi nella vicenda dei Panama Papers, prevedendo altresì l’interconnessione di detti registri tra i vari Paesi: il tutto al fine di un maggiore controllo;
  • lalotta ai rischi connessi agli strumenti prepagati anonimi (tipico esempio le carte prepagate); la Commissione proponeva anche di ridurre al minimo i pagamenti anonimi mediante carte prepagate abbassando le soglie per l’identificazione da 250 euro a 150 euro e ampliando gli obblighi di verifica dei clienti.

A ben guardare, nell’impossibilità oggettiva di emendare la Quarta Direttiva, ormai in fase di recepimento da parte dei singoli Stati, ci si orientava sull’adozione di una nuova, la quinta appunto, che modificasse la precedente sui temi proposti della Commissione.

 

  1. La Quinta Direttiva: caratteristiche principali.

I quarantacinque “considerando” della Direttiva n. 2018/843 disegnano il quadro motivazionale delle innovazioni apportate e riportano indicazioni vincolanti per gli Stati in merito all’imposizione delle conseguenti modifiche organizzativo-istituzionali nelle legislazioni di riferimento.

L’art. 1, con i suoi quarantaquattro punti, modifica altrettanti articoli della Direttiva precedente anche aggiungendone nuovi, in un’ottica di puntuale riformulazione di norme già esistenti e di introduzione di nuovi principi.

Viene posto l’accento sulle nuove tendenze «con cui i gruppi terroristici finanziano e svolgono la loro attività» e sul fatto che «taluni servizi basati sulle moderne tecnologie stanno diventando sempre più popolari come sistemi finanziari alternativi» in quanto al di fuori del diritto dell’Unione o perché beneficiano di «deroghe all’applicazione di obblighi giuridici che potrebbero non essere più giustificate». Se ne fa conseguire la necessità di garantire la maggiore trasparenza «delle operazioni finanziarie, delle società, dei trust e degli istituti giuridici affini» e più in generale «del contesto economico e finanziario dell’Unione».

In adesione alle proposte della Commissione Europea, si richiamano i punti principali su cui si concentra la Quinta Direttiva:

2A. Prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali (exchange) e di portafoglio digitale (e– wallet)

La Direttiva considera particolarmente rischioso l’anonimato che caratterizza le valute virtuali: per le loro caratteristiche intrinseche, infatti, le valute virtuali si piegano ad un facile utilizzo da parte dei gruppi terroristici, oltre che ad un comodo impiego per i più variegatiscopi criminali.

Per questo motivo, oltre all’assoggettamento degli operatori che prestano i relativi servizi di cambio e di custodia agli obblighi già previsti dalla normativa antiriciclaggio, la Quinta Direttiva inserisce la possibilità per le FIU (Financial Intellicence Unit) di ciascun Paese di ottenere quelle informazioni che consentano di associare gli indirizzi della valuta virtuale alla reale identità del titolare della stessa, prevedendo anche la possibilità di consentire agli utenti di presentare su base volontaria “un’autodichiarazione alle autorità designate”. Da ultimo si chiede che gli Stati membri sottopongano i prestatori di questi servizi a registrazione.

Si definisce il concetto di “valuta virtuale” –in conformità al D. L.vo n. 90/2017 ed alla precedente Circolare della Banca d’Italia del 30/12/2015– come “rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.

La Direttiva definisce, poi, gli “exchange” come prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute con corso forzoso e gli “e-wallet” come prestatori di servizi di portafoglio digitale che forniscono servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei clienti al fine di detenere, memorizzare o trasferire valute virtuali.

Si prevede, poi, esplicitamente che “le valute virtuali non dovrebbero essere confuse con la moneta elettronica quale definita all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio”.

L’Italiaha già assoggettato ai presidi antiriciclaggio le piattaforme di scambio o exchange. Il recepimento della Quinta Direttiva ha offerto il destro, al nostro Paese, per ampliare e ridefinire la platea dei soggetti che operano in valute virtuali, chiamati ad adempiere agli obblighi antiriciclaggio.

2B. Registro dei beneficiari effettivi; interconnessione a livello europeo di informazioni su società e trust.

La Direttiva si pone l’obiettivo di favorire la massima trasparenza ed accessibilità alle informazioni sui titolari effettivi di società, trust e soggetti giuridici affini per venire incontro alle esigenze di fiducia degli investitori e del grande pubblico, evitando altresì l’occultamento di attività criminali dietro strutture societarie particolari, come messo in luce dalla vicenda dei Panama Papers.

Si preoccupa, inoltre, di evitare che la frammentazione dei dati nazionali sull’identità dei titolari effettivi possa nuocere alle autorità competenti alla lotta contro il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo e le attività criminali sottostanti a detti reati. A tale scopo fissa regole che garantiscano l’interconnessione e il pubblico accesso ai registri nazionali dei titolari effettivi di società e trust, accesso che viene ora esteso anche a qualunque persona fisica e giuridica che possa dimostrare un legittimo interesse.

2C. Ampliamento della cooperazione tra le autorità a livello nazionale ed internazionale.

Pur prendendo atto dei miglioramenti raggiunti a livello nazionalein materia di adozione ed applicazione delle norme del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale – GAFI e di sostegno al lavoro svolto in materia di trasparenza dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – OCSE, la Direttiva ritiene opportunoimplementare la trasparenza del contesto economico e finanziario dell’Unione. Un gruppo di disposizioni si orientaquindiad ampliare lacollaborazione tra le autorità preposte al contrasto al riciclaggio ed al terrorismo, sia a livello nazionale che internazionale.

Numerose novità vengono introdotte a livello di scambi informativitra gli Stati e la Commissione europea, anche con la richiesta ai Paesi di conferire alle autorità nazionali competenti il poteredi esigere le informazioni ritenute necessarie, ovvero con l’imposizione di specifici obblighi informativi – tra la casa madre e i Paesi ove operano le sue filiali – a carico di enti creditizi e finanziari facenti parte di un gruppo internazionale.

Importanti obblighi di scambio informativo, poi, vengono posti agli Stati al fine di imporre il massimo livello di cooperazione tra le proprie autorità come, ad esempio, in campo fiscale, specie per superare i dinieghi motivati dalle differenze nazionali sui reati tributari, che la Direttiva precedente aveva fatto oggetto di generale criminalizzazione, ma che – secondo la Quinta Direttiva – risultano ancora contraddistinti da soglie d’importo e caratteristiche normative diversificate tra Paese e Paese.

Il ruolo fondamentale delle Financial Intelligence Unit,anche nel contrasto al terrorismo transfrontaliero, viene ulteriormentepotenziato,attribuendo loro il potere diaccedere a tutte le informazioni disponibili e di poterle scambiare, con rapidità, in sede di cooperazione internazionale. Ciò impone sia alle autorità degli Stati membri, con riferimento al materiale investigativo e giudiziario in loro possesso, sia ai soggetti obbligati, di fornire alle FIU nazionali “accesso incondizionato” ai dati in proprio possesso, anche in assenza di una segnalazione sospetta da parte dell’obbligato e perfino nei casi di sospetto nati “sulla scorta di analisi svolte dalle FIU stesse o di informazioni fornite dalle autorità competenti o detenute da altra FIU”.

Nello scambio internazionale di informazioni si richiede, inoltre, il superamento delle barriere poste da caratteristiche del diritto penale nazionale e della platea dei reati considerati presupposto del riciclaggio, o perfino dall’assenza di un riferimento normativo a determinati reati presupposto.

Il considerando n. 19) pone, infine, l’enfasi sull’utilità – considerata “spesso indispensabile” – delle informazioni di natura prudenziale relative a banche e istituti finanziari quali, ad esempio, quelle sulla competenza ed onorabilità di manager ed azionisti, sui meccanismi di controllo interno, sulla governance o la gestione del rischio, al fine di un’adeguata vigilanza anche in chiave AML/CFT su detti enti. Di pari rilievo si considera, quindi lamessa a disposizione di informazioni in possesso delle autorità di vigilanza antiriciclaggio o FIU a favore delle competenti autorità europee e nazionali di vigilanza prudenziale sulle banche e gli istituti finanziari.

2D. Limiti alla moneta elettronica anonima.

La Direttiva riconosce gli usi legittimi delle carte prepagate che contribuiscono all’inclusione sociale e finanziaria. Considera però che lo strumento dell’anonimato possa facilitare il loro utilizzo per il finanziamento di atti terroristici e dei relativi aspetti logistici e impone di ridurre le soglie esistenti per le carte prepagate anonime per uso generale.

Gli Stati membri possono, poi, consentire ai soggetti obbligati di non applicare determinate misure di adeguata verifica della clientela per la moneta elettronica e identificare il consumatore, se è rispettata tutta una serie di condizioni di mitigazione del rischio.

 

  1. L’Italia e il recepimento della Quinta Direttiva: il D. lgs. n. 125/2019.

Il D.lgs. 125/2019 ha recepito per l’Italia la Direttiva n. 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, meglio nota come Quinta Direttiva Antiriciclaggio.

Il decretoè stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 ottobre 2019 ed è entrato in vigore l’11 novembre.

Il testo introduce modifiche e integrazioni al precedente D.lgs. n. 231/2007, come modificato dal D.lgs. 90/2017 che, solo due anni prima, aveva recepito la Quarta Direttiva.

3A. Prestatori di servizi in valute virtuali – altri operatori non finanziari.

Le valute virtuali o cripto-valute, sebbene ancora poco utilizzate nel commercio elettronico, trovano il loro principale ambito di impiego nei giochion line e sono divenute oggetto di vere e proprie scommesse speculative[2].

Le valute virtuali pongono rilevanti questioni nel campo dell’antiriciclaggio, posto che l’anonimato che sinora hanno garantito alle parti impedisce, di fatto, la loro identificazione e la tracciabilità delle operazioni sottostanti, che possono avere ad oggetto anche beni illeciti.

Massimo è perciò il livello di allarme lanciato dalle istituzioni sovranazionali e nazionali.

Nel giugno 2019 il GAFI ha aggiornato la sua precedente “Guidance for a Risk-BasedApproach to Virtual Assets and Virtual Asset Service Providers” in risposta al crescente utilizzo di valute virtuali per il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo.

La Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nella sua relazione sul 2018, ha dedicato al tema un lungo capitolo, parlando di “un paradiso finanziario virtuale” ed un duplice illegittimo impiego: sia da parte della criminalità organizzata e del terrorismo, che dell’evasione fiscale a carattere transnazionale, anche mediante frazionamento delle somme da riciclare, utilizzo di più soggetti in qualità di riciclatori ovvero ricorso a valute virtuali differenti.

L’Unità di Informazione Finanziaria, con Comunicazione del maggio 2019, ha aggiornato i profili comportamentali a rischio emersi dagli approfondimenti svolti sulla collaborazione attiva degli intermediari in materia e ha fornito Indicazioni Integrative per la migliore rappresentazione dei sospetti. In quella sede è stato anche comunicato che tra le 98.030 segnalazioni di operazioni sospette ricevute nel 2018, ben 499 fanno riferimento ad operatività in valute virtuali.

Alcune società che prestano servizi nel mondo delle valute virtuali sono state, infine, oggetto di alcuni procedimenti penali anche in Italia. Basti pensare alla Sentenza con cui il Tribunale di Firenze ha dichiarato il fallimento della società BG Services s.r.l. che gestiva l’exchangeBitgrail”, tramite cui erano stati sottratti rilevanti importi della valuta virtuale “Nano”. Qui, in sintesi, si è assistito alla gestione di tutte le cripto-valute emesse tramite un unico wallet centrale, le cui chiavi private restavano nell’esclusiva disponibilità del gestore della piattaforma stessa, senza possibilità – a parte una contabilità “interna” – di distinguere quali cripto appartenessero ai singoli utenti.

L’Italia aveva già sottoposto gli exchange agli obblighi antiriciclaggio con il D. Lgs. n. 90/2017 di recepimento della Quarta Direttiva, anchein previsione della Quinta, allora in corso di elaborazione.

I prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso legale erano stati inseriti tra i soggetti obbligati, nella categoria degli “altri operatori non finanziari”, prevedendo per essi una specifica forma di vigilanza, tramite la modifica della disciplina dell’attività tradizionale di cambiavalute, alla cui norma (art. 17-bisdel d.lgs. n. 141/10 e successive modifiche) era stato aggiunto uno specifico comma che ne aveva esteso le previsioni ai prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale. In quella sede era stata oltretutto prevista la loro iscrizione in una “sezione speciale” del “registro dei cambiavalute” tenuto a partire dal 2015 dall’Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi – OAM, istituito dall’art. 128-undecies del Testo Unico Bancario[3].

In sintesi, i principi contenuti della Quinta Direttiva (identificazione eadeguata verifica della clientela, registrazione delle operazioni, invio delle segnalazioni di operazioni sospette alla Unità di informazione Finanziaria), si applicano già ai prestatori italiani di cambio di valuta virtuale.

La definizione di valuta virtuale del nuovo decreto recepisce quella proposta dallaQuinta Direttiva, nuova rispetto alla norma italiana precedente per le ulteriori caratteristiche di valuta virtuale “non garantita”, cui la nostra norma aggiunge tra gli utilizzi anche “le finalità di investimento”.

Di più ampio respiro è anche la definizione dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, gli exchange, che si specifica come obbligati nel caso di esercizio a titolo professionale “anche online” e che si allarga ora anche alle piattaforme “convertibili in altre valute virtuali” (c.d. cripto su cripto, mentre prima l’obbligo sorgeva solo per la conversione di valute virtuali da/ovvero in valute aventi corso forzoso). Detta attività viene estesa ora anche ai “servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale”.

Vengono quindi definiti i borsellini elettronici o e-wallet dove le valute virtuali vengono custodite; si parla di “ogni persona fisica e giuridica, che fornisce a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti al fine di detenere, memorizzare o trasferire valute virtuali”, con una definizione anche qui – in parte – diversa dalla Direttiva.

Al pari di quanto visto per i prestatori di servizi di scambio, anche per i borsellini elettronici si è aggiunta la professionalità nell’esercizio, con richiamo quindi alla nozione civilistica di impresa (art. 2082 c.c.) e con l’ulteriore specifica della possibilità dell’esercizio “online”, ove mai ce ne fosse bisogno.

Sembra potersi affermare che il nostro legislatore, di fronte a un fenomeno fortemente mutevole, non regolamentato e dalle caratteristiche digitali particolarmente tecnicistiche, abbia voluto assoggettare agli obblighi antiriciclaggio ogni possibile sua attività, purché essa sia esercitata professionalmente.

Sia i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, nella più ampia definizione sopra indicata, sia quelli di servizi di portafoglio digitale vengono fatti rientrare tra i soggetti obbligati nella categoria degli “altri operatori non finanziari”.

Per quanto riguarda l’esigenza di registrazione che la direttiva richiede per i prestatori di servizi in valute virtuali, il decreto in esame non innova rispetto al precedente se non nel senso di estenderla anche ai “prestatori di servizi di portafoglio digitale”.

Non vi è per ora traccia delle esigenze poste dalla direttiva in merito alla possibilità per le FIU di ciascun Paese di ottenere quelle informazioni che consentano di associare gli indirizzi della valuta virtuale alla reale identità del proprietario della stessa, anche prevedendo la possibilità di consentire agli utenti di presentare su base volontaria “un’autodichiarazione alle autorità designate”. Poiché, come visto, agli exchange e agli e-wallet si applicano i presidi antiriciclaggio, il legislatore ha fatto – implicito – riferimento all’osservanza di questi presidi anche per le delicate questioni che il c.d. pseudo-anonimato delle cripto-valute pone in tema di adeguata verifica, con particolare riferimento all’identificazione del titolare effettivo.

Si vedrà in futuro se e come la UIF italiana verrà fornita dei poteri che la direttiva prevede in tema di informazioni, al fine di associare gli indirizzi della valuta virtuale alla reale identità del proprietario della stessa.

Infine, è opportuno aggiungere che la categoria degli altri operatori non finanziari si estende ora anche a una più ampia platea di soggetti, sia che esercitino il commercio di cose antiche e opere d’arte, sia che agiscano da intermediari nel commercio delle stesse “qualora tale attività è effettuata all’interno di porti franchi”, nonché agli agenti immobiliari anche quando agiscano in qualità di intermediari nelle locazioni, nei limiti di importo e alle condizioni previste dal decreto.

Una conferma dei buoni risultati forniti dai presidi antiriciclaggio che, nati essenzialmente per gli intermediari bancari e finanziari, man mano sono stati estesi a soggetti diversi, comunque considerati gatekeepers o “custodi del cancello”.

3B. Registro dei titolari effettivi di persone giuridiche e trust e istituti giuridici affini; interconnessione a livello europeo di informazioni su società e trust.

Come noto, il titolare effettivo è la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nel cui interesse finale il rapporto continuativo è istaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita.

Si ricorda in proposito che il citato d.lgs. n. 90/2017, nel recepire la Quarta Direttiva, aveva previsto l’istituzione del registro nazionale dei titolari effettivi di società e trust subordinandola all’emanazione di apposito decreto del MEF di concerto col Ministero dello Sviluppo Economico – MISE.

Il recepimento della nuova direttiva aveva fatto poi slittare il termine già previsto (il 3 luglio 2018), così da poter tenere conto anche delle nuove prescrizioni, che – in linea con gli obiettivi espressi dalla Quinta Direttiva anche a motivo di scandali finanziari quali quello dei Panama Papers – recano importanti novità specie con riferimento ai trust, ai soggetti titolati all’accesso al registro, all’interconnessione dei registri stessi a livello europeo.

Si ricorda che il trust è un istituto,tipico dei paesi di common law, secondo il quale una o più persone – disponenti – trasferiscono beni e diritti sotto la disponibilità del trustee, il quale assume l’obbligo di amministrarli nell’interesse di uno o più beneficiari o per un fine determinato. Non si trattadi un nuovo soggetto ma dell’istituzione di un patrimonio destinato ad un fine prestabilito.

Nel caso che il cliente sia un trust, il soggetto obbligato sarà tenuto a tener conto del fattore di rischio elevato, trattandosi di struttura qualificabile come veicolo di interposizione patrimoniale: “è il caso, a titolo esemplificativo, di trust, società fiduciarie, fondazioni e ulteriori soggetti giuridici che possono essere strutturati in maniera tale da beneficiare dell’anonimato e permettere rapporti con banche di comodo o con società aventi azionisti fiduciari” (Provvedimento della Banca d’Italia del 30 luglio 2019 in tema di adeguata verifica della clientela, all. 2 lett. A) punto 4).

Il nuovo Decreto ha anzitutto riformulato l’art. 21 “Comunicazione e accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva di persone giuridiche e trust” del precedente D.lgs. 90/2017. Resta fermo comunque l’obbligo di comunicazione, in via telematica, da parte delle imprese dotate di personalità giuridica e persone giuridiche private, delle informazioni relative ai propri titolari effettivi.

Per quanto riguarda la comunicazione della titolarità effettiva dei trust, la norma prevede ora che “i trust produttivi di effetti giuridici rilevanti a fini fiscali, secondo quanto disposto dall’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica del 22 gennaio dicembre 1986 n. 917, nonché gli istituti giuridici affini stabiliti o residenti sul territorio della Repubblica italiana sono tenuti all’iscrizione in apposita sezione speciale del Registro delle imprese. Le informazioni relative alla titolarità effettiva dei medesimi trust e degli istituti giuridici affini, stabiliti o residenti sul territorio della Repubblica italiana sono comunicate, a cura del fiduciario o dei fiduciari ovvero di altra persona per conto del fiduciario o dei fiduciari, di altra persona per conto del fiduciario o della persona che esercita diritti, poteri e facoltà equivalenti in istituti giuridici affini, anche qui per via esclusivamente telematica al Registro delle imprese, ai fini della relativa conservazione”. Ai soli fini del decreto, il successivo art. 22 considera “istituti giuridici affini al trust gli enti e gli istituti, che, per assetto e funzioni, determinano effetti giuridici equivalenti a quelli dei trust espressi, anche avuto riguardo alla destinazione dei beni ad uno scopo ed al controllo da parte di un soggetto diverso dal proprietario, nell’interesse di uno o più beneficiari o per il perseguimento di uno specifico fine”; si tratta anche qui di una platea assai ampia, con caratteri di tipica “norma di chiusura”.

3C. Ampliamento della cooperazione tra le autorità a livello nazionale ed internazionale.

Un gruppo di disposizioni della Quinta Direttiva concerneva l’ampliamento della collaborazione, a livello internazionale e nazionale, tra le autorità preposte al contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, estendendola anche alla vigilanza prudenziale, in un’ottica di massima integrazione tesa a limitare il ripetersi di scandali finanziari internazionali ed il finanziamento degli attentati terroristici.

Il legislatore italiano ha tenuto in piena considerazione anche il grave rischio della non uniforme applicazione dei principi antiriciclaggio ed antiterrorismo in Paesi diversi, reso ancor più intenso dal carattere tipicamente transnazionale di questi illeciti.

Sono state perciò previste specifiche disposizioni per le integrazioni informative all’interno di gruppi bancari/finanziari cross-border, nuove forme di collaborazione internazionale antiriciclaggio ed antiterrorismo tra tutte le autorità di vigilanza e di contrasto interessate, più ampi poteri di scambi informativi per le FIU e tra le FIU.

In sintesi:

Rapporti all’interno dei gruppi bancario-finanziari:

Sono state modificate una serie di precedenti disposizioni del decreto 231/07 in tema di rapporti tra casa madre e proprie succursali estere.

Si chiede ora alla capogruppo:

  1. a) di assicurare che le proprie succursali stabilite in altro Stato membro rispettino le disposizioni nazionali di recepimento della normativa europea in materia AML/CFT in vigore nello Stato di insediamento;
  2. b) di adottare presidi, controlli e procedure necessari a mitigare e gestire i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo con un approccio globale, secondo le modalità stabilite dalle norme sui poteri delle autorità di vigilanza di settore in materia di organizzazione, procedure e controlli interni e di adeguata verifica della clientela;
  3. c) nel caso che l’ordinamento di un paese terzo non consenta alle succursali e alle società ivi stabilite, di adeguarsi a dette procedure di controllo e di applicare le misure previste dal Regolamento delegato della Commissione europea in proposito previsto dalla precedente quarta direttiva.

Sul tema vengono anche ampliati i poteri delle autorità di vigilanza di settore: se le menzionate misure “non siano idonee a ridurre il rischio nel paese terzo, dette autorità intensificano i propri controlli sul gruppo e possono vietare al gruppo di instaurare rapporti d’affari o di effettuare operazioni per il tramite delle succursali e delle società stabilite nel paese terzo nonché, se necessario, imporre al gruppo di cessare del tutto la propria operatività nel paese”.

Viene previsto inoltre che le autorità di vigilanza di settore possano impartire alla capogruppo disposizioni AML/CFT riguardanti il gruppo o i suoi componenti ed effettuare ispezioni e richieste di documentazione. Sempre per i gruppi operanti in più Stati membri le autorità di vigilanza di settore cooperano con le autorità antiriciclaggio degli Stati in cui sono stabiliti gli intermediari controllati o le loro succursali e possono chiedere così accertamenti o altre verifiche. Inoltre, anche le autorità antiriciclaggio degli stati membri possono rivolgersi alle autorità di vigilanza di settore di altri paesi dell’Unione e richiedere, ad esempio, ispezioni su soggetti da quest’ultime vigilati; il tutto dovrà realizzarsi sulla base di accordi che definiscano le forme di collaborazione e coordinamento.

Cooperazione e scambio internazionale – cooperazione tra la UIF e le altre FIU – cooperazione tra autorità di vigilanza di settore degli Stati membri.

La cooperazione internazionale antiriciclaggio ed antiterrorismo è un tema su cui il legislatore italiano ha modificato considerevolmente la normativa esistente per assicurare il livello massimo di scambio di informazioni ed assistenza con gli altri Stati.

In linea con la direttiva, si vuole evitare ogni impedimento di natura fiscale, anche dovuto alla diversa natura giuridica o al diverso status dell’omologa autorità estera richiedente, fatta ovviamente eccezione per la tutela del segreto investigativo “quando lo scambio o l’assistenza possano ostacolare la predetta indagine o il predetto accertamento investigativo o procedimento penale”. A tal fine è stato richiesto l’ampliamento della collaborazione tra le autorità italiane preposte al contrasto al riciclaggio: la Direzione Nazionale Antimafia, la Guardia di Finanza (Nucleo Speciale di Polizia Valutaria), la Direzione Investigativa Antimafia e la UIF, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, a fini di cooperazione e scambio internazionale; si prevede quindi la stipula di specifici protocolli d’intesa.

Alla UIF sono stati attribuiti poteri più ampi nell’ambito della c.d. “collaborazione amministrativa” antiriciclaggio con altre FIU “per il trattamento o l’analisi di informazioni, indipendentemente dalla tipologia e dall’accertamento delle fattispecie di reato presupposto” (nuovo art. 13 bis). Si è dato così seguito alle richieste della direttiva che – tra l’altro – non subordinano più detto scambio alla presenza di una segnalazione di operazione sospetta, con importante riconoscimento della rilevanza antiriciclaggio delle FIU anche al di fuori delle segnalazioni sospette.

Da ultimo, un articolo ora appositamente inserito (il 13 ter) prevede la collaborazione, anche mediante scambio di informazioni in materia antiriciclaggio tra le autorità di vigilanza di settore con le autorità di vigilanza prudenziale e di risoluzione degli Stati membri nonché con la Banca Centrale europea, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Resta, naturalmente, l’obbligo per le autorità di vigilanza di settore di comunicare le informazioni così ricevute solo con l’esplicito assenso delle autorità che le hanno fornite.

In estrema sintesi e senza nessuna pretesa di esaustività, per vigilanza prudenziale si intendono i compiti della Banca Centrale volti a rafforzare la capacità delle banche di assorbire shock derivanti da tensioni finanziarie ed economiche, indipendentemente dalla loro origine, a migliorare la gestione del rischio e la governance e a rafforzare la trasparenza e l’informativa delle banche.

I recenti casi che hanno interessato alcune banche dell’Unione –  primo tra tutti quello della grave vicenda internazionale che va sotto il nome di “Danske Bank”, emerso solo a seguito della denuncia di un whistleblower–  hanno evidenziato alle Autorità di vigilanza europee l’importanza della valutazione dei rischi di riciclaggio anche in un’ottica prudenziale, sottolineando la necessità di incrementare la cooperazione e gli scambi informativi, pur nella conferma della competenza nazionale dei controlli.

È importante in proposito sottolineare l’utilità, considerata “spesso indispensabile” dalla direttiva, delle informazioni di natura prudenziale relative a banche e istituti finanziari – quali, ad esempio, quelle sulla competenza ed onorabilità di manager ed azionisti, sui meccanismi di controllo interno, sulla governance o la gestione del rischio – al fine di un’adeguata vigilanza anche in chiave AML/CFT su detti enti.

È stata, inoltre, ritenuta di particolare rilevanza la messa a disposizione di informazioni in possesso delle autorità antiriciclaggio (individuate appunto nelle FIU) a favore delle competenti autorità europee e nazionali di vigilanza prudenziale sulle banche e gli istituti finanziari.

Come indicato dal Direttore della UIF nella presentazione del Rapporto annuale del 2018, la stessa UIF e il Dipartimento Economia e statistica della Banca d’Italia, al fine di valutare l’impatto dell’attività di controllo ispettivo svolta sul sistema bancario, hanno pubblicato sul tema uno studio che misura l’effetto dell’attività ispettiva delle autorità antiriciclaggio sulla collaborazione attiva. Lo studio è stato realizzato utilizzando i dati delle ispezioni antiriciclaggio svolte dalla Vigilanza della Banca d’Italia e dalla UIF, opportunamente incrociati con i flussi di segnalazioni di operazioni sospette trasmessi dalle singole banche (ispezionate e non) e con le statistiche sull’attività operativa degli intermediari fornite dai dati statistici antiriciclaggio ‘aggregati’ (c.d. dati SARA). I risultati evidenziano, tra l’altro, come l’attività di controllo svolta dalle autorità antiriciclaggio induca un aumento della quantità di informazioni fornite dalle banche, senza che peraltro ne sia pregiudicata la qualità.

3D. Moneta elettronica.

Il decreto ben recepisce le indicazioni della direttiva sui rischi dell’utilizzo a fini di riciclaggio e finanziamento del terrorismo di strumenti di pagamento anonimi come la moneta elettronica, tipicamente le carte prepagate, da ben distinguersi dalle valute virtuali.

La Direttiva europea c.d. IMEL2 e il Testo Unico Bancario definiscono moneta elettronica “il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente”. Il nuovo decreto aggiunge al divieto già esistente di aprire conti, libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia, anche quello di emettere prodotti di moneta elettronica anonima. Al contempo, in linea con la possibilità offerta dalla Quinta Direttiva, si vieta l’utilizzo nel nostro Paese di tutti i prodotti della specie emessi in Paesi esteri. Il divieto di emissione o utilizzo in Italia di moneta elettronica anonima decorre dal 10 giugno 2020.

L’utilizzo di carte prepagate con possibilità – rimessa alle autorità di vigilanza di settore – di procedere ad adeguata verifica semplificata della clientela, è ora caratterizzato da una soglia più bassa, 150 euro, sia per la ricarica massima mensile, che per l’importo massimo memorizzato (prima la soglia era fissata a 250 euro).

Tra le condizioni viene anche indicata quella per cui se l’importo memorizzato sul dispositivo sia superiore ai 50 euro (prima era 100), tale importo non sia rimborsato o ritirato in contanti e lo strumento di pagamento non sia utilizzato per operazioni di pagamento a distanza, qualora l’importo dell’operazione sia superiore a detto limite di 50 euro.

Si tratta di divieti e soglie di utilizzo molto stringenti che, unitamente alle nuove disposizioni in tema di prestatori di servizio in valute virtuali, rendono massima l’attenzione dei soggetti obbligati sui rischi del cybercrime. Pur tenendo in debito conto le esigenze dei consumatori per quanto riguardi l’uso legittimo degli strumenti prepagati, è bene evidenziare come detti limiti stringenti al loro utilizzo siano finalizzati a contrastarne potenziali fini illeciti, come si può verificare nel finanziamento del terrorismo che spesso si avvale di pagamenti di piccolo importo, limitandone altresì l’utilizzabilità anche per reati sempre più diffusi quali le truffe on line.

Numerosi studi e varie inchieste penali hanno più volte delineato meccanismi di truffe seriali su piattaforme di e-commerce attraverso siti web che replicano quelli tradizionali specializzati nella vendita online di beni e servizi. In questi casi il truffatore – che finge di mettere in vendita un bene al solo fine di ottenere un pagamento dal cliente ignaro della frode – non solo richiede pagamenti elettronici poco tracciabili, ma a sua volta cerca spesso di far perdere le tracce dei suoi illeciti proventi anche tramite ricariche di carte prepagate a favore suo o dei complici. Il tutto può svolgersi, a volte, in un quadro di criminalità organizzata tradizionale, definito meritevole “di attenta analisi da parte degli organi inquirenti, dal momento che il settore delle truffe su piattaforma di e-commerce può costituire un metodo efficace, e per certi versi innovativo, per le attività di riciclaggio e di pulizia del denaro sporco”.

 

  1. Conclusioni.

In questo primo approccio al nuovo decreto sembra si possa riconoscere al legislatore di aver fornito una lettura “ampia” delle indicazioni della Quinta Direttiva, non solo dando puntuale attuazione alle sue specifiche, numerose, indicazioni ma anche cogliendo ancora una volta l’occasione per meglio ridefinire punti già disciplinati in precedenza. Ci si riferisce, in sostanza, ai presidi antiriciclaggio per i prestatori di servizi in valute virtuali, al registro dei beneficiari effettivi di società e trust, alla cooperazione nazionale e internazionale tra le autorità preposte, tra cui compaiono ora a pieno titolo quelle della vigilanza prudenziale.

Si tratta di un passaggio ulteriore, teso a rendere la nostra normativa di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo sempre più adeguata ai principi sovranazionali ed europei, in un’ottica di aggiornamento normativo che possa con efficacia contrastare i nuovi trend dell’illegalità a carattere finanziario, facili a diffondersi in una realtà sempre più digitalizzata e senza barriere geografiche.

La risposta del nostro sistema antiriciclaggio alle continue sfide evolutive dei fenomeni sottostanti è sempre stata particolarmente positiva.

Nel suo follow-up Report AML/CFT del marzo 2019 il GAFI/FATFha assegnato al nostro Paese una valutazione persino lusinghiera. Secondo il GAFI l’Italia continua a fare sostanziali progressi nel settore del contrasto ai flussi finanziari illeciti. Sulla base delle “Quaranta Raccomandazioni” l’Italia ha infatti ricevuto una valutazione massima “largelycompliant”su ben venti di queste, tra cui alcune davvero importanti, come ad esempio: l’implementazione del risk-basedapproach–  principio cardine delle misure di mitigazione del rischio – applicata dagli intermediari finanziari e dai professionisti, il coordinamento tra le autorità, la normativa sulle segnalazioni di operazioni sospette e la regolamentazione inerente l’Unità di informazione finanziaria. Tra le venti valutazioni a carattere “massimo” ben otto sono scaturite dal positivo apprezzamento del livello di attuazione delle misure introdotte con la normativa di recepimento della precedente quarta direttiva.

L’augurio è che il recepimento della Quinta Direttiva ci permetta di mantenere ed ulteriormente accrescere il nostro livello di compliance. Si tratta di un risultato che sembra a portata di mano, se continuerà l’impegno non soltanto delle Istituzioni ma anche e soprattutto di tutte le categorie dei soggetti obbligati, chiamate a nuovi, più complessi, compiti

[1]Nell’agosto 2015 veniva consegnata al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ed al consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (ICIJ) un fascicolo digitalizzato composto da oltre undici milioni di documenti riservatissimi tratti dagli archivi dello studio legale panamense Mossack– Fonseca, concernente informazioni dettagliate su 214.000 società off– shore, utilizzate come “schermo” di copertura per attività spesso legate a fatti illeciti, prevalentemente di carattere fiscale ma anche per altri reati.

[2]Attualmente risultano censite ben 2.900 cripto-valute mentre la più significativa, il Bitcoin, da sola vale oggi oltre il 66% del mercato. Insieme raggiungono una capitalizzazione di tutto rispetto, dal valore complessivo in forte oscillazione ma che, sebbene lontana dal picco di metà del dicembre 2018, si aggira comunque intorno ai 205 miliardi di euro, con volumi giornalieri di scambio superiori ai 47 miliardi di euro.

[3]Apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze – MEF avrebbe dovuto poi stabilire modalità e tempistiche con cui i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale sarebbero stati tenuti a comunicare al Ministero stesso la propria operatività sul territorio nazionale. Detto schema di decreto del MEF, posto in pubblica consultazione il 2 febbraio 2018, prevedeva, tra l’altro, l’avvio da parte dell’O.A.M. della gestione della predetta sezione speciale del registro dei cambia-valute; le successive elezioni politiche non hanno però consentito l’emanazione del decreto che veniva così rinviato al recepimento della Quinta Direttiva.

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