​​​​PECUNIA OLET. Articolo a cura della Dr.ssa Elena Corona, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Nella categoria Analisi e Ricerche, Articoli Master Anticorruzione da su 6 febbraio 2020 0 Commenti

Il denaro ha odore e, in maniera pionieristica, lo capì Giovanni Falcone, che cambiò le regole del gioco. Niente caccia alle raffinerie, niente intercettazioni di partite di droga, bensì “followthe money, ovvero seguire i flussi finanziari, collaborare con le banche, ispezionare conti correnti italiani e, tramite rogatorie, quelli apparentemente inespugnabili a Lugano.

Si tratta del cosiddetto “metodo Falcone”, una delle principali eredità del giudice, ucciso 28 anni fa a Capaci. Un metodo oggi più necessario che mai, visto che la mafia fa più affari che morti ed è diventata sempre più esperta nel pulire i propri soldi. Un metodo che spesso si scontra con la scarsa collaborazione dei paradisi fiscali o si ferma davanti a strumenti finanziari che lasciano opache le risorse iniziali e che ancora oggi si infrange su nuove sfide, come la moneta virtuale, i bitcoin. Per non parlare della grande commistione esistente tra livello legale e illegale, che mimetizza le risorse dei boss, come nel settore dei rifiuti.

Di qui, la necessità di tracciare, con ampio grado di certezza, i flussi finanziari nell’ottica dell’azione di contrasto al riciclaggio di denaro di illecita provenienza e di finanziamento del terrorismo.Necessità, quest’ultima, riscontrata sia a livello nazionale che a livello globale.

Sicché, a livello internazionale si è cercato di intervenire dapprima con la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico di sostanze stupefacenti del 18/12/1988, successivamente con il GAFI del 14-15/7/1989 (40 Raccomandazioni, riviste a febbraio 2012), e ancora con il Comitato di Basilea (22/3/1989), con la Convenzione di Strasburgo (8/11/1990), con il Gruppo EGMONT (giugno 1995), il Gruppo WOLFSBERG (novembre 1995), Moneyval (1997), la Convenzione Nazioni Unite contro la C.O. (12-15 dicembre 2000).

A livello comunitario, si rammentano le 5 Direttive europee(91/308/CEE 2015del 10/6/1991, 2001/97/CE del 4/12/2001, 2005/60/CE del 26/10/2005, 2015/849/UE del 20/5/2015 e 2018/843/UE del 30/5/2018) che hanno notevolmente influenzato il sistema legislativo nazionale, soprattutto sotto il profilo dell’azione preventiva della corruzione. Infatti, a partire dal 1991 – con la prima legge antiriciclaggio la normativa si è notevolmente arricchita, sia al fine di implementare la repressione penale (L. n. 191/1978, L. n. 55/1990, L. n. 328/1993, L. n. 146/2006) e amministrativa (D.Lgs. n. 231/01), che al fine rafforzare la normativa di natura preventiva (L. n. 197/1991, D.L. n. 56/2004, D.Lgs. n. 231/2007, D.Lgs. n. 109/2007, L. n. 208/2015, D.Lgs. n. 90/2017, D.Lgs. n. 125/2019).

La vigente disciplina relativa agli obblighi antiriciclaggio ha recentemente subito una importante modifica a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 26 ottobre 2019, del D.Lgs.4 ottobre 2019, n. 125. Invero, in ossequio al dovere di recepimento dell’Italia della Direttiva (UE) 2018/843, c.d. V Direttiva, è stato profondamente rimodellato il previgente impianto del D.Lgs. 231/2007 e del D.Lgs. 90/2017.

Già tre anni fa l’Italia aveva recepito la IV Direttiva Antiriciclaggio (n. 849 del 2015), attraverso l’emanazione di due disposti normativi: il D.Lgs n. 90/2017 (riscrivendo interamente il D.Lgs. n. 231/2007) ed il D.Lgs n. 92/2017 (introducendo nuovi obblighi per gli operatori compro oro).

La Commissione Europea, tuttavia, aveva giudicato “incompleto” tale recepimento nazionale, inviando nuove raccomandazioni al fine di intensificare la lotta al riciclaggio di denaro sporco, nonché al fine di provvedere ad attuare con provvedimenti legislativi adeguati le direttive comunitarie. Contemporaneamente, avviava una procedura di infrazione confermando l’inadempienza nel recepire le norme comunitarie; l’Italia, in risposta a tale procedimento, è intervenuta con l’emanazione di un decreto correttivo. 

Di talché, il D.Lgs. n. 125/2019, che si compone di 6 articoli, modifica ed integra i Decreti legislativi n. 90 e n. 92 del 2017, e rimodella il previgente impianto del D.Lgs. n. 231/2007 (istitutiva della UIF, Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia), introducendo una serie di modifiche che interessano direttamente professionisti e intermediari finanziari.

Tra le numerose novità del nuovo dispositivo normativo antiriciclaggio emergono le seguenti.

1) Ampliamento dei soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio.

Tra i soggetti obbligati – oltre agli istituti di credito, avvocati, commercialisti, notai, professionisti e coloro che intrattengono rapporti professionali con tali soggetti – vengono ricompresi come operatori non finanziari:

a. i prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali (exchange);
b. i prestatori di servizi di portafoglio digitale (e-wallet);
c. i commercianti e gli intermediari del mondo dell’arte nel caso in cui l’operazione, posta in essere in un unico momento temporale ovvero disgiunta in più momenti abbia un valore pari o superiore ad euro 10.000,00.

L’Italia è stato il primo Paese europeo ad assoggettare ai presidi antiriciclaggio i prestatori di servizi di cambio valute virtuali, ovvero gli exchange, già con il recepimento della IV Direttiva. Il D. Lgs n. 125/2019 ha ampliato e ridefinito la platea dei soggetti che operano in valute virtuali.

2) Nuove misure di adeguata verifica.

L’art. 19, c. 2, lett. a) del D.Lgs n. 231/2007 introduce lapossibilità di identificare la clientela dei soggetti obbligati attraverso procedure di identificazione elettronica, purché sicure e regolamentate ovvero autorizzate dall’Agenzia per l’Italia Digitale.

Ulteriore novità riguarda gli intermediari bancari o finanziari che devono adottare misure di verifica rafforzata:

a. per i clienti che operano con Paesi ad alto rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo;

b. per operazioni che coinvolgono Paesi Terzi ad alto rischio,nonché in presenza di rapporti di corrispondenza transfrontalieri che comportino l’esecuzione di pagamenti con un ente creditizio o istituto finanziario corrispondente di un Paese terzo;

c. per operazioni relative a petrolio, armi, metalli preziosi, prodotti del tabacco, manufatti culturali e altri beni mobili di importanza archeologica, storica, culturale e religiosa o di raro valore scientifico, nonché avorio e specie protette.

   3) Il Registro dei titolari effettivi di persone giuridiche, Trust e affini.

Il 3 luglio 2020 il Mef di concerto con il Mise emanerà il decreto che istituirà il Registro dei titolari effettivi, così come previsto dal c. 5 dell’art. 21 del D.lgs. n. 231/2007.

Gli amministratori delle società di capitali, enti e trust dovranno comunicare il nominativo o i nominativi dei titolari effettivi. La mancata o tardiva comunicazione sarà sanzionata ai sensi dell’art. 2630 c.c.. Lo stesso provvedimento determinerà la sussistenza dell’interesse all’accesso dei soggetti preposti alla verifica dei titolari effettivi, quali le autorità ed i privati titolari di un interesse giuridico.

4) Rideterminazione dei criteri per l’individuazione del titolare effettivo.

Relativamente ai cosiddetti “criteri residuali” per l’imputazione del titolare effettivo, il legislatore afferma che, nel caso in cui non si riesca a rinvenirlo, così come previsto nei commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 20 del D.Lgs. n. 231/2007, lo stesso deve essere individuato in quelle persone che rivestono il potere di rappresentanza legale o di direzione (comma 5); l’iter per l’individuazione deve essere motivato e documentato.

5) Ampliamento della vigilanza all’interno dei Gruppi Bancario-Finanziari.

E stato previsto, per i Gruppi bancari e finanziari, che le capogruppo adottino un approccio globale al rischio di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo. Nei gruppi internazionali la capogruppo italiana dovrà assicurare che le procedure antiriciclaggio poste in essere dalle succursali dovranno essere allineate con gli standard di gruppo e che le informazioni siano condivise all’interno del gruppo.

E’ prevista anche l’esternalizzazione della funzione antiriciclaggio.

Le autorità di vigilanza di settore potranno altresì impartire alla capogruppo disposizioni AML/CFT riguardanti il gruppo o i suoi componenti ed effettuare ispezioni e richieste di documentazione.

Inoltre, si segnala che l’Italia, per quanto riguarda lo scambio di informazioni e di cooperazione tra autorità degli stati membri, anticipa la V Direttiva. Infatti, il D.Lgs. n. 125/2019 :

a. non disciplina l’istituzione dei registri centrali di reperimento dei dati che consentano l’identificazione di qualsiasi persona fisica o giuridica, così come richiesto dalla Direttiva europea, poiché già prevista dall’anagrafe dei conti e depositi e disciplinata dall’art. 20 comma 4 della legge n.413/1991;
b. non prevede che le informazioni presenti in tali registri siano direttamente accessibili in modo immediato e non filtrato dalle F.I.U. (financial intelligence unit) nazionali perché già dettate dall’art. 6 comma 6 lett.a del D.Lgs.n. 231/2007.

Il legislatore, pertanto, ha recepito ampiamente le indicazioni della V Direttiva, dando attuazione alle numerose indicazioni e ridefinendo in modo strutturato ciò che era stato già evidenziato e legiferato con la IV Direttiva.

Di talché, è stato fatto un ulteriore passo in avanti per contrastare il riciclaggio ed il finanziamento al terrorismo: la normativa nazionale, infatti, è stata aggiornata ed è stata resa sempre più adeguata ai principi europei volti ad accrescere il livello di compliance di tutte le categorie dei soggetti obbligati. 

Appare evidente che nel tempo si è assistito ad un progressivo inasprimento delle norme sull’antiriciclaggio e ad un potenziamento degli strumenti messi a disposizione per la prevenzione di tale reato. D’altronde, la presenza di un buon sistema di antiriciclaggio è presupposto fondamentale per rendere effettiva la lotta alla corruzione. E, solo contrastandoefficacemente la corruzione, si riesce a comunicare certezza giuridica ai cittadini e al mercato, aumentando la fiducia degli investitori e favorendo la concorrenza leale.

Concludendo, il sistema normativo italiano per la lotta al riciclaggio e alla corruzione appare estremamente ricco e completo. Invero, il problema è culturale. Da un lato, sarebbe auspicabile un uso consapevole e attento degli strumenti attualmente presenti nell’ordinamento giuridico; dall’altro,sarebbe necessario favorire la formazione nella classe dirigente del senso di appartenenza allo Stato, perché solo una cultura istituzionale con una leadership integra e forte può contrastare efficacemente la corruzione e vincere il conflitto asimmetrico tra Stato e criminalità organizzata. E soprattutto si dovrebbe rafforzare la convinzione che solo con l’impegno di tutte le istituzioni si possono combattere la corruzione e tutte le devianze patologiche che ne derivano.

Come affermava Paolo Borsellino “La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”

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