MALADMINISTRATION E BUROCRAZIA PROF. CASSESE: DAI TAGLI LINEARI ALLE ASSUNZIONI LINEARI.

 

 

 

burocrazia-744x445

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si continua a parlare di decine di migliaia di assunzioni necessarie nel pubblico impiego per evitare la paralisi di molti settori, alcuni dei quali strategici.

Nessuno si pone – nulla di nuovo, ma la singolarità resta – delle semplici domande, come farebbe ognuno di Noi, in modo naturale, prima di un investimento o un acquisito per casa propria: è utile? A che cosa mi serve?

 

Domande che pone il prof. Sabino Cassese, sul Corriere della Sera del 13 maggio 2019, alle pagine 1 e 24, concludendo come emerga molta imperizia nonostante non ce ne fosse bisogno, mentre nell’ultimo decennio si è registrata una diminuzione, in termini di dipendenti pubblici e di spesa, di circa 1’8 per cento, con il  blocco delle assunzioni che ha prodotto l’invecchiamento del personale, portando l’età media del personale sopra i 50 anni.

 

 

Per migliorare la situazione dei 2 milioni e 200 mila dipendenti rimasti, le promesse e i programmi, però, sono tanto mirabolanti quanto imprecisi, come osserva il prof. Cassese: le norme che li contengono, infatti, si accavallano (legge di Bilancio 2019, legge di Semplificazione, legge denominata “concretezza”, legge sul reddito di cittadinanza e su quota 100, singoli provvedimenti, …) regolando gli argomenti più disparati (autorizzazione assunzioni straordinarie e aggiuntive; stabilizzazione precari, che sono andati aumentando negli anni del digiuno nei quali si è così sopperito alle carenze di organico; sistemazione in ruolo di 11 mila addetti ai servizi di pulizia e ausiliari; proroga dei dipendenti a tempo determinato; proroga delle graduatorie tenute aperte per assumere gli idonei; assunzione a tempo determinato dei «navigator», cioè degli orientatori dei disoccupati che fruiranno del reddito di cittadinanza), non senza rilevare che, il più delle volte, sono formulate in modo da rendere impossibile una quantificazione.

Un esempio: il rimpiazzo di tutti i dipendenti che cessano dal servizio, non è fatto per «teste», bensì con riferimento alla spesa, e consente quindi l’entrata di un numero di impiegati più alto di coloro che escono (perché i primi hanno livelli retributivi maggiori di quelli che entreranno), con il consequenziale ed inevitabile aumento futuro di spesa, quando i nuovi entranti avranno anche essi maggiore anzianità di carriera.

 

Sono molti – secondo il Presidente emerito della Corte Costituzionale – gli interrogativi che questa prospettiva solleva.

In primo luogo, essa fa bene ed è utile, dopo il digiuno, o si  rischia solo di far lievitare nuovamente la spesa?

Poi, il problema delle carenze organiche c’è, ma ha intensità e gravita diverse a seconda degli uffici, e non può essere affrontato sostituendo ai tagli lineari le assunzioni lineari.

Ancora, alle assunzioni si procederà in via prioritaria con il cosiddetto scorrimento delle graduatorie, che vuol dire sistemare in ruolo chi non aveva vinto i concorsi precedenti ed era stato dichiarato solo idoneo (sono noti casi di concorsi banditi per un posto, con un vincitore e 39 idonei, tutti assunti).

Infine, nei casi residuali dove si faranno i concorsi (l’unico modo legittimo di scelta del personale pubblico), si continuerà a svolgerli nel modo consueto (sia pure con «modalità semplificate»), come prova di capacità mnemoniche, e non come prova di qualità, di equilibrio, di esperienza, di capacità di discernimento.

 

Critica la valutazione sulla “regolazione” del reddito di cittadinanza dove dei dipendenti precari (quelli attuali dell’Agenzia nazionale politiche attive lavoro – Anpal) dovranno assumere altri precari (i «navigator»), a loro volta chiamati ad aiutare i beneficiari del reddito a trovare un lavoro.

 

Sul futuro non lontano rimane irrisolto il problema della meridionalizzazione del pubblico impiego: come ha dimostrato la vicenda della scuola, l’offerta di posti è prevalentemente al Nord, la domanda prevalentemente al Sud, ma nessuno sembra preoccuparsene per tempo.

 

L’amministrazione pubblica italiana, conclude il prof. Cassese, è già sufficientemente indebolita, impaurita, poco efficiente, per una molteplicità di cause, tante delle quali non dipendenti da essa: un simile modo di “gestire” il problema finirà per aumentarne l’inefficienza.

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

avatar

sull'autore ()

Lascia un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *