Condanna per autoriciclaggio in Vaticano. Considerazioni a margine di una sentenza epocale. A cura dell’ Avv. Ambra Camilleri, discente del Master in Anticorruzione, Terza Edizione.

Nella categoria Articoli Master Anticorruzione, Eventi da su 8 febbraio 2019 1 Commento

IL CASO. Lo scorso dicembre è stata pronunciata la prima sentenza penale di condanna nei riguardi di un cittadino italiano, imputato per il delitto di auto-riciclaggio di cui all’art. 421 bis del novellato codice penale dello Stato Città del Vaticano.

La condanna penale a due anni e sei mesi di reclusione e alla confisca della somma di un milione di euro si inserisce nella politica di rinnovamento dello IOR, avviata negli ultimi anni e volta al raggiungimento della trasparenza e integrità dell’Istituto, la cui mission è quella di “servire la Chiesa in tutto il mondo, fornendo sostegno alla Santa Sede, alle congregazioni religiose e alle istituzioni cattoliche nelle loro opere di carità ed evangelizzazione”.

 

LE RIFORME NORMATIVE. I passaggi epocali che hanno preceduto la sentenza in commento riguardano il percorso di rinnovamento avviato dal Papa Emerito Benedetto Decimo Sesto e proseguito da Papa Francesco.

Sotto il Magistero del primo, infatti, è stata varata la Legge dello Stato della Città del Vaticano N. CXXVII del 30 dicembre 2010, sulla prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo; all’inizio del mandato del secondo, invece, è stata introdotta la Legge N. XVIII in materia di trasparenza, vigilanza ed informazione finanziaria (8 ottobre 2013).

Nello specifico, con il Decreto N. CLIX del 25 gennaio 2012  (di modifica della legge del 30 dicembre 2010) è stato introdotto l’art. 421 bis, rubricato “del riciclaggio, dell’auto-riciclaggio e dell’impiego dei proventi di attività delittuose”, che testualmente prescrive: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall’art. 421: a) sostituisce, converte o trasferisce denaro contante, beni o altre risorse economiche, conoscendo che essi provengono da un reato presupposto o dal concorso in un reato presupposto, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita degli stessi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività criminale a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni; b) occulta o dissimula la reale natura provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà di denaro contante, beni o altre risorse economiche, conoscendo che essi provengono da un reato presupposto o dal concorso ad un reato presupposto; c) acquista, possiede, detiene o utilizza denaro contante, beni o altre risorse economiche, conoscendo, al momento della loro ricezione, che essi provengono da un reato presupposto o dal concorso ad un reato presupposto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro mille ad euro quindicimila”, e che il crimine “sussiste anche se le attività che hanno generato il denaro, i beni o le altre utilità da riciclare si sono  svolte nel territorio di un altro Stato”.

Peraltro, nei casi di condanna è obbligatoria la confisca dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto dell’attività delittuosa, tranne che essi appartengano a persone estranee al reato.

Si prevede, dunque, l’obbligatorietà della confisca diretta e, in caso di impossibilità, la c.d. confisca per equivalente (confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato).

Pertanto, le riforme varate sotto il Magistero di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco sottolineano la volontà di contrastare le attività illecite, in particolare il fenomeno della provenienza del denaro da attività criminose, con una legislazione seria, imperniata su sanzioni effettive e sulla reciproca collaborazione delle Istituzioni nella conduzione delle indagini.

Fino al dicembre 2018, come accennato, non era mai stata sanzionata la condotta di riciclaggio o auto-riciclaggio.

Le indagini portate avanti dalle Autorità di vigilanza e dagli organi giurisdizionali, infatti, non erano confluite in una condanna penale.

Dal 2013 ad oggi, l’AIF (Autorità di Informazione Finanziaria) ha effettuato sessantanove segnalazioni sospette di riciclaggio al Promotore di Giustizia.

Il 17 dicembre 2018, come visto, è stata pronunciata la prima sentenza di merito in sede penale, con la condanna di A.P. alla pena di anni due e mesi tre di reclusione e alla confisca del patrimonio di un milione di euro.

 

LA GOVERNANCE DELLO IOR. Per comprendere meglio il perché e il come del mutato contesto di riferimento, è opportuno valutare globalmente le riforme portate avanti e dallo Stato Città del Vaticano e dallo IOR.

In primo luogo, la volontà dei successori di San Pietro è stata quella di introdurre una normativa sanzionatoria delle condotte di riciclaggio e auto-riciclaggio, conformemente alla tutela già adottata a livello europeo.

Il proposito, dunque, è stato quello di evitare la creazione di zone franche di legalità in grado di proteggere ingenti patrimoni di sospetta provenienza, considerato il superiore Magistero della Chiesa universale, chiamata a  occuparsi della cura delle anime.

Stride, infatti, con le finalità della Chiesa una normativa protettiva di interessi opachi che presti il fianco, anche indirettamente, a comportamenti delittuosi.

In secondo luogo, per rendere compiuta la sopracitata riforma normativa, diviene necessario apportare delle modifiche alla governance aziendale, atteso che il cattivo funzionamento dello IOR è produttivo di una perdita ingente di risorse, comportando altresì un danno all’immagine non indifferente.

Pertanto, la nuova governance ha palesato la volontà di rimuovere i vertici aziendali colpevoli  di mala gestio, reprimendone i comportamenti abusivi.

Di tali ultime istanze si sono fatti promotori e le indagini giudiziarie che hanno coinvolto alcuni dei vertici del vecchio management aziendale e, in generale, il mutato approccio dell’Istituto.

Con riferimento al primo aspetto, infatti, diversi dirigenti dello IOR sono stati citati in giudizio dall’Istituto per il risarcimento dei danni patrimoniali cagionati allo stesso Ente.

Contestualmente a ciò, la mutata politica dell’Istituto per le Opere Religiose è stata palesata dalla volontà di garantire la trasparenza come linea-guida del nuovo corso gestionale.

In particolare, a partire dagli anni 2013-2014, il sito dello IOR ha subito una vera e propria revisione, parallelamente alla mutata veste assunta dall’Istituto.

Ogni elemento di novità riguardante lo IOR è stato pubblicato sul sito aziendale ed è fruibile da chiunque vi abbia interesse: le condanne per mala gestio, la costituzione di parte civile nei processi penali e la nomina dei componenti il vertice aziendale.

L’accresciuta trasparenza denota, dunque, la volontà di assumere le distanze da comportamenti opportunistici che minano la serietà dell’azienda.

 

IL NAMING AND SHAMING. Questa prassi, che potremmo definire del naming and shaming (letteralmente, identificare un fatto illecito e provare vergogna per esso) segna un nuovo corso nella governance aziendale.

Da un lato, si individua il fatto illecito e si perseguono i responsabili; dall’altro, si biasima il comportamento e si assumono le distanze da esso (in questa cornice va inserita la decisione dello IOR di costituirsi parte civile nei processi).

Segno del fatto che ogni buona modifica normativa è preceduta e seguita da un cambiamento di mentalità: ché, una riforma legislativa che non trovi riscontro nelle persone chiamate ad applicarla sarebbe vana; parimenti, un mutamento delle teste non accompagnato da un miglioramento normativo sarebbe un tentativo di modificare le regole, in assenza della reale volontà di farlo.IMG_4732IMG_4733

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