Gli utilizzi distorti di uno strumento lecito: il Trust. A cura della Dr.ssa Antonella Lerose, discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.

Nella categoria Articoli Master Anticorruzione, Eventi da su 23 febbraio 2019 0 Commenti

Nel corso degli ultimi anni si è registrata un’ampia diffusione del trust, istituto tipico del sistema di common law, non disciplinato a livello civilistico nel nostro ordinamento ma che, con l’approvazione della Convenzione de L’Aja resa esecutiva mediante ratifica con L. 364/89, è stato introdotto anche in Italia comportando, quale conseguenza naturale, la valorizzazione degli effetti prodotti dal medesimo, anche all’interno del nostro ordinamento.

Il termine trust, tradotto come “affidamento” evoca il vero spirito posto alla base di tale rapporto giuridico ovvero il trasferimento di beni mobili e/o immobili, da parte del settlor (disponente) nei confronti del trustee, colui che deve amministrare il trust.

Soggetto tipico di tale istituto sono i beneficiary (beneficiari), i quali vengono individuati all’atto di conferimento di tali beni mobili e/o immobili nel trust.

I beni che vengono conferiti all’interno del trust, se da un lato devono essere amministrati secondo quanto stabilito nell’atto istitutivo da parte del disponente potendo, in tale circostanza, esser nominato anche un protector (soggetto controllore) con la funzione di verificare che il trustee gestisca il patrimonio secondo le effettive disposizioni del disponente, dall’altro pur entrando a far parte del patrimonio del trustee che ne diventa il proprietario, devono considerarsi come una massa distinta dai suoi beni personali.

Il trasferimento di beni in trust, di regola, persegue scopi leciti e protetti dalla legge ma, sempre più spesso, si assiste ad un utilizzo improprio di tale strumento giuridico che viene forzatamente piegato con l’intento di raggiungere delle finalità distorte, puramente illecite.

Difatti, tale strumento diviene spesso oggetto di elusione ed evasione fiscale, giacché il disponente realizza un’interposizione fittizia tra il proprio patrimonio e quello che viene confluito nel trust con l’esclusiva finalità di delineare una vera e propria evasione d’imposta, mediante una serie di comportamenti ed attività diretti a sottrarre al prelievo fiscale tutto ciò che rientra nell’elemento imponibile. In tal caso, non si verifica la segregazione, quale effetto naturale del trust poiché la volontà del settlor non è indirizzata ad un reale spossessamento di codesti beni.

Una pratica che risulta sempre più diffusa, concerne la costituzione dei trust, (asset protection trust) nei cosiddetti “paradisi fiscali”, con la medesima finalità elusiva ed evasiva; il settlor, in tal caso, fa confluire in codesto strumento i propri capitali mobili ed immobili che verranno gestiti dal trustee e, i medesimi beni, non saranno minimamente ricollegabili al disponente, sfuggendo così alle maglie delle autorità fiscali competenti.

Infine, è emerso che il trust viene utilizzato con la finalità di occultare patrimoni provenienti da fonti illecite e, dunque, per ostacolare l’identificazione di tali proventi.

Di conseguenza, frequentemente, tale strumento diviene oggetto di riciclaggio in quanto il settlor, mediante la costituzione del trust, vi fa confluire capitali di natura illecita tramite operazioni che all’apparenza rendono leciti capitali aventi, di fatto, una provenienza criminosa.

In tale scenario, molti sono stati gli interventi normativi che si sono susseguiti, dapprima a livello nazionale nell’ambito del sistema tributario, con norme mirate a contenere fenomeni di elusione ed evasione fiscale nonché mediante circolari specifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate aventi la finalità di delineare e circoscrivere quelle situazioni che realizzavano un’interposizione e prevedendo, per tali casi, l’inesistenza delle diverse figure di trust, successivamente anche a livello europeo, in particolare con la terza direttiva antiriciclaggio, recepita in Italia col D. Lgs. 231/07, avente una finalità di prevenzione rispetto quei fenomeni di riciclaggio di capitali da provenienza illecita.

Pertanto, in un tale sistema normativo ben delineato e completo, il lavoro più arduo consiste nel fornire maggiori informazioni nonché chiarimenti a livello legislativo, affinché la totalità dei destinatari acquisisca più consapevolezza circa gli usi di un simile strumento giuridico.

Oggigiorno, probabilmente, la sfida più grande consiste nella “educazione fiscale” ovvero far comprendere ai contribuenti che fenomeni come l’elusione e l’evasione fiscale danneggiano irrimediabilmente il sistema economico-finanziario, comportando uno squilibrio che si ripercuote sull’intera collettività giacché lo Stato, mediante la riscossione delle imposte fornisce servizi che dovrebbero agevolare quotidianamente il singolo contribuente, perseguendo nella sostanza, l’interesse primario dell’intero Paese e tendendo al bene comune ostacolato, in tali casi, da soggetti che mediante comportamenti, attività ed operazioni lecite in apparenza ma, di fatto, criminose ovvero puramente illegali perseguono il proprio interesse, quello del singolo, generando alterazioni nell’intero sistema.

 

 

 

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