Anac e soft regulation nel nuovo codice dei contratti pubblici

Nella categoria Azione Amministrativa e Prevenzione, Italia da su 9 gennaio 2018 0 Commenti

di Eleonora Pileggianac_anticorruzione
I contratti pubblici costituiscono una voce molto significativa della spesa pubblica, infatti, da un lato, sono una leva importante della politica economica e sociale del paese, e questo richiede una regolamentazione flessibile che lasci spazi di discrezionalità alle stazioni appaltanti e che consenta il pronto recepimento di strumenti negoziali innovativi, dall’altro, sono fortemente vulnerabili alle pratiche corruttive e alle infiltrazioni della criminalità organizzata, che rendono necessarie regole di prevenzione e strumenti di controllo.
Le tre direttive europee di riforma del settore degli appalti e delle concessioni (23, 24 e 25 del 2014) si propongono di rendere più efficiente l’uso dei fondi pubblici, attraverso procedure improntate alla semplificazione e flessibilità, di assicurare la tutela della concorrenza, di promuovere la tutela ambientale e sociale, garantendo una crescita sostenibile.
Nella prospettiva nazionale questi obiettivi vengono bilanciati con quelli della prevenzione delle pratiche corruttive e delle infiltrazioni della criminalità organizzata, che richiedono l’introduzione di regole, di maggior rigore e controlli, anche sacrificando talvolta gli spazi della discrezionalità amministrativa.
L’obiettivo della legge di delega al governo per il recepimento delle direttive (legge n. 11/2016) è stato quindi quello di coniugare flessibilità e rigore, semplificazione ed efficienza, attraverso:
un testo normativo unico e snello, la cui applicazione concreta è affidata ad un sistema attuativo maggiormente flessibile, al fine di adeguare rapidamente la normativa alle evoluzioni che connotano il settore degli appalti pubblici, che viene bilanciato tramite il rispetto di criteri di legalità procedimentale (better regulation);
una maggiore discrezionalità delle stazioni appaltanti, cui fa da contraltare la riduzione del loro numero, la centralizzazione della committenza, la loro qualificazione rigorosa e strumenti di controllo efficaci;
una maggiore flessibilità delle regole per i contratti sotto la soglia comunitaria, coniugando massima semplificazione e rapidità dei procedimenti con i principi di trasparenza e imparzialità della gara.
Il Codice dei contratti pubblici che ne è scaturito (D. Lgs. n. 50/2016) attribuisce un ruolo centrale all’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito Anac o Autorità), determinando un decisivo potenziamento dello strumento regolatorio, tramite l’attribuzione all’Anac del potere di emanare atti a carattere generale, attuativi delle disposizioni primarie, al riparo da ingerenze del potere politico.
Nel nuovo impianto, infatti, si è inteso superare il sistema tradizionale, che affidava la disciplina della contrattualistica pubblica a livello primario al codice dei contratti e a livello secondario ad un regolamento governativo di attuazione, preferendo un sistema diversificato voluto dalle direttive europee, incentrato sulla regolazione flessibile, nel rispetto del divieto del cosiddetto gold plating.
L’opzione della legge delega di abbandonare il modello del regolamento esecutivo governativo a beneficio di strumenti di regolazione flessibile, si innesta nel solco di quella scelta politico culturale che prevede la progressiva erosione dello spazio occupato dalla legge, orientata a demandare il compito di adottare provvedimenti normativi a soggetti non politici e dotati di particolari competenze tecniche. La “fuga del legislatore”, come è stata definita e, conseguentemente, la tensione cui il principio di legalità sostanziale è sottoposto vengono compensati tramite l’introduzione di vincoli procedimentali, idonei a garantire la partecipazione democratica.
La legge delega, quindi, utilizzando il criterio della competenza per individuare il soggetto preposto alla disciplina della materia, ha attribuito all’Anac la funzione di adottare atti di regolamentazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante. Il decreto delegato, all’articolo 213, prevede che l’Autorità ha il compito di sviluppare e integrare il precetto primario mediante atti di regolazione e di adottare linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati, al fine di garantire la promozione dell’efficienza e della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, tendere alla omogeneità dei comportamenti e allo sviluppo delle migliori pratiche.
Il Codice prevede a tal fine una varietà di strumenti attuativi, diversi quanto a scopo, efficacia ed autorità emanante e ciò richiede uno sforzo di inquadramento unitario e sistematico per comprenderne la natura giuridica e la collocazione nella gerarchia delle fonti, al fine di individuarne la disciplina sul piano procedimentale e su quello della tutela giurisdizionale e, soprattutto, per assicurare al quadro regolatorio la necessaria organicità, razionalizzazione e chiarezza richieste dal legislatore delegante.
Questo sforzo è stato compiuto dal Consiglio di Stato in due pareri chiave, anche ampliando le sue funzioni consultive previste dall’art. 100 della Costituzione e confermando il suo ruolo di advisory board delle Istituzioni del Paese.
Ripercorrendo sinteticamente, per quanto di interesse, le posizioni del Consiglio di Stato, vengono in rilievo tre diverse tipologie di atti attuativi:
quelli adottati con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, su proposta dell’Anac, previo parere delle competenti commissioni parlamentari;
quelli adottati con delibera dell’Anac a carattere vincolante erga omnes (le linee guida);
quelli adottati con delibera dell’Anac a carattere non vincolante (atti di soft law in senso proprio).
Nell’intervento consultivo sullo schema di decreto il Consiglio di Stato ha affermato che la prima categoria di atti attuativi, i decreti ministeriali, hanno una chiara efficacia innovativa dell’ordinamento che si accompagna alla generalità e astrattezza delle disposizioni, che comporta la loro qualificazione quali atti sostanzialmente normativi, soggetti allo statuto dei regolamenti ministeriali ai sensi dell’art. 17 della L. n. 400/1988, con tutte le conseguenze che ne discendono in tema di forza e valore dell’atto, forma e disciplina procedimentale, implicazioni sulla potestà regolamentare costituzionalmente riconosciuta in favore delle Regioni.
Diversamente, le linee guida adottate direttamente da Anac a carattere vincolante e riconducibili all’espressione “altri atti di regolamentazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante” della legge delega, sono state ricondotte dal Consiglio di Stato alla categoria degli atti di regolazione delle Autorità Indipendenti, che non sono regolamenti in senso proprio, ma atti amministrativi generali e di regolazione, seppure connotati in modo peculiare.
Le linee guida non vincolanti sono anch’esse atti amministrativi generali e perseguono lo scopo di fornire indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti, al fine di garantire la promozione dell’efficienza e della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti e di sviluppare le migliori pratiche.
Se tale inquadramento risulta condivisibile per le linee guida non vincolanti, il riconoscimento di ipotesi di linee guida con efficacia vincolante ha destato perplessità ed animato il dibattito sulle fonti del diritto.
Posto che nella disposizione di cui all’articolo 213, che disciplina il potere di regolazione dell’Anac, non è stato trasfuso l’inciso “ad efficacia anche vincolante” che era contenuto nel criterio direttivo della legge delega e che, come ha denunciato il Consiglio di Stato, anche all’interno di altre disposizioni del Codice che sollecitano il potere regolatorio dell’Anac non si rinvengono riferimenti espliciti al profilo dell’efficacia da attribuire alle varie tipologie di atti, occorre recuperare in via di esegesi gli elementi formali e sostanziali che consentono di riconoscere tale vis, anche in funzione dei limiti che possono riverberarsi sulle stazioni appaltanti nell’esercizio della discrezionalità amministrativa.
Infatti, per quel che riguarda la prima categoria di atti attuativi, quella dei decreti ministeriali, le amministrazioni e gli enti aggiudicatori sono obbligati a osservare il precetto normativo, senza che alle stesse sia attribuito il potere di disattenderne il contenuto. La violazione dei decreti comporta l’illegittimità del provvedimento. I decreti, essendo privi di immediata lesività per la loro natura sostanzialmente normativa, potranno essere impugnati unitamente al provvedimento della stazione appaltante che ne dà attuazione.
Anche con riferimento alle linee guida vincolanti, la loro natura non lascia poteri valutativi nella fase di attuazione alle amministrazioni e agli enti aggiudicatori, che sono obbligati a darvi concreta attuazione, a pena di illegittimità degli atti consequenziali. Il Consiglio di Stato ha precisato che la “vincolatività” dei provvedimenti in esame non esaurisce sempre la “discrezionalità” esecutiva delle amministrazioni e che occorre valutare di volta in volta la natura del precetto per stabilire se esso sia compatibile con un ulteriore svolgimento da parte delle singole stazioni appaltanti di proprie attività valutative e decisionali.
Per quel che riguarda le linee guida non vincolanti, la loro efficacia è affidata alla così detta moral suasion e al vincolo motivazionale che deriva dalla autorità emanante. Nelle ipotesi di previsioni non vincolanti le amministrazioni e gli enti aggiudicatori possono discostarsi da quanto disposto dall’Anac, adottando un atto che contenga una adeguata motivazione, anche a fini della trasparenza, che indichi le ragioni della diversa scelta amministrativa per evitare un vizio di legittimità sotto il profilo dell’eccesso di potere.
La problematica sulla natura più o meno soft delle linee guida, quindi, va oltre la necessità di inquadrarle correttamente nel sistema delle fonti del diritto tradizionalmente inteso. In questo senso l’interprete è chiamato ad uno sforzo esegetico sul contenuto prescrittivo o descrittivo delle linee guida, al fine di rinvenire una efficacia vincolante o di moral suasion della prescrizione regolatoria. In questa direzione, i pareri del Consiglio di Stato sugli schemi di linee guida si rivelano determinanti per inquadrare correttamente la forza ed il valore dell’atto attuativo.
Questa ricostruzione del Consiglio di Stato consente di mettere a sistema le varie indicazioni contenute sia nella legge delega che nel decreto delegato ed appare compatibile con il sistema delle fonti e con l’esigenza di un riformato contesto di qualità e certezza regolatoria con valenza erga omnes.
La necessità di colmare il gap democratico che è stato riscontrato nell’adozione di tali atti, unitamente all’esigenza di migliorare la qualità della regolazione, sono alla base della realizzazione di un modello di better regulation, che è in grado di assicurare in concreto il buon funzionamento del nuovo sistema attuativo, la sua efficacia nella implementazione pratica del Codice, in breve il suo successo.
La legge individua a tal fine una serie di contrappesi per compensare la maggiore flessibilità del principio di legalità sostanziale con un più forte rispetto di criteri di legalità procedimentale, strumenti che consentono una ampia partecipazione democratica e costituiscono un modello sperimentale di legittimazione dal basso.
Lo strumento più significativo è l’obbligo di sottoporre le bozze delle delibere regolatorie ad una preventiva consultazione tra i portatori di interesse coinvolti, chepotranno partecipare al processo di formazione dell’atto, determinandone l’implementazione sotto i profili contenutistici, istruttori e motivazionali.
Questo strumento consente una interlocuzione collaborativa tra l’Autorità ed i soggetti che operano nel settore degli appalti, finalizzata all’adozione dell’atto di regolazione. Al criterio verticale, tratto tipico delle fonti del diritto, si sostituisce quello della circolarità dell’apporto plurale delle competenze (regolazione condivisa).
Anche il linguaggio semplice e chiaro delle linee guida è volto a garantire la più ampia partecipazione democratica e a declinare il principio della trasparenza nel campo della regolazione.
Occorre, inoltre, che gli atti dell’Autorità siano sottoposti ad una attenta analisi di impatto della regolazione, e che la fase di adozione delle linee guida sia seguita da una verifica ex post dell’impatto della regolazione. Ciò consente di mantenere aperto il circuito regolatorio e favorisce l’implementazione pratica del Codice.
La qualità della regolazione viene così assicurata sia da un punto di vista formale, garantendo chiarezza e comprensibilità, sia dal punto di vista sostanziale, garantendo la semplificazione effettiva del quadro normativo e la rispondenza delle regole alle reali esigenze del mercato, attraverso una interpretazione elastica ed evolutiva delle disposizioni legislative, in modo da delineare un quadro normativo certo per gli operatori economici e le pubbliche amministrazioni, senza dover ricorrere ai continui interventi legislativi che hanno connotato la vita del precedente Codice dei Contratti Pubblici.
Questo sistema di attuazione impone, altresì, l’adozione di tecniche di codificazione che prevedano la concentrazione in testi unici integrati, organici ed omogenei, degli atti di regolazione sulla stessa materia, allo scopo di evitare il rischio di proliferazione delle fonti che si volevano ridurre e di perdita di sistematicità ed organicità dell’ordinamento di settore, violando in sede attuativa il vincolo a una “drastica riduzione” dello stock normativo imposto dall’articolo 1 comma 1 lett. d) della delega.
Inoltre, ai fini della conoscibilità del quadro regolatorio sono previste forme di adeguata pubblicità sul sito dell’Anac e sulla Gazzetta Ufficiale, in ragione della trasversalità della materia della contrattualistica pubblica e della latitudine applicativa dei provvedimenti adottati.
Gli schemi di linee guida, come sopra rilevato, sono, inoltre, sottoposti al parere del Consiglio di Stato: si realizza così un momento di preziosa complementarietà tra funzione consultiva e funzione regolatoria, al fine di garantire la coerenza del quadro normativo e la sua comprensibilità per amministrazioni e imprese e con l’obiettivo non trascurabile di ridurre il contenzioso.
Sempre in considerazione della necessaria condivisione della attività regolatoria è prevista, altresì, la trasmissione alle Camere, immediatamente dopo la loro adozione, degli atti maggiormente rilevanti in termini di impatto sul settore regolato, (per numero di operatori potenzialmente coinvolti, riconducibilità a fattispecie criminose, situazioni anomale o comunque sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti), allo scopo di favorire una valutazione parlamentare delle politiche poste in essere, essenziale per un’Autorità la cui legittimazione è posta al di fuori del circuito politico rappresentativo.

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