LOBBYING. DENTRO LA STANZA DEI LOBBISTI (CHE RESTA VUOTA).

 

 

LOBBYINGL’obiettivo è normalizzare e sterilizzare quello che altrove è considerato fisiologico. E che in Italia ha da sempre un fumus acre di sospetta contiguità con pratiche illegali.

Pino Pisicchio la chiama con humour e disincanto – come racconta Alessandro Troncino, su Il Corriere della Sera del 29 novembre 2017, alla pagina 10 – «dark room». È stato lui a volerla, insieme alla vicepresidente della Camera Marina Sereni. Che sospira: «Vien da ridere a dirlo, ma è stata una rivoluzione. Non è niente di che, ma per farla c’è voluta una congiuntura astrale favorevole». Al Senato gli astri, evidentemente, hanno remato contro. A Montecitorio da ieri la stanza dei lobbisti è operativa, controllata a vista da un nugolo di commessi: una gabbia dorata, con divanetti, pc e password «lobb2017», che dovrà contenere l’esuberanza del piccolo esercito di «portatori di interessi».

Alle 11 del primo giorno, nella saletta sterile ci sono solo Anna Maria Cartoni, che prende lezioni di inglese («What?»), e l’ignaro Walter Verini che legge il giornale: «Stanza dei lobbisti? Dove?». I primi, sperduti e sparuti, arrivano nel pomeriggio. Angelo Sena, della Leonardo (ex Finmeccanica), ha l’aria perplessa: «Mah, sono venuto a vedere. Ma non credo che questa sala sarà frequentatissima. Chi fa lobbying ad alto livello non ha bisogno divenire qui». In Transatlantico è proibito l’ingresso ai 198 che si sono registrati finora e hanno ottenuto un pass arancione. L’elenco comprende multinazionali, sindacati, aziende note ma anche onlus sconosciute e singoli cittadini. Tutti confinati nella stanzetta con video in bassa frequenza delle sedute della commissione Bilancio, in Galleria dei Presidenti. Chiamata «Corea» perché i cronisti vi furono confinati nel Dopoguerra oppure, altra versione, perché vi trovarono un’intesa il democristiano Franco Evangelisti e Franco Tato (Pci) in un immaginario 38esimo parallelo (quello che separa Corea del Nord e Corea del Sud). Pisicchio è soddisfatto: «Ci provavo dal 2001. Negli Usa è m Costituzione il diritto alla lobby, trasparente». I 5 Stelle son stati tra i primi a sollevare la questione: Vincenzo Caso che «smascherò» un consigliere parlamentare in pensione che esultava per «aver fatto azzerare» il tetto massimo al cumulo tra pensioni e incarichi pubblici. Ma sicuri che in Transatlantico non ci siano lobbisti? Non proprio. Eccoli i lobbisti senza patentino, circolano liberamente, ridono e danno pacche sulle spalle ai deputati: ex assistenti e soprattutto ex parlamentari, con libero accesso.

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