PROMULGATO IL NUOVO CODICE ANTIMAFIA. QUELLE LEGGI SCRITTE MALE CHE VIOLANO IL PATTO TRA STATO E CITTADINI
Nella legge antimafia, promulgata tre giorni fa, il legislatore ha dimenticato di prevedere una serie di gravi reati (quali terrorismo, reati informatici e corruzione fra privati) che in caso di condanna porterebbero a confiscare i beni di chi li ha commessi. Il fatto sembra conseguenza di una mancanza di coordinamento formale fra la Camera e il Senato. Ed è stato così grave che il Presidente Mattarella si è sentito obbligato a far presente al Governo – con una procedura non usuale – che egli firmava la legge solo per l’urgenza della stessa, ma ha chiesto espressamente che il testo normativo venga al più presto modificato ed integrato.
Un analogo esempio di leggi mal fatte – racconta Vittorio BAROSIO, su La Stampa del 20 ottobre 2017, a pagina 25 – si è verificato pochi giorni fa a proposito della nuova legge elettorale. Questa doveva contenere una norma che determinasse il criterio per assegnare i seggi eccedenti a una lista che avesse esaurito i candidati eleggibili. Sennonché la norma approvata dalla Camera prevedeva non uno solo, ma due criteri fra loro incompatibili, e quindi non si sarebbe saputo quale utilizzare. Soltanto un «escamotage» (piuttosto ardito) della Boldrini ha permesso di correggere il testo e di risolvere il problema prima del passaggio al Senato, in modo da evitare che fosse poi il Senato stesso a dover modificare la norma (con conseguente necessità di un ulteriore passaggio alla Camera).
Un altro esempio, clamoroso, si può trovare nel nuovo Codice degli appalti, che è fondamentale per la Pubblica Amministrazione e per la realizzazione delle opere pubbliche. Questo Codice è entrato in vigore (a pezzi, tra l’altro: un po’ prima e un po’ dopo) il 19 aprile 2016. Ma già il 7 luglio (e quindi dopo nemmeno tre mesi) ha subito centottantuno correzioni, anche se in gran parte solo formali. E’ possibile che si approvi una legge senza nemmeno rileggerla con la dovuta cura? Inoltre, già un anno dopo, nell’aprile del 2017, allo stesso Codice hanno dovuto essere apportate ben sessantotto modifiche di carattere, questa volta, sostanziale, frutto, evidentemente, di una più accurata ponderazione che era mancata in precedenza.
Le ragioni di questo modo di procedere (ormai un vero e proprio «malcostume legislativo») sono varie. Intanto l’incompetenza dei funzionari degli uffici legislativi che materialmente scrivono i testi normativi e dei politici che li approvano. Poi la fretta con cui si lavora (il Codice degli appalti, per la cui elaborazione una direttiva dell’Unione Europea dava tempo due anni, è stato approvato di corsa solo l’ultimo giorno, ed è entrato in vigore addirittura con un giorno di ritardo). Inoltre il fatto che nessuno risponde degli errori commessi. Infine, in via generale, una buona dose di noncuranza e di sciatteria: un paragone con i testi normativi della prima metà del ‘900, in parte applicati ancora oggi, è impietoso. Quali che siano le cause di questa situazione, i danni sono palesi, e gravi. La Pubblica Amministrazione, che deve applicare leggi farraginose e poco comprensibili, e che vengono modificate di continuo, fa fatica a tenere il passo e si trova in evidenti difficoltà operative. I cittadini non riescono sovente a rendersi conto di quali sono i loro obblighi e i loro diritti, e quali pro cedimenti devono seguire per ottenere dall’Amministrazione ciò a cui aspirano. Il senso di autorevolezza (e si potrebbe dire di «sacralità») che la legge deve avere viene smantellato giorno dopo giorno. Tutto questo viola il principio di lealtà – non scritto, ma fondamentale in ogni comunità organizzata – che lega i pubblici poteri (cioè, funzionari e politici) ai cittadini. La chiarezza normativa è il presupposto per un rapporto onesto e corretto fra lo Stato e i cittadini stessi. Questi hanno diritto di pretendere che chi svolge un incarico pubblico (tanto più se delicato come quello di scrivere le leggi) lavori bene. Chi lavora male viola proprio il patto di lealtà in forza del quale ha ricevuto le sue funzioni.
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