BUROCRAZIA. UNA VIA CRUCIS LUNGA ALMENO 8 MESI E DI CUI NON SI VEDE ANCORA LA CONCLUSIONE.

 

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Il Piano Industria 4.0 approvato dalla legge di Stabilità dello scorso anno – racconta Dario di Vico, su L’Economia de Il Corriere della Sera, del 2 ottobre 2017, alla pagina 4 – prevedeva la creazione di alcuni «centri di competenza ad alta specializzazione» che dovrebbero avere il compito di far dialogare università e imprese e organizzare di conseguenza il trasferimento tecnologico dalla ricerca alla produzione sull’esempio dei mitici Fraunhofer tedeschi.

Se gli incentivi agli investimenti sono stati finora il focus della via italiana al 4.0, la scelta di creare i Competence center contiene una visione di medio periodo perché punta a creare una sorta di infrastruttura dell’innovazione che, secondo molti, manca al nostro Paese.

Il decreto istitutivo dei centri è nato snello (quattro articoli) ed è stato emanato dal ministero dello Sviluppo economico (Mise) nell’ormai lontano 2 febbraio, ma da allora più che una volata finale è iniziata quella Via Crucis di cui parlavamo.

Un mese e mezzo dopo la stesura del decreto, infatti, il ministero dell’Economia e delle Finanze ha messo nero su bianco alcune obiezioni: sull’omogeneità delle procedure di selezione con quelle europee, sulle modalità di erogazione dei finanziamenti e su quelle di eventuale restituzione in caso di non conseguimento degli obiettivi.

Sei giorni dopo l’ufficio legislativo del MiSE aveva già provveduto a scrivere un nuovo testo che faceva sue le obiezioni ricevute.

Sulla nuova stesura si tiene due giorni dopo un’apposita riunione con il MEF e solo 20 giorni dopo il dicastero di Via XX Settembre rende noto il suo semaforo verde al nuovo testo.

Siamo al 18 aprile e sono passati già più di due mesi.

Il 28 aprile il Mise invia il testo corretto del decreto al Consiglio di Stato.

Che si riunisce il 18 maggio ed esprime «parere favorevole con riserve». Riserve e ripensamenti In sintesi ecco le riserve: le forme di finanziamento non sono ben definite, non sono previste forme di pubblicizzazione dei finanziamenti stessi, manca una «compiuta disciplina della natura e composizione dei soggetti preposti ad attuare i programmi», non sono chiare le modalità di costituzione del partenariato pubblico-privato.

Di fronte a queste nuove richieste il MiSE si sente in dovere di consultare il ministero dell’Istruzione e la Ragioneria generale dello Stato che inviano le loro valutazioni rispettivamente il 6 giugno e il 28 dello stesso mese.

Con le indicazioni ricevute il ministero può compilare un nuovo decreto che cresce significativamente di taglia: da 4 a 10 articoli.

Il 5 luglio il nuovo testo, pur appesantito, viaggia dal MiSE al MEF e il 12 luglio fa il percorso inverso recando con sé il prezioso «via libera» da parte del dicastero di Via XX Settembre (in burocratese si chiama «formale concerto»).

Lo stesso giorno il decreto si rimette in cammino per le strade di Roma e questa volta si dirige alla presidenza del Consiglio dei ministri.

Otto giorni dopo da palazzo Chigi arriva una doccia scozzese perché l’ufficio «rappresenta di aver rilevato la persistenza di alcune criticità che erano state segnalate dal Consiglio di Stato e suggerisce di inviare nuovamente il testo all’esame dello stesso organi per ottenere un nuovo parere».

L’ufficio legislativo del MiSE non ci sta a rimettere mano per la terza volta allo stesso testo e il 24 luglio fa sapere alla presidenza del Consiglio dei ministri che il nuovo decreto «è pienamente ossequioso delle prescrizioni dettate» in precedenza dal Consiglio di Stato e quindi non c’è motivo di un nuovo esame. Anche perché ormai «c’è l’urgenza di emanare i bandi».

A questo punto il MiSE la spunta e può trasmettere il decreto firmato dal ministro Carlo Calenda al MEF per acquisire la firma del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

C’è l’estate di mezzo e il decreto torna controfirmato il 12 settembre.

Siamo già a sette mesi dalla nascita del «bambino». Il giorno dopo il decreto rinfrancato dall’ottenimento delle firme giuste viene inoltrato alla Corte dei Conti e alla Gazzetta Ufficiale, che però successivamente chiede una precisazione inerente la formula esecutiva.

La richiesta viene accolta e il 20 settembre il testo definitivo viene inoltrato di nuova per la registrazione.

Da quel giorno, almeno fino alla data del 2 ottobre quando scrive Di Vico, non ci è rimasto che attenderne la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

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