Acqua il ciclo idro-illogico
La cattiva gestione del territorio crea inefficienze sistemiche specie nella gestione delle risorse naturali, in particolare dell’acqua, bene spesso dato per scontato, ma mai come questa estate di siccità ci siamo resi conto invece di quanto sia fragile e prezioso e quanto difficile sia la questione legata alla sua gestione da parte della politica e della Pubblica Amministrazione.
Per descrivere la situazione attuale appare vera più che ma l’incisiva metafora della gestione dell’acqua come ciclo idro-illogico.
«Marco Petitta, anche lui professore di Idrogeologia della Sapienza e vicepresidente dell’Associazione internazionale degli idrogeologi, concorda pienamente e parla di «ciclo idro-illogico». «In Italia il combinato di qualità e quantità delle risorse è buono. E dalla metà dell’8oo alla metà del 900 sono stati fatti molti investimenti. Ma negli ultimi 30/40 anni, oltre a vivere di rendita, abbiamo fatto di tutto per dilapidare quel patrimonio», aggiunge Andrea Mangano, ingegnere idraulico che ha amministrato svariate aziende del settore.
La demagogia – scrive Claudio Gatti, su Il Sole 24 ore del 7 settembre 2017, alle pagine 1 e 5 – paga per chi la predica e costa per chi se la beve. Come l’acqua: dal ’54 al ’68 investito lo 0,24% del Pil, poi il crollo allo 0,15%, molto sotto il necessario.
In questi giorni si parla molto dello straordinario costo, economico e umano, che il nostro Paese sta pagando da decenni pervia del vuoto strategico in campo sismico e idrogeologico ma, pur non avendo fatto vittime, l’immobilismo demagogico sta causando gravi danni anche sul fronte idrico.
Per capirlo c’è voluta la siccità di quest’anno, con la richiesta dello stato di calamità da parte di molte Regioni, con la Capitale in stato di quasi-razionamento idrico. Da un’inchiesta de II Sole 24 ore emerge che questi problemi non vanno attribuiti all’eccezionalità della situazione meteorologica bensì alle scelte – o non-scelte – fatte e reiterate per decenni da politici e amministratori.
Lo sostengono tutti gli esperti del settore.
Ma soprattutto lo attestano i numeri (oltre che le sanzioni europee).
«Bisogna lavorare in tempo di pace, per esser pronti quando scoppia la guerra. Ma se prima tè ne freghi, una volta scoppiata la guerra emergono solo scenari pericolosi o dibattiti fuorvianti e sterili polemiche politiche», dice Roberto Mazza, idrogeologo dell’Università la Sapienza di Roma. »
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