L’Unione Europea e il dibattito sull’anticorruzione

Nella categoria Azione di governo, Eventi da su 24 giugno 2017 0 Commenti

A cura di “Allis” discente del Master Anticorruzione 

L’Unione europea ha rafforzato la “propria” presenza in tema di prevenzione a partire dal 2010, con l’adozione del Programma di Stoccolma, la cui operatività e credibilità delle misure adottate e poi implementate è strettamente connesso a quello delle “immunità dei membri del Parlamento europeo” di cui si è recentemente discusso nel Sixth experience Sharing Workshop, organizzato a Vienna dalla DG Immigration and Home Affairs dell’UE.

 

Nel 2010, la Presidenza svedese dell’Unione Europea, nel presentare il “Programma di Stoccolma” ha indicato come “cruciale” la preoccupazione della popolazione dell’Unione riferita alla crescita di libertà, sicurezza e giustizia. “Cruciale” è stata, quindi,  l’esigenza di proseguire sulla strada dei Programmi di Tampere e dell’Aja con la soppressione delle frontiere nello spazio Schengen e con l’approccio “global methodology” nel settore della migrazione.  

L’ambizioso Programma di Stoccolma ha toccato, infatti, molti questioni che hanno sollecitato la sensibilità e le paure interiori dei cittadini: terrorismo, crimine organizzato, traffico di droga, razzismo, tratta degli esseri umani, traffico di armi, sfruttamento dei minori e pedopornografia, criminalità economica e corruzione.

In realtà, l’approccio pragmatico offerto dalla Presidenza svedese ha aiutato gli Stati membri, rappresentati dai responsabili politici, al dialogo e, nei limiti di quanto possibile, ad un inizio di condivisione delle informazioni necessarie all’individuazione degli strumenti più idonei per contrastare i diversi fenomeni devianti.

 

Un Piano europeo per l’anti-corruzione

Per quanto concerne gli aspetti relativi alla corruzione, il Programma ha enfatizzato i seguenti argomenti di interesse:

  • lo sviluppo di parametri comuni di riferimento allo scopo di misurare gli sforzi dei Paesi nella lotta alla corruzione;
  • lo sviluppo di una politica globale sull’anti-corruzione;
  • la lotta all’evasione fiscale ed alla corruzione nel settore privato;
  • l’individuazione degli abusi sul mercato e sull’appropriazione indebita di fondi;
  • le cooperazioni con gli organismi GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione), UNCAC (Convenzioni delle Nazioni Unite contro la corruzione) e OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).

 

Dal punto di vista statistico, in passato, i Paesi dell’Unione non avevano mai concordato una base comune di monitoraggio e di misurazione dei rispettivi sistemi corruttivi nazionali che potevano mettere in risalto l’origine, la diffusione del fenomeno e l’adeguatezza delle normative di settore. Sotto tale profilo dopo le indicazioni contenute nel Programma di Stoccolma, l’Unione ha ribadito, con un piano mirato, l’esigenza di raccolta e di condivisione dei dati ufficiali relativi ai casi di corruzione accertati e perseguiti. Il Piano ha, altresì, previsto la predisposizione di un rapporto biennale sui risultati delle misurazioni nazionali e sull’evoluzione degli impegni assunti nel settore anticorruzione dai Paesi membri. Nel fare ciò l’Unione europea ha considerato, quali fattori di partenza per lo studio sulla corruzione in Europa, quanto stabilito, come segnalatori di rischio, dalla Convenzione sulla corruzione dell’ONU. I segnalatori sono riferiti in particolare alla corruzione dei pubblici ufficiali nazionali, a quella dei pubblici Ufficiali stranieri e funzionari di pubbliche organizzazioni internazionali, alla concussione, al peculato, alla frode, all’abuso d’ufficio e all’appropriazione indebita.

La raccolta informativa nei confronti dei Paesi dell’Unione si è sviluppata attraverso la predisposizione di un Questionario per i Paesi membri, approntato, dalla Commissione Europea, che include richieste di informazioni a carattere generale, circa la registrazione dei dati sulla corruzione separati per ciascun tipo di reato, la prassi di indagine che individua la corruzione sotto altre fattispecie di reato e a  carattere più specifico/descrittivo con la richiesta di dati precisi concernenti il numero di indagini, procedimenti aperti, rinvii a giudizio e assoluzioni finali.

Al momento non tutti gli Stati, pur in presenza di una dichiarazione di consenso alla compilazione del questionario, hanno presentato lo stesso documento in modo completo. La Commissione Europea, sulla base delle risposte ricevute, nell’aggiornare l’elenco degli indicatori, per poi analizzarli con i “crimes experts” e con quelli politici, ha predisposto la prima relazione sulla corruzione nell’Unione Europea (2014). Questo rapporto, nell’evidenziare la diffusione del fenomeno corruttivo in tutti gli Stati membri, mette in luce i diversi approcci di intervento sul fenomeno tra un Paese e l’altro. I Paesi meno colpiti sono quelli che storicamente hanno posto in essere politiche preventive alla corruzione, come l’adozione di codici di condotta ed etici e la possibilità di accedere alle informazioni di pubblico interesse (Freedom of information act- FOIA). Tra gli Stati più deboli si evidenziano quelli che hanno adottato scarse e non coordinate misure di audit interno e disatteso meccanismi che regolano i conflitti di interesse.

Un capitolo a parte riguarda l’integrità morale dei politici. La relazione evidenzia come lo spessore morale dei “rappresentanti del popolo” sia una vera incognita in diversi Stati dell’Unione e il ricorso all’immunità parlamentare un comportamento consolidato non sempre utilizzato in termini di legge.

 

Immunità dei politici – 6^workshop di Vienna sulla condivisione di esperienze

Il concetto di immunità parlamentare appare spesso in contrasto con la lotta alla corruzione pubblica. I parlamentari vengono “schermati” dall’attività giudiziaria anche in presenza di atti che, con mascherata azione legislativa, sono riconducibili ad attività corruttiva. Nel tempo l’immunità parlamentare ha sempre più accresciuto la percezione di privilegio e di impunità dei politici, oltre ad insidiare l’aspettativa dei popoli europei nelle rispettive assemblee legislative, con riflessi importanti anche nel Parlamento europeo.

In realtà, l’immunità parlamentare dovrebbe rappresentare un alto concetto di democrazia: il parlamentare infatti non verrebbe protetto dall’azione penale in quanto tale ma dall’interferenza di altri poteri per finalità diverse.

A tal proposito, il 6^ Workshop organizzato a Vienna, il 16 giugno 2016, dalla Direzione Generale Migrazione e Affari Interni della Commissione europea ha riunito i rappresentanti dei ministeri, della magistratura, del mondo politico e accademico nonché di organizzazioni non governative provenienti da 17 Stati membri, affiancati anche da esperti della Commissione europea e del Parlamento europeo per discutere delle iniziative anti-corruzione e delle prassi più seguite in ambito europeo sulle immunità dei politici.

I lavori del workshop hanno affrontato la tematica delle immunità parlamentari in Europa e le diversità tra le legislazioni nazionali rispetto a quelle europee. Di particolare interesse, il briefing curato da James Hamiltons, che ha introdotto i concetti di “non responsabilità” e di “inviolabilità”: tradizionale distinzione tra il modello inglese e quello francese. Il modello di “non responsabilità” protegge le azioni del parlamentare avendo riguardo all’esercizio del dovere legislativo, quello di “inviolabilità”  tutela le azioni del parlamentare al di fuori del Parlamento anche per le azioni non correlate all’esercizio dei doveri legislativi. Sinteticamente sono stati affrontati i criteri e le linee guida per valutare le due tipologie di immunità. Sebbene non tutte le legislazioni nazionali si approccino al concetto di immunità prevedendo un modello di “inviolabilità” o di “non responsabilità”, ad una attenta analisi, i due archetipi di immunità individuano in quali Paesi sarebbe più opportuno applicare uno anziché l’altro. I risultati hanno messo in evidenza come il modello di “non responsabilità” possa essere introdotto in quelle democrazie ben sviluppate e in possesso di una forte libertà di espressione e di accesso alle informazioni da parte dei cittadini. Al contrario il modello della “inviolabilità” ben si adatta a quei Paesi di “giovane democrazia” le cui istituzioni governative e i partiti necessitano di più protezione (immunità) per acquisire, nel tempo, ampi spazi di crescita culturale e politica.

In relazione all’immunità di cui beneficia il parlamentare europeo emerge che lo stesso è garantito nella sua azione indipendente nell’ambito delle attività del Parlamento dell’Unione. Questa immunità si basa su un doppio sistema: quella assoluta e quella personale. La prima, sancita con norma europea, considera il parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni e tutela la sua libertà di espressione e di voto, la seconda invece lo tutela contro l’arresto o la detenzione ma è basata sulle regole dei rispettivi parlamenti nazionali ed è quindi non uniforme in tutti i Paesi membri. Concludendo, dagli esiti del workshop è emerso come la normativa e le linee guida del Parlamento europeo sull’immunità devono considerarsi innovative e all’avanguardia e comunque migliori rispetto a quelle esistenti, a livello nazionale, in Europa. Esse sono di facile applicazione e interpretazione e hanno trovato  un alto livello di consenso su come gestire l’inviolabilità del Parlamentare.

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