LA CINA LANCIA UNA APP ANTICORRUZIONE

Nella categoria Whistleblowing da su 21 ottobre 2015 0 Commenti

L’anticorruzione cinese ha lanciato una nuova app che consentirà ai cittadini di caricare foto o altri elementi che diano evidenza di mala amministrazione o di un uso non corretto di fondi o veicoli societari alla commissione centrale per l’ispezione disciplinare (CCDI) conosciuta meglio come  il “partito anticorruzione”. Questa ha annunciato sul suo sito web (Google chrome traduce la pagina) che gli utilizzatori possono denunciare casi di funzionari che ricevono fondi pubblici illegalmente o  che utilizzino in maniera non consona mezzi di trasporto ufficiali, così come il pagamento illegale di indennità e contributi oppure regali illegali ricevuti o inviati.

L’app, che si presenta come una piattaforma semplice, consentirà al pubblico di scrivere messaggi di 432 parole e di aggiungere due allegati (foto o video) per un massimo di 5 MB per ogni messaggio.

Il discorso sulle app e sulla denucia anonima su piattaforme web non è così semplice da trattare in materia informatica. Gli esiti dei casi di WikiLeaks e di Snowden sono differenti dal punto di vista delle tecnologie utilizzate. Nel caso di wikileaks si usava una tecnologia web comune e tracciabile mentre nel caso si Snowden è stato fondamentale l’utilizzo di Tor. Quest’ultima è una tecnologia, oramai testata, che consente di non tracciare l’utente che si connette al pc.

Senza approfondire le singole vicende, la semplice citazione dei casi di Snowden, che può pubblicare foto di se sul divano di casa propria e che riesce a continuare nel suo lavoro, per esempio con il caso dei droni (Repubblica del 15/10/2015) o di Assange che è  protetto come un rifugiato politico, evidenzia quanto questi siano diversi da quello per esempio di Bradley Manning, il militare che ha passato le informazioni segrete ad Assange, che dovrà scontare 30 anni di prigione per aver “spifferato” informazioni. Tutto ciò a conferma di come i whistleblower siano tutelati in maniera non uniforme.

Il tema delle diverse  tecnologie a disposizione è molto importante quando si ragiona su come proteggere la fonte delle informazioni e l’eventuale diverso portatore delle stesse. Per capire, proviamo a ragionare su due esempi.

In Kenya per incentivare il whistleblowing si è provato ad utilizzare delle cassette come quella nella foto:

kenyesuggbox

Fonte: An Anti-Corruption Suggestion Box’’ in the center of a square in Kenya

È una semplice cassetta, blindata ed adeguatamente opaca per proteggere i documenti che dovessero venirvi inseriti (la c.d. fonte) che però non può tutelare l’identità della persona che dovesse utilizzarla (portatore della fonte). La persona infatti deve recarsi a piedi davanti alla cassetta stessa ed inserire i documenti a mano, esponendosi agli sguardi di chiunque si trovi nelle vicinanze.

Un secondo esempio è quello del Wall Street Journal, che ha aperto nel 2011 un portale web per le segnalazioni di whistleblowing. Il sito non era stato dotato di adeguata protezione ed era quindi facilmente tracciabile senza SSL ed HTTP sicuro (come evidente dalla foto).  In questo caso non solo non si è protetta la fonte dell’informazione ma neanche l’informazione stessa. Paradossalmente, sotto questo punto di vista, la cassetta Kenyana era molto più sicura.

Wall-Street-Journal-Launches-WikiLeaks-Style-Site

Fonte: WSJ’s Safe House, runned on public internet and even without SSL. “Wall Street Journal faces backslash over WikiLeaks rival’’, The Guardian, Friday 6 May 2011

Il sito è stato chiuso nel giro di 24 ore. Questi due sono esempi palesi di ciò che non ci serve per il whistleblowing.

La democrazia può davvero fare affidamento sulla tecnologia? Dipende se si ha quella giusta.

Le tecnologie di Deep Web o Tor hanno permesso di riportare casi di whistleblowing addirittura di Mafia, come riportato da globaleaks.com, un interessante portale per le denunce di whistleblowing. L’utilizzo della app potrebbe essere virale ed avere un significativo impatto. Considerando che il numero di cittadini cinesi ad avere uno smartphone è circa il 34 % della popolazione totale (450 milioni di persone) di cui il 94% lo usa giornalmente per accedere ad internet ed il 35% degli utilizzatori degli smartphones lo usa molte volte per brevi sessioni, il format della app che comprende foto, brevi video e messaggi è azzeccato perché non richiede molto tempo allineandosi alle fasce descritte sopra.

Riferimenti

http://www.ibtimes.com/china-unveils-anti-corruption-app-asks-public-upload-pictures-corrupt-officials-1972563

Repubblica del 15/10/2015 Usa, un nuovo Snowden svela i segreti dei droni: “Anche civili tra obiettivi da eliminare”

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Studio economia internazionale, credo fermamente in questo progetto per una diffusione dell'informazione su tematiche importanti quali l'integrità e la cultura. "Se prima ti ignorano, poi ti deridono, quindi ti combattono. E alla fine hai vinto."

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