Insegnare a far bene: la Dichiarazione di Poznan
L’evidente e dannoso legame fra corruzione, sfiducia sociale e crisi economica è stato rilanciato nei mesi scorsi dalla Dichiarazione di Poznan, un appello alle università di tutto il mondo a proporre programmi di studio incentrati su etica, trasparenza e lotta alla corruzione.
La Dichiarazione, firmata il 26 settembre dell’ anno passato dalle università membre del Compostela University Group (CGU) e successivamente appoggiata dal World Academy of Art and Science (WAAS) e dal World University Consortium (WUC)., si pone il difficile obiettivo di disegnare i tratti di un possibile curriculum universitario che preveda l’introduzione di tali questioni. Il curriculum “potrebbe comprendere approcci educativi complementari, come ad esempio la diffusione di dati tangibili, seminari che trattano valori ed etica, e casi di studio” e si suggerisce più specificamente:
1. La presentazione di dati sulla “forte correlazione tra i livelli di corruzione, la fiducia sociale da un lato e la salute e lo sviluppo dall’altro”;
2. L’aumento della consapevolezza della legislazione in materia di anticorruzione sia interna sia nei trattati internazionali;
3. L’organizzazione di “seminari di discussione riguardanti quali valori e quali norme vogliamo che governino le nostre interazioni sociali, e che cosa significano in particolari situazioni”.
Il portale online della Dichiarazione contiene link ai vari casi studio, a documenti e a strumenti di “e-learning” per facilitare il raggiungimento dei suoi scopi.
Alla base della stesura della Dichiarazione, l’idea che se la maggioranza dei laureati “ha ricevuto una formazione orientata ai concetti di anti-corruzione, etica e di imparzialità, è possibile che la fiducia sociale e il capitale sociale siano promossi, portando ad un circolo virtuoso, da cui la salute e lo sviluppo nazionale si troverebbe a trarre beneficio”. A questo proposito, occorre però porre l’attenzione su un fondamentale aspetto: è sì necessario insegnare valori comunemente ritenuti “giusti”, ma allo stesso tempo è ancor più necessario insegnare ai giovani ad affinare le loro capacità di pensiero critico, essendo questa una parte essenziale dell’istruzione universitaria.
Accanto agli strumenti più squisitamente didattici, il documento sostiene la necessità e l’urgenza di agire più aggressivamente per sradicare la corruzione all’interno delle università stesse. Queste ultime devono, per dirla all’inglese, “talk the talk and walk the walk” (più fatti, meno parole), “garantendo l’imparzialità nella didattica, nella valutazione degli studenti, nella ricerca e le questioni riguardanti il conferimento
delle lauree, dell’occupazione e delle promozioni si devono basare su criteri legittimi, trasparenti e obiettivi”.
Gli studenti, specialmente quelli universitari, emergono come i più sensibili a queste forme di ipocrisia. Risulterebbe dunque controproducente l’offerta di un certo curriculum in ambienti in cui l’imbroglio e il plagio sono all’ordine del giorno o sono diffuse altre forme di disonestà.
È questo solo un buon punto di partenza che può portare al coinvolgimento di altri stakeholders, organizzazioni e associazioni di giovani che già combattono quotidianamente la corruzione, per una più efficace collaborazione con le istituzioni scolastiche. Se l’istruzione è l’arma più potente, usiamola!
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