BRASILE IN PIAZZA. LA CORRUZIONE SI VESTE DI GIALLO-VERDE

Nella categoria Estero da su 19 marzo 2015 0 Commenti

Una trama di fili giallo-verdi si è tessuta il 15 marzo nella città di San Paolo, Brasile. Quella mattina, un milione di persone si è svegliato. Avrà stropicciato gli occhi, sarà sceso dal letto e dopo un attimo di stordimento avrà sostituito ai ricordi dei sogni della notte appena trascorsa, la chiarezza della giornata che lo aspettava. Probabilmente quel milione di persone avrà fatto colazione, nutrendosi di forza e determinazione. La cosa certa è che si è poi avvicinato all’armadio e ha indossato la maglia nazionale. Cosi, vestito di amore per il proprio Paese, è uscito di casa e si è riversato in piazza e, come neanche un tappeto potrebbe fare, ha coperto le piazze e le vie di San Paolo, esattamente come in una finale dei mondiali di calcio. Peccato che domenica non  sia stata giocata alcuna partita (calcistica) dal Brasile. Piuttosto, domenica è stata giocata una partita ben più importante, dove il premio conteso era l’onore del proprio Paese contro l’avversario numero 1 delle economie globali, la corruzione.

Non è sicuramente un momento facile per il Brasile: l’economia ha rallentato e l’inflazione mette a dura prova i cittadini. Se pensiamo che a questo si aggiunge un aumento dei fenomeni corruttivi all’interno di aziende controllate dallo Stato, allora possiamo capire il fervore del popolo.

Al centro delle loro richieste c’è l’impeachement dell’attuale capo del Governo Dilma Rousseff per lo scandalo dell’azienda petrolifera brasiliana Petrobras. Rousseff non è indagata in alcuna fase del processo ma essendo stata a capo dell’azienda nel periodo a cui fanno riferimento i fenomeni corruttivi, la popolazione non riesce più a riporre fiducia nella sua autorità.

È passato un anno ormai dall’esplosione del caso della Petroleo Brasileiro, meglio conosciuta come Petrobras.

Giorni fa, leggendo i giornali, mi è caduto l’occhio su quello che era lo slogan della Petroleo Brasileiro al tempo:        “O petroleo è nosso”. Non nascondo che l’assonanza e il tema hanno destato in me dei collegamenti particolari, una sorta di stream of consciousness joyceiana che mi ha portato in Sicilia.

La traduzione di questo Slogan è “il Petrolio è nostro”. Mi ha colpito il commento del giornalista, di cui purtroppo ora non ricordo il nome. Egli si è meravigliato del coinvolgimento dei managers all’interno dell’azienda. Mi spiego. Ognuno, anche chi non ha particolari conoscenze manageriali, può immaginare e/o facilmente comprendere come uno dei compiti fondamentali del management, almeno una volta raggiunta la stabilità nel settore di riferimento, sia quella di integrare le differenti parti di cui si compone e che sono state precedentemente differenziate al fine di agevolare lo svolgimento del business. Integrare vuol dire dunque dare coesione e creare unità, tramite il coordinamento di una forte leadership. Ma cosa ben più importante è la condivisione da parte di ciascuno dell’obiettivo dell’azienda. Perseguire l’obiettivo primo (e ultimo) dell’azienda implica un agire di tutti nella stessa direzione, nonostante spesso gli interessi personali divergano. Ed è ovvio che tale comportamento debba essere trasmesso dai top managers.

Bene, sembra quasi che i managers della Petrobras si siano confusi e abbiano assimilato tale slogan tanto da distorcerne il senso.  “il Petrolio è nostro”. Talmente “loro” da destinare miliardi di euro in Svizzera, sotto forma di tangenti.

Nei giorni scorsi c’è stato qualche passo avanti, frutto del patteggiamento tra l’ex manager di Petrobras, Pedro Barusco e il pm: è stato, infatti, fatto rientrare l’equivalente di 45 milioni di dollari dalle banche svizzere, quanto era stato pagato in tangenti allo stesso Pedro Barusco. Quest’ultimo avrebbe confessato che il passaggio di mazzette sarebbe iniziato nel 2003.

Poco dopo è seguito l’annuncio della presentazione di un pacchetto di misure anti-corruzione che dovrebbero far fronte agli scandali passati e prevenire comportamenti illeciti in futuro.

Non basta al popolo brasiliano. È arrabbiato. Ma in modo maturo, pacifico, perché sa che la corruzione e lo sporco della società può essere combattuto solo con la trasparenza, la cultura e l’integrità. Uomini e donne sono scesi in piazza, a San Paolo e in altre 83 città. E lo continueranno a fare, nonostante l’inflazione, nonostante un’economia in crisi, nonostante la povertà della maggior parte di loro, fino a quando quella maglia non riacquisterà il valore e l’onore che si merita.

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Studentessa di Business Administration all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, 23 anni. Ancora non so chi sarò da grande. Per ora mi appassiono a tutto ciò che riguarda eticità, trasparenza ed integrità; sperando di poterne fare, un giorno e in qualche modo, il mio lavoro.

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