La metro C resta un’utopia. Mega appalti di Mafia Capitale

Nella categoria Maladministration e sprechi da su 15 dicembre 2014 0 Commenti

La metro C a Roma. Per tutti un’utopia, un sogno. Cercare di elevare Roma allo stesso livello delle altre città europee in quanto a collegamenti. “Ma dove andiamo noi? mica possiamo fare un’altra metro! Si sa che a Roma, ovunque scavi, trovi resti antichi” oppure sui giornali ” La metropolitana di Roma è divenuta un luogo leggendario anche a livello internazionale”. E invece da un po’ di mesi che si sente parlare al tg del progetto di questa fantomatica metro C. “Mha” penso ” incredibile che ci stiano davvero pensando, adesso, nel 2014. Che sarà cambiato?”

E niente, non si poteva pensare davvero che la metro C fosse frutto di genuini sforzi pubblici, trasparenti e in linea con un certo iter amministrativo. Eh no, perchè le mani di Mafia Capitale sono arrivate anche lì, sulla più grande opera pubblica italiana, già costata 3.7 miliardi di euro. Il business della metro C è il risultato dell’incontro tra la criminalità romana e le mafie tradizionali. La prima guidata da Carminati, Brugia e Buzzi; la seconda vede le ‘ndrine. I due insieme nel gestire questo mega appalto, in cui sono coinvolte centinaia di ditte incaricate di gestire i 5000 subappalti.

Ma vediamo come nasce questa alleanza.

2009. Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero vengono convocati in Calabria da Salvatore Buzzi (“braccio sinistro” di Carminati nonchè capo di una serie di cooperative del settore terzo) al fine di chiudere affari con i Mancuso, famiglia che ha il predominio criminale sulla provincia di Vibo Valentia e considerata la cosca più potente in Calabria. Ma il giro di affari si estende anche alla cosca Piromalli, ‘ndrina calabrese di Gioia Tauro.

Do ut des. 

Ed è qui che si inserisce un business che, secondo Buzzi, fa guadagnare più della droga: l’accoglienza. Buzzi e la sua Cooperativa hanno gestito per molti anni il Centro di Accoglienza richiedenti asilo, istituito dal Ministero dell’Interno. Tale struttura è nata per sopperire al sovraffollamento del Centro di permanzenza temporanea di Crotone. Tale appalto era di circa 1 milione e 300 mila euro per l’accoglienza di 240 immigrati. Buzzi quindi avrebbe chiesto protezione calabrese. In cambio sarebbe statao garantito alla ‘ndragheta l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino a Roma.

Da alcune intercettazioni si sente Buzzi lamentarsi con Carminati per questa concessione. Ma l’ex Nar non lo fa continuare:

 «Tu sei stato là per cinque anni, ti hanno rispettato e non ti hanno toccato. Ora tocca a loro venire qua. E comunque, in quella rete là comandano loro, in questa rete qua comandiamo noi.»

Do ut des. 

Per ricucire il filo di alleanze alla base dell’appalto per la metro C, bisogna partire dall’Arc Trade, il cui fallimento ha portato alla luce uno svuotamento complessivo e costante di denaro per 15 milioni e 400 mila euro. L’Arc Trade, con a capo il commercialista Marco Iannilli, era stata costituita appositamente per ottenere appalti illeciti da parte di Selex Sistemi Integrati, grazie al pagamento di tangenti a Lorenzo Cola, ex-consulente “globale” di Finmeccanica. Azionista dell’Arc Trade è Lorenzo Marronaro che ha iniziato ad intessere rapporti con Carminati ed  entrare contemporaneamente nei giri dei subappalti della metro C, tanto che suo cugino, Maurizio Marronaro, è Presidente del consorzio Stabile Roma Duemila, vincitore di appalti per 16 milioni di euro, in Ati con la Marcantonio Spa. Quest’ultima ha il suo quartier generale proprio  nello stesso complesso dell’Arc Trade.

Non finisce qui. Pare anche che la Marcantonio Spa e il Consorzio Stabile affidino subappalti alla Palma srl, legata al clan siciliano dei Faruggio. La Prefettura di Roma è dovuta intervenire per bloccare i lavori tramite interdittive antimafia.

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Studentessa di Business Administration all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, 23 anni. Ancora non so chi sarò da grande. Per ora mi appassiono a tutto ciò che riguarda eticità, trasparenza ed integrità; sperando di poterne fare, un giorno e in qualche modo, il mio lavoro.

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