OCSE: report sulla Turchia

Nella categoria Estero da su 18 dicembre 2014 0 Commenti

Il 2 dicembre scorso la task force sulla corruzione dell’OCSE ha pubblicato il suo terzo report sulla Turchia, una valutazione degli sforzi fatti dal paese per implementare la Convenzione Anti-Corruzione dell’organizzazione stessa. L’intero documento è dominato da un forte criticismo verso l’inazione in ambiti come il controllo e la persecuzione di atti di corruzione estera. Malgrado le dimensioni e il grado di apertura del paese, infatti, la Turchia vanta solo sei indagini su casi di corruzione estera e nessuna condanna nei 14 anni trascorsi da quando la Convenzione è entrata in vigore.

Accanto alla questione estera, si aggiungono altre tre importanti aree di azione segnalate dal report, meritevoli di grande attenzione: l’ambiguità delle leggi in materia di responsabilità d’impresa; l’inadeguatezza dei sistemi di protezione dei whistleblowers; le recenti controversie riguardo il rafforzamento delle misure domestiche anticorruzione.

Evitando di scendere nei dettagli giuridici in merito al primo punto, rimane aperta la questione riguardo un emendamento al Codice Penale turco che aggiungeva un articolo (art. 43/A) sulla responsabilità criminale d’impresa, successivamente cancellato dalla Corte Costituzionale.

La seconda preoccupazione sollevata dagli esperti OCSE riguarda l’assenza di un meccanismo legale di protezione dei whistleblowers sia nel settore pubblico che in quello privato. Mentre le autorità sostengono che i principi legislativi in materia di lavoro proteggono chi denuncia da qualsiasi forma di ritorsione, in realtà queste disposizioni non sono propriamente disegnate su misura del particolare caso di whistleblowing che necessita protezione. La Turchia dovrebbe in tal senso introdurre specifiche previsioni di legge per mantenere la loro identità confidenziale.

Ultima, e forse più interessante, è la preoccupazione che i procedimenti nei casi di corruzione estera possano essere politicizzati. Questa attenzione finale riguarda principalmente la gestione delle indagini su episodi di corruzione domestica che hanno avuto notevole risonanza mediatica. A seguito degli eventi del dicembre 2013, infatti, si è assistito ad un rimescolamento di ufficiali di polizia e pubblici ministeri immediatamente successivo il verdetto di non prosecuzione delle indagini per 96 individui presumibilmente coinvolti nello schema di corruzione. La task force si dice insoddisfatta delle giustificazioni proposte dal governo turco ed ha perciò sollevato questioni sull’indipendenza e l’imparzialità del sistema giudiziario in Turchia.

Cosa concludiamo da tutto questo?

Qualsiasi siano state le ragioni per cui il paese ha così poco lavorato per conformarsi alla Convenzione, è bene che inizi quanto prima per trarne i più ampi benefici ed evitare una perdita di reputazione nel violarla apertamente sulla scena internazionale. L’atteggiamento che il governo ha adottato dopo la pubblicazione dei primi due report, suggerisce un cauto ottimismo perché questo terzo apporti cambiamenti positivi.

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Ho 22 anni e studio Economics perché mi ha sempre affascinato lavorare in ambito accademico o nella ricerca. Ammetto anche di possedere una certa “sana” ambizione, che spero mi porterà davvero lontano. Scout da una vita, corro sempre qua e là tra i vari impegni. Sono appassionata di viaggi, musica, libri e soprattutto cibo. “A che serve avere le mani pulite, se poi le teniamo in tasca?”

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