La recensione del saggio di Antonio Molinari “Search Funds – Un nuovo strumento a sostegno della piccola impresa”, edito da Guerini Next, aiuta a comprendere che cosa siano questi nuovi strumenti di sostegno delle piccole aziende. A cura di Filippo Cucuccio.
Antonio Molinari “Search Funds – Un nuovo strumento a sostegno della piccola impresa e del rinnovamento imprenditoriale” Guerini Next Milano 2019 pagg.183 E.28,00
In Italia sono sicuramente in pochi a conoscerlo e in numero ancora inferiore a utilizzarlo. Si sta qui parlando dei search funds, uno strumento che nell’attuale fase di ripensamento del modello di impresa (un dibattito, a cui non è estraneo il nostro Paese) centrato sul rinnovamento della struttura aziendale e sulla creazione di nuove imprese e di nuovi imprenditori, può rivelarsi come soluzione interessante al problema ricorrente di coniugare efficacemente capacità e competenze imprenditoriali con la disponibilità di capitali. Una soluzione, che ha visto le sue prime sperimentazioni sul campo negli Stati Uniti già nel secolo scorso poco prima della metà degli anni ’80, con risultati più che soddisfacenti.
In quel contesto i search funds si sono proposti come uno dei possibili strumenti a sostegno e valorizzazione di piccole imprese spiccando, sia per la propria originalità (l’idea viene maturata in ambiti accademici particolarmente qualificati); sia per l’efficacia competitiva, quale reale possibilità offerta a giovani imprenditori di realizzare il proprio sogno. Un sogno, la cui realizzazione passa attraverso l’identificazione di adeguate opportunità di investimento da acquisire con l’aiuto di un gruppo di partner finanziari; anche ridando vitalità a realtà aziendali preesistenti segnalate in progressivo declino.
Da questa, sia pur sommaria, descrizione dei search funds si può, comunque, intuire la differenza di questo strumento rispetto ad altre soluzioni maggiormente conosciute, quale lo SPAC (Special Purpose Acquisition Company) perché nei primi il soggetto che effettua la ricerca di capitali è il medesimo che, poi, si impegna a gestire e sviluppare l’impresa acquisita. Un tratto caratteristico differenziale si riscontra anche con le start up, in quanto per i search funds l’investimento di competenze e capitali avviene, come ricordato, su imprese già funzionanti e che sono al di fuori degli obiettivi dei comuni fondi o di altre strutture equivalenti di acquisizione e di investimento di capitali.
Chi volesse saperne di più sui search funds può ora attingere a un interessante libro di Antonio Molinari, un manager che si occupa di corporate e investment banking presso Citi Bank. Al lettore sono offerte pagine che illustrano in modo chiaro ed efficace le diverse fasi attraverso cui si articola la loro operatività: dalla raccolta del capitale iniziale, all’individuazione delle società target, alla conclusione della trattativa di acquisto dell’impresa, ai successivi momenti di gestione e sviluppo del valore dell’azienda acquisita. Per, poi, giungere all’ultima fase, quella della cessione dell’azienda così sviluppata.
L’autore, tra i primi in Italia ad approfondire adeguatamente questo tema, oltre ad una valutazione sintetica delle esperienze di oltre Atlantico, si sofferma sui casi di search funds presenti in Italia (8 all’inizio dello scorso anno) individuando le potenziali leve da attivare per un loro maggior sviluppo nel nostro Paese. Un approccio sicuramente affascinante, considerando, da un lato la tipologia del tessuto imprenditoriale italiano costituito in larghissima misura da micro e piccole imprese; dall’altro, sia la necessità, ormai indifferibile nel nostro Paese, di un deciso rinnovamento della classe imprenditoriale, sia, infine, il crescente impatto dell’innovazione tecnologica.
Completano il volume una stimolante introduzione di Fabio Sattin, presidente esecutivo di Private Equity Partners, e un capitolo conclusivo di Marco Franzini, senior executive partner dello Studio Eversheds Sutherland, che con le sue considerazioni di natura legale, chiarisce la natura privatistica di questo strumento, le sue possibilità di adattamento all’ordinamento giuridico italiano e, da ultimo, la loro problematica centrale: la necessità continua per il promotore/imprenditore di comporre il crescente disallineamento tra il proprio interesse e quelli dei co-investitori, normalmente e comprensibilmente focalizzati sulla cessione dell’azienda e sull’entità della redditività dell’investimento effettuato.