Corruzione e appalti nella dimensione sovranazionale: Spunti di riflessione. A cura di Marzia Massenio, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Gli appalti pubblici e, più in generale, i contratti in cui sia parte la pubblica amministrazione rappresentano uno dei settori maggiormente esposti al rischio corruttivo, in considerazione dei consistenti flussi finanziari generati e della stretta interazione tra settore pubblico e privato. Infatti, come evidenziato nella Relazione annuale sull’attività svolta dall’ANAC presentata al Parlamento lo scorso 6 giugno, nel 2018 il valore complessivo degli appalti di importo pari o superiore a 40.000 euro per i settori ordinari e speciali si è attestato attorno ai 139,5 miliardi di euro.
A livello internazionale si registrano importanti interventi al fine di individuare soluzioni efficaci di contrasto alla corruzione, soprattutto in un’ottica preventiva.
In particolare, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC), entrata in vigore il 14 dicembre 2005 e ratificata dall’Italia con la L. 116/2009, riveste, a livello mondiale, un importante ruolo nel sistema della prevenzione e repressione della corruzione. Gli Stati che l’hanno attualmente adottata, infatti, sono 186.
Secondo tale Convenzione, la corruzione negli appalti pubblici può assumere le più svariate forme: innanzi tutto, essa può consistere nell’offerta o la promessa, diretta o indiretta, di beni e utilità capaci di influenzare l’operato del pubblico ufficiale nella fase di selezione o esecuzione del contratto.
In secondo luogo, la corruzione potrebbe dar vita a condotte di falsificazione di documenti o fatti allo scopo di influenzare il processo di selezione o esecuzione dell’appalto; parimenti, potrebbero verificarsi fenomeni collusivi tra le imprese partecipanti alla gara, al fine di fissare prezzi a livelli non competitivi.
Infine, la corruzione potrebbe derivare da condotte volte a danneggiare le persone o i loro beni, per influenzare la partecipazione delle prime alla procedura di evidenza pubblica ovvero l’esecuzione del contratto.
Anche la Convenzione OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni internazionali fornisce un insieme di strumenti e misure per rendere più efficace la lotta alla corruzione negli appalti pubblici.
Giova, infatti, considerare che l’Italia ha firmato e ratificato la Convenzione con la L. n. 300/2000 e partecipa al Working Group on Bribery (WGB), ossia il Gruppo di lavoro sulla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri costituito in seno all’OCSE.
Per l’OCSE, dunque, nel sistema degli appalti pubblici il fenomeno corruttivo spesso deriva da situazioni di conflitto di interessi, da condotte di abuso e manipolazione delle informazioni riservate, nonché da abusi delle risorse organizzative e del processo di approvvigionamento. Pertanto, essa finisce per insinuarsi in tutte le fasi della gara pubblica: procedimentale, negoziale ed esecutiva.
A livello europeo (ma non solo, in quanto è aperto anche a Stati non europei) un ruolo di controllo è assunto dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), istituito nell’ambito del Consiglio d’Europa per aiutare gli Stati membri a contrastare la corruzione, attraverso un meccanismo di valutazione reciproca tra gli Stati che vi fanno parte (peer review).
Del resto, anche la Commissione Europea ha provveduto all’istituzione di un organo di contrasto delle frodi, della corruzione e di qualsiasi attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità Europea, ossia l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
Gli appalti pubblici, infatti, rappresentano una parte significativa delle economie nazionali dell’UE, per cui il relativo settore è regolamentato da un quadro legislativo in continuo adeguamento alle esigenze del mercato. Ciononostante, esso si rivela spesso insufficiente ad evitare le pratiche corruttive e le infiltrazioni della criminalità organizzata.
I maggiori rischi, per vero, si verificano non solo nelle fasi precedenti all’offerta, ma anche nella fase successiva all’aggiudicazione.
Nel primo senso, basti pensare alla suddivisione delle gare d’appalto in gare più piccole per evitare procedure concorrenziali; ai conflitti d’interessi concernenti sia i funzionari preposti alle gare d’appalto che le amministrazioni aggiudicatrici di livello superiore; l’uso ingiustificato di procedure di emergenza o i casi di esenzione dall’obbligo di pubblicazione del bando. Anche il ricorso a procedure di aggiudicazione negoziate e dirette può, in alcuni casi, essere finalizzato ad aggirare gli obblighi della procedura concorrenziale, con conseguente aumento del rischio corruttivo.
Nella fase successiva all’aggiudicazione, invece, vengono in rilievo i casi in cui, ad esempio, si apportino modifiche non adeguatamente giustificate ai contratti ovvero il pagamento di tangenti.
In tale complesso scenario, dunque, l’individuazione di validi strumenti di contrasto alla corruzione spesso rappresenta la risposta ad istanze di tutela di derivazione sovranazionale. Pertanto, si rende necessaria una visione complessiva del settore degli appalti pubblici nell’Unione europea e, al contempo, una definizione omogenea di corruzione in ambito nazionale e internazionale, al fine di ottenere un sistema di prevenzione e repressione chiaro e coerente.
In quest’ottica, la trasparenza assume un ruolo centrale: la libertà di accesso alle informazioni contribuisce a rendere la governance più responsabile. Nei settori particolarmente a rischio, come gli appalti pubblici, la divulgazione tempestiva di dati facilmente consultabili può eliminare le opportunità di corruzione e consentire un controllo civile sulle decisioni ad impatto finanziario elevato.
Parimenti, una protezione giuridica efficace degli informatori (whistleblowers) e la presenza di organi di stampa indipendenti sono componenti essenziali di un quadro anticorruzione efficace anche a livello sovranazionale.
Sempre più numerose sono le proposte, recentemente avanzate, di una nuova legislazione europea, allo scopo di istituire un sistema più efficiente che garantisca lo svolgimento di gare d’appalto aperte e altamente pubblicizzate.
Un ruolo altrettanto importante è assolto dai sistemi di monitoraggio, i quali potrebbero essere rafforzati attraverso il ricorso a segnali di rischio (red–flags); ci si riferisce a quegli indicatori capaci di rilevare una situazione rischiosa, in virtù della probabile verificazione di fenomeni corruttivi che comporta (ad es. la breve durata di una procedura d’appalto).
Pur prediligendo un sistema preventivo, sarebbe opportuno garantire interventi anche di tipo deterrente attraverso, ad esempio, la previsione di procedimenti penali efficaci a carico dei corrotti e corruttori, processi equi e una rigorosa applicazione delle sentenze di condanna.