La legalità nella sanità, un’utopia? Il decalogo dell’ISPE Sanità. A cura della Dr.ssa Beatrice Furia, Discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.

 

Il settore sanitario nazionale è al centro della bufera mediatica, e sicuramente al centro dei pensieri di coloro che cercano di contrastare con tutte le proprie forze fenomeni corruttivi, ormai da tanto tempo, forse troppo. Che questo sia un settore ormai logoro, soggetto sempre più all’attenzione di persone senza scrupoli e senza integrità morale, che cercano spazi di profitto a discapito di coloro che operano nella legalità, è oramai un dato di fatto; ma per quale motivo? Perché è un terreno così fertile per l’illegalità? In primo luogo è uno dei settori più importanti sotto il punto di vista economico, incidendo di circa il 7% sul PIL nazionale, e quindi soggetto all’interesse degli operatori del mercato, soprattutto di quelli che ambiscono senza scrupoli ad acquisire rendite di posizione o ad accaparrarsi contratti di fornitura senza rispettare le prestabilite regole; in secondo luogo il SSN dà lavoro a circa 700 mila persone alle quali ci sono da aggiungere quelle che operano nel settore privato e nella filiera del farmaco; inoltre la sanità opera su un terreno vastissimo, in strutture che richiedono continue manutenzioni, frequenti aggiornamenti delle tecnologie e costanti contatti con le industre ; non è infine da trascurare la rilevanza dei conflitti di interesse, “condizione nella quale l’interesse primario di un professionista – ossia la salute del proprio paziente – viene influenzato da un interesse secondario, come ad esempio un guadagno economico o un vantaggio personale”. Il problema fondamentale di questa condizione è proprio il fatto che è diventata con il tempo una cosa naturale ed è proprio per questo motivo che l’intervento pubblico dovrebbe promuovere comportamenti disinteressati ed evitare che il tornaconto personale prevalga sull’interesse del paziente, impedire che la massimizzazione del profitto sia realizzata a discapito dei più deboli.

 

Quali sono le conseguenze? Tutto ciò ha ovvi effetti devastanti sulla sanità, in quanto si sottraggono risorse fondamentali all’assistenza andando ad incidere negativamente sull’offerta delle prestazioni e servizi sanitari, con indirette conseguenze sulla salute dei cittadini; appalti e gare truccati possono far sì che all’interno delle strutture vi siano macchinari o materiali di scarsa qualità, questa volta con dirette conseguenze sulla salute dei cittadini; per non parlare del danno economico, dato che vengono distolte risorse che dovrebbero essere destinate alla cura delle persone; il costo del servizio aumenta, le condizione della concorrenza vengono alterate e si favoriscono i comportamenti sleali degli imprenditori.

Come si può prevenire? L’oramai ex ministro della salute Beatrice Lorenzin, poco prima della fine del suo mandato, aveva fatto un punto sulle iniziative messe in campo per la trasparenza in sanità, affermando: “Contro la corruzione in sanità abbiamo messo in campo negli anni nuovi ed importanti strumenti. Uno è la legge sulla nomina dei direttori di Asl e ospedali, che prevede una selezione altamente meritocratica e ha tra gli elementi di decadenza dall’incarico la inottemperanza delle liste d’attesa, l’altra è l’inserimento di un responsabile dell’anticorruzione all’interno delle strutture sanitarie, cosa che ha creato una rete attiva di persone deputate ad affrontare il problema”.

Secondo l’ISPE, l’Istituto per la Promozione dell’Etica in Sanità, il quale ha concentrato negli ultimi anni tutti i suoi sforzi nel fare formazione etica e valoriale sul campo, “curando” corruzione, sprechi ed inefficienze in ambito sanitario, una nuova idea di anticorruzione dovrebbe fondarsi su cinque parole chiave: Integrità, Governance, Merito, Competenza e Rete. Dopo essersi confrontata con dirigenti e operatori di Asl e AO di una gran parte dei venti Sistemi sanitari regionali impegnati ad adempiere le direttive della legge 190 del 2012, l’ISPE è giunta alla conclusione che l’anticorruzione è possibile ovunque, andando a formulare i cosiddetti LEA, Livelli Essenziali Anticorruzione ed andando a redigere uno strumento operativo di riflessione per la sanità italiana in riferimento a corruzione, sprechi e inefficienze.

“Lavorando fianco a fianco con gli operatori sanitari, abbiamo raccolto ed elaborato alcune best-practies, mettendole a sistema e formalizzandole in un Decalogo: 10 proposte di ‘Livelli Essenziali Anticorruzione’”.

Tra le loro proposte, la costruzione di un unico ufficio controlli coordinato, l’attuazione del whistleblowing, l’implementazione di reti responsabili per la prevenzione della corruzione e trasparenza, una gestione più efficace del conflitto di interessi, l’avvio di programmi di formazione, l’istituzione di iniziative per rafforzare trasparenza e reputazione e costruire una “leadership etica”.

La premessa al decalogo è “il superamento dell’idea che l’anticorruzione sia percepita come un sistema ispettivo da subire o un orpello amministrativo” a favore della “consapevolezza che un’altra anticorruzione è possibile”.

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