Il leader “buono”. L’esempio come primo presidio della prevenzione della corruzione. A cura di Dr. Valerio Petrella, discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.
Il leader è colui che sa guidare un gruppo di persone (comunità); è colui che conduce il team al raggiungimento della mission; è leader colui che ha obiettivi chiari da raggiungere e li condivide con gli altri stakeholders per perseguirli.
Leader, quindi, non è un concetto narcisistico, non è legato al ruolo attribuito ex lege alla persona, non è uno status quo fermo nel tempo. Esso è invece un concetto dinamico e fluido, legato a quello che si fa e, soprattutto, a come lo si fa. Tale considerazioni fanno sì che il termine leader sia oggi mutuato dal management, ed esteso a qualsiasi ambito della nostra vita (in azienda come in famiglia).
Seppur in gruppi/comunità differenti, ritroviamo tuttavia sempre gli stessi caratteri distintivi del leader e della leadership. Questa, infatti, consiste nell’interazione di coloro che in un gruppo/comunità occupano la posizione più elevata, influenzando – attraverso azioni – i singoli membri a modificare il loro comportamento. Ma l’influenza sociale può avvenire solo con l’esistenza di una relazione, solo se il leader ha dei seguaci/followers: senza seguaci non ci possono essere leader.
Se non ha followers, il leader è imposto (per legge, per ruolo o per qualifica), e – sovente – non è riconosciuto dal gruppo/comunità di riferimento, che definiamo come insieme di persone aventi in comune origini, tradizioni, lingua e rapporti sociali in modo da perseguire fini comuni. I membri di una comunità sono infatti liberi e, come tali, vanno rispettati, nella libertà di scegliere se e chi seguire.
La leadership quindi non si sostanzia soltanto in un privilegio – associata a un fattore economico, di potere, di comando, di supremazia – è responsabilità di guidare un gruppo/comunità che lo ha riconosciuto.
Se il leader adotta uno stile autocratico, esercita il proprio potere in virtù della posizione che ha e del ruolo che ricopre in azienda, si snatura, si allontana dalla definizione proposta. Diventa colui che impone le proprie decisioni solo perché può farlo, solo perchè riveste un determinato ruolo; ed è allora che la parola capo coincide con la parola leader. Ma non è detto che tutti i capi siano leader. Ed infatti non tutti coloro che sono a capo di un ufficio, di una divisione, sono leader, semplicemente perchè non hanno le caratteristiche di leadership.
Come un gruppo di persone che lavorano assieme non è automaticamente un team, una persona che comanda in modo non coinvolgente, non carismatico e senza autorevolezza difficilmente risulterà per il gruppo di lavoro un leader, sarà solamente un capo.
Il Leader è colui a cui gli altri guardano per conoscere la strada; il capo è stabilito da un organigramma.
La leadership la possiede colui che naturalmente conquista un gruppo di persone diventandone, per riconoscimento, un esempio o una guida. Un riferimento.
La Leadership è un processo di influenza sugli altri componenti di una comunità, per far loro comprendere e accettare le decisioni che devono essere prese e le azioni che devono essere intraprese, facilitando gli sforzi individuali e collettivi per il raggiungimento di un obiettivo comune.
Siamo Leader se abbiamo dei followers, se siamo naturalmente e liberamente scelti come modelli da imitare o esempi da seguire per la realizzazione di un progetto, per il raggiungimento di uno scopo (come la mission aziendale), come esempi etici di vita pubblica o privata.
All’interno di un gruppo/comunità ogni stakeholder manifesta un proprio interesse; il buon Leader riesce a canalizzare gli interessi particolari di ognuno – compreso il suo – (secondari) in un interesse superiore (primario), stimolato da uno scopo comune, per il bene di tutti.
Infatti il leader si fa carico della responsabilità di guidare un gruppo di persone non per un proprio fine personale, stimolando gli appartenenti al gruppo/comunità al raggiungimento di un fine condiviso.
Nel lavoro il Leader è colui che ha le competenze oppure la conoscenza di chi ha le competenze. Sa come condurre un gruppo di persone all’interno di un progetto e le guida nella collaborazione per il suo compimento.
Grazie alla competenza la Leadership viene esercitata con saggezza (la prima virtù etica), valutando in modo corretto, prudente e equilibrato le varie opportunità, optando di volta in volta per quella più proficua secondo la ragione e l’esperienza. Ed ecco che la saggezza nella leadership diventa responsabilità nei confronti propri e del gruppo/comunità, tendendo, quindi, al bene comune.
In questo modo il leader è “buono” e si distingue, in primis, per integrità e per capacità di perseguire, nel rispetto del bene comune, gli obiettivi condivisi della comunità di riferimento (la mission).
L’integrità viene raggiunta dal leader quando riesce ad allineare gli obiettivi – sia propri che della comunità che rappresenta – con i propri valori etici.
Ed ecco che quando il leader dimostra integrità attraverso azioni visibili allineate, diventa un esempio per tutti i componenti della comunità. Perseguendo tale modello virtuoso, il leader effettua peraltro opera di empowerment, crea ulteriore leadership intorno a sé ed in questa fase gli stakeholders diventano followers.
Il leader “buono”, infatti, presidia gli standard etici, agisce e persegue obiettivi in linea con il sistema di valori della comunità, tutela il “bene comune” e – soprattutto – è di esempio per il suo gruppo, in modo da diventare “riferimento etico”. E il leader buono diventa “riferimento etico” attraverso l’educazione alla virtù, che è possibile solo all’interno di una comunità (quali un’impresa, una PA o più semplicemente una famiglia), perché – come accennato – solo in essa esistono valori condivisi (l’interesse primario superiore agli interessi particolari o secondari). L’educazione alla virtù da parte del leader si sostanzia nella formazione, nell’attività di controllo, nel sistema incentivante, nella trasmissione di “modelli” ed al loro rispetto (quali il codice di comportamento per i dipendenti pubblici ed il codice etico 231), ma, soprattutto, nell’esempio.
L’esempio è infatti la quintessenza del comportamento etico, condiziona positivamente le azioni altrui senza imposizioni esigibili per norma.
“Dà vita a dei buoni esempi: sarai esentato dallo scrivere delle buone regole” PITAGORA
molto bello questo articolo.
Fa emergere la necessita’ assoluta di buoni esempi.
Esistenze vissute alla luce della attuazione concreta dei valori etici e morali incarnati nella nostra Costituzione.
Tina Anselmi e’ una donna-esempio che ha vissuto trasfondendo i valori etici e morali incarnati nella nostra Costituzione nelle Sua esistenza di donna della Resistenza, votata alla Politica e nell’esercizio delle funzioni istituzionali delicatissime che ha svolto al servizio della Repubblica.
E’ un esempio vivo attuale. Una stella polare per le generazioni future.
Potrei citare tanti altri modelli di esistenza esemplare.
La mia speranza e’ che l’Italia riscopra l’essenza e il valore della esistenza delle persone-esempio, e ce ne sono, per una Italia libera,bella,pulita.