BUROFISCO. CONDONI ED EVASIONE, I RECORD DELL`ITALIA.
Il primo è del 118 dopo Cristo. Autore l’imperatore di origini iberiche Adriano, che rinunciò a riscuotere le tasse ancora non pagate dai cittadini dell’impero nei 16 anni precedenti: 900 milioni di sesterzi. Il sostituto procuratore di Pistoia Fabio Di Vizio, uno dei più esperti magistrati del ramo evasione, riciclaggio & affini, in occasione di un suo intervento alla bolognese InsolvenzFest, organizzata ogni anno dall’Osservatorio sulla crisi d’impresa, ricorda che dall’unità d’Italia a oggi si possono contare 80 (ottanta) condoni fiscali sotto varie forme. Anche la rottamazione delle cartelle esattoriali, a modo suo, può rientrare in questa fattispecie. E per avere un’idea del rapporto fra gli italiani e il fisco – scrive Sergio Rizzo, su La Repubblica del 4 ottobre 2017 alle pagine 1 e 6 – basti dire che neL 2016 erano 21 milioni i residenti con una pendenza aperta a Equitalia: che, in ogni caso, per il 54 per cento di loro, non superava i mille euro.
Il fatto è che all’evasione contribuisce un sistema pubblico obeso e inefficiente che affoga nelle follie burocratiche. Cervellotico e strampalato al punto da imporre a chi vuol pagare le tasse rateizzandole un interesse di dilazione pari al 4,50 per cento, cioè addirittura più alto rispetto a quello di mora a carico di chi le imposte non le paga affatto: 3,50.
E questo semplicemente perché quei tassi sono fissati da due leggi diverse, che nessuno ha mai pensato di rendere coerenti l’una con l’altra. Troppa fatica.
Succede cosi, sottolinea il dott. Di Vizio nel suo studio, che in un Paese nel quale l’economia sommersa vale il 21,1 per cento del prodotto interno lordo e l’evasione fiscale incide per il 24 per cento sul gettito potenziale, siano necessarie mediamente 269 ore l’anno per adempiere a tutti gli obblighi fiscali, contro le 173 della media europea. Mentre il sistema di riscossione fa acqua da tutte le parti, con un inaccettabile balletto l’accertamento e la riscossione.
Dal 2000 al 2016 gli enti creditori hanno affidato a Equitalia 1.135 miliardi di euro da riscuotere: una cifra pari alla metà dell’attuale debito pubblico. Di questi, una parte è stata annullata dagli stessi creditori e una piccola fetta riscossa negli anni, con un residuo contabile che oggi ammonta a 817 miliardi. Ma 147,4 riguardano soggetti falliti, 85 i morti, 95 i presunti nullatenenti, 348 posizioni per cui si è già tentato invano il recupero, 26,2 sono oggetto di rateizzazioni e 32,7 non sono riscuotibili a causa di norme favorevoli ai debitori. Di quella enorme massa, grazie anche al contributo dei ricorsi tributari che hanno visto nel 2016 l’amministrazione soccombente in terzo grado nel 62 per cento dei casi, restano cosi aggredibili 51,9 miliardi, con una previsione di concreto realizzo che si riduce a 29 miliardi. Nella migliore delle ipotesi potrebbe rientrare il 3,5 per cento.
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