LE GRANDI INCOMPIUTE D’ITALIA. CAPITOLO 15, LA PUGLIA

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 1 giugno 2016 0 Commenti

Si avvia verso la conclusione questo viaggio itinerante di anticorruzione.eu all’interno delle opere incompiute più costose d’Italia. A poche puntate dalla fine di questa rubrica ci spostiamo verso il sud della penisola, e più precisamente in Puglia, dove a quanto risulta dall’elenco anagrafico messo a disposizione dal SIMOI (Sistema Informativo di Monitoraggio delle Opere Incompiute)[1] ci sarebbero 81 opere incompiute (di cui due di interessa nazionale). L’elenco, che fa riferimento ai dati raccolti per l’anno 2014, è stato pubblicato il 30 giugno 2015. Vediamo ora quali sono le opere con i costi più alti della regione.

Oltre 34 milioni di euro sono stati preventivati per i lavori di sistemazione idraulica del bacino imbrifero del Capodacqua con utilizzazione irrigua delle acque alte negli agri di Gravina in Puglia e Poggiorsini. Posto che un bacino imbrifero è quella zona che raccoglie le acque piovane che andranno poi a confluire nel fiume, in questo caso il Capodacqua è l’affluente destro del Bradano. I lavori sono fermi al 56,36% e, proprio di fine novembre scorso sono le parole del commissario straordinario del “Consorzio di bonifica Terre d’Apulia” che hanno confermato l’imprevedibilità della ripresa dei lavori[2]. L’imponente progetto di bonifica, che nasce già nel 1985[3] ma che ha avuto un’esistenza lunga e tormentata da imprevisti burocratici, prevede la necessità di altri 15 milioni di euro oltre ai fondi già stanziati.

Sempre il “Consorzio di bonifica Terre d’Apulia” è la stazione appaltante i lavori di costruzioni per scopi irrigui mediante lo sbarramento del torrente Saglioccia, in località Tempa Bianca, in agro di Altamura. Per la diga in questione i lavori sono iniziati nel 1977[4], due anni dopo la consegna dell’appalto, ma ancora sono fermi al 56,20% benché siano stati impegnati oltre 30 milioni di euro. Dal documento del SIMOI risulta che altri 15 sono i milioni che servirebbero per completare l’opera, i cui lavori sono al momento fermi nonostante il Consorzio spenda circa 200mila euro l’anno in custodia, vigilanza, energia elettrica, telefono, manutenzioni[5].

Nel 2002 la giunta comunale di Taranto decide di avviare un “project financing” per ristrutturare lo storico Palazzo degli Uffici, con un investimento minimo previsto di oltre 30 milioni di euro[6]. Il primo stop ai lavori si registra però già nel 2005 a causa del dissesto economico dichiarato dal Comune. Nel 2009, in seguito a un cambio di azienda appaltante, riprendevano i lavori (che però su carta sarebbero dovuti essere terminati entro il 2010). Alcuni imprevisti all’interno delle aziende appaltatrici che si sono alternate dal 2009 (come ad esempio l’indagine della DIA per infiltrazione mafiosa all’interno del Consorzio Aedars, ditta subentrata all’appalto) hanno però di fatto rallentato i lavori che sono ancora fermi al 6,13%. In altri 30 milioni di euro circa è stata valutata la cifra che servirebbe per riprendere e completare una volta per tutte la ristrutturazione del palazzo d’epoca. Recentemente sembra che la situazione si stia sbloccando, dopo che il Palazzo degli Uffici è stato inserito all’interno del Contratto Istituzionale di Sviluppo per Taranto, un atto negoziale sottoscritto dal Ministro per la Coesione Territoriale, d’intesa con il Ministro dell’Economia e Finanze e da altre amministrazioni competenti, con l’obiettivo di eseguire interventi prioritari di sviluppo, soprattutto nelle aree svantaggiate e nel Mezzogiorno.

[1] https://www.serviziocontrattipubblici.it/simoi.aspx

[2] http://www.statoquotidiano.it/15/12/2015/la-strana-vicenda-del-sistema-capodacqua-pugliese/413719/

[3] Ibidem

[4] http://www.statoquotidiano.it/05/10/2015/la-diga-piu-inutile-e-costosa-della-puglia/385261/

[5] Ibidem

[6] http://www.laringhiera.net/palazzo-degli-uffici-odissea-di-un-appalto/

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