Piani triennali di prevenzione della corruzione: le Asl sono sulla buona strada

Nella categoria Sanità e Welfare da su 25 gennaio 2016 0 Commenti

corruzione-sanitàIl 16 dicembre scorso è stato pubblicato il “Rapporto sullo stato di attuazione e la qualità dei piani triennali di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche 2015-2017”. Redatto dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, l’analisi è stata condotta su 1911 enti presi a campione.
Riguardo le Aziende sanitarie locali (Asl) il rapporto dice che tutte quelle analizzate hanno adottato almeno un’edizione del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) , un segnale importante che evidenzia un passo in avanti rispetto agli anni precedenti. Nonostante il 58,04% dei Piani delle Aziende sanitarie abbia mostrato una sufficiente o buona analisi del contesto interno, si registra ancora “l’assenza o l’inadeguatezza” delle analisi riguardanti il contesto esterno all’azienda: mancanze queste che provocano ricadute in tutte le aree di rischio più sensibili relativamente alle Asl, come la gestione delle risorse umane, la gestione contabile-patrimoniale, la gestione di farmaci e altri beni sanitari, ecc. Nonostante il rapporto dica che l’analisi del rischio è stata svolta “in maniera sufficiente o buona” dal 61,54% delle Asl prese in considerazione , le aree in questione restano quelle a cui bisogna prestare più attenzione, perché più soggette al pericolo corruzione.
Il presidente dell’Anac Cantone qualche mese fa, in occasione del “Quinto convegno nazionale sull’appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale”, ha chiosato dicendo: “La nostra missione è inserire negli organismi pubblici gli anticorpi che impediscano la corruzione” . In quest’ottica preventiva di lotta alla corruzione rientra un’analisi specifica dei PTPC in questione, che ha chiarito quali sono le misure obbligatorie meglio sviluppate dalle Asl: il codice di comportamento (la cui programmazione è risultata complessivamente sufficiente o buona nel 60,14% dei casi); il Whistleblowing (adeguata nel 56,63% dei casi); la formazione (adeguata nel 52,45% dei casi); l’astensione in caso di conflitti di interessi (adeguata nel 52,45% dei casi) . Nel 60,03% dei casi le Asl campionate hanno anche adottato altre misure oltre a quelle obbligatorie (sempre legate all’intensificazione dei controlli, all’adozione di regolamenti o di direttive interne) . Ma queste disposizioni spesso non bastano.
Lo dimostra ad esempio l’Asl Napoli 3 Sud, recentemente finita sui giornali in seguito a una relazione del commissario straordinario Antonietta Costantini inviata in Regione lo scorso 22 dicembre 2015. Dal report emergerebbero appalti gonfiati, infiltrazioni mafiose nella ditta incaricata del trasporto infermi, doppi pagamenti ai fornitori, e altre irregolarità tutte da verificare. L’Asl in questione aveva già adottato il PTPC relativo al triennio 2015-2017 – a firma dell’ex commissario straordinario Dott. Salvatore Panaro –, con l’obiettivo di sviluppare misure di prevenzione “in riferimento al proprio particolare contesto di riferimento che, si ricorda, è particolarmente complesso, non solo dal punto di vista organizzativo, ma anche dal punto di vista socio-culturale” .
In concomitanza con la consultazione pubblica indetta dai vari enti per il varo del PTPC relativo al triennio 2016-2018, anche l’Asl Napoli 3 Sud ha promosso un procedimento partecipativo per aggiornare il piano, con il termine ultimo che sarà quello del 31 gennaio prossimo, data in cui il dovrà essere adottato. Misura questa che testimonia la volontà di voler continuare sulla strada della prevenzione, l’unica da seguire per sconfiggere la corruzione.

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