La Dea Tangente che toglie dignità
Dea Tangente che toglie dignità. Cosi papa Francesco, durante la Santa Messa celebratasi a novembre nella cappella della Casa Santa Marta, inizia la sua campagna moralizzatrice nei confronti della corruzione, nei confronti di tutti coloro che danno da mangiare “pane sporco” ai propri figli, cadendo in un peccato talmente grave da perdere la dignità.
Partendo dalla parabola dell’amministratore disonesto, il Pontefice condanna la mondanità, il vivere secondo i “valori del mondo”, veri nemici dell’uomo che lo portano inevitabilmente ad adottare atteggiamenti e stili di vita che non possono essere ravvisati in altro se non nella scelta della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita. Una vita “giusta”? Forse, ma sempre rispetto a quei “valori del mondo” che ci deviano da ciò che dovrebbe essere insito in noi e ciò che dovrebbe andare sotto il nome di morale.
Nella parabola, il padrone dell’amministratore disonesto lo loda nelle sue azioni ed è proprio questa la lode alla tangente, attitudine che si sta sostituendo sempre di più all’onestà di un pane portato a casa e dato ai propri figli grazie ad un sano e genuino lavoro. Lavoro che dà dignità. Dignità che unisce gli uomini.
E l’esempio di mondanità dell’amministratore della parabola si riflette in quello di “alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici, alcuni amministratori del governo” propri della realtà in cui viviamo. Amministratori che fanno della corruzione un’abitudine, un modus operandi se non addirittura un modus vivendi, tanto che si presta molto facilmente ad essere oggetto delle maggiori testate giornalistiche.
Questa “abitudine alla tangente” conduce naturalmente ad un’assimilazione, come ha specificato il Papa:
S’incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga. Anche se la prima bustarella è piccola, poi viene quell’altra e quell’altra: e tu finisci con la malattia dell’addizione alle tangenti.
Successivamente Papa Francesco torna a parlare dei corrotti “la cui doppia vita” tra condotta reale ed ingannevole altro non è che “putredine verniciata”, affermando in conclusione:
“Peccatori si, corrotti no!”
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