Ogni uomo ha il suo prezzo.

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 28 gennaio 2015 0 Commenti

‘“Ogni uomo ha il suo prezzo”. Questo non è  vero. Ma per ogni uomo esiste un’esca a  cui questo non può resistere. Per ottenere qualcosa da certe persone, è sufficiente mostrare un tocco di amore per l’umanità, nobiltà, dolcezza, sacrificio di se stessi. E non c’è nessun’esca che tenga. Per le loro anime ci saranno la ciliegina, il bocconcino. Per le altre, ci sarà altro.’

 Friedrich Nietzsche

 

Corruzione = Monopolio + Discrezionalità – Responsabilità

 

Questa formula, apparsa per la prima volta nel libro “Controlling Corruption” (Klitgaard, 1988) ci da indicazione dei principali fattori determinati la corruzione nei Paesi.

Quindi se dovessimo domandarci quali siano le cause della corruzione, sicuramente questa formula potrebbe costituire un buon punto di partenza. Ma probabilmente non sarebbe sufficiente. Di motivi, per lo più economici, ce ne sono tanti. Tuttavia questi, da soli, non possono spiegare come mai la corruzione, considerato uno dei mali più grandi della società, si possa diffondere cosi facilmente. Ci dev’essere qualcos’altro, di più insito e più difficilmente curabile, dietro al semplice passaggio di mazzette o ai favoritismi professionali.

Ma andiamo con ordine e partiamo dalla formula di Klitgaard.

Essa afferma che la corruzione tende a diffondersi laddove i funzionari pubblici abbiano un potere monopolistico su un bene o un servizio, dispongano di discrezionalità illimitata nel decidere in merito alla disponibilità del bene o servizio in questione, e non ci sia alcuna responsabilità per mezzo della quale è possibile controllare quanto viene deciso dai primi.

Affermare che il monopolio accresce i casi di corruzione deriva dal fatto che una struttura di mercato in cui è presente una sola impresa implica mancanza di concorrenza e quindi di competizione. L’origine principale dei monopoli risiede nelle leggi, nelle concessioni e nelle licenze offerte dallo stato. Ogni forma di esclusività non motivata economicamente ha un effetto negativo sul benessere e sullo sviluppo ed è l’anticamera della corruzione (A. Smith,1976).

Il monopolista si rende conto di poter influire sul prezzo di mercato, e quindi sceglie i livelli di prezzo e di output che massimizzano il suo profitto globale, tenendo sempre presente il vincolo della domanda del consumatore. Inoltre, il monopolista ha il grande potere di discriminare i prezzi, ovvero egli può vendere diverse unità di output a prezzi diversi. Discriminando i prezzi, egli esercita un potere discrezionale sulla disponibilità del bene o servizio in questione e ne può abusare facilmente.

Infine, la corruzione trova terreno fertile quando non ci sono controlli, i rischi sono bassi e le pene non troppo pesanti.

Klitgaard (1997) afferma che la corruzione si combatte a partire dalla definizione di un sistema migliore, ovvero un sistema dove i monopoli sono regolati accuratamente, dispongono di discrezionalità circoscritta; dove la trasparenza è elevata a valore, i controlli elevati e le pene forti.

Anche Adam Smith, riconosciuto padre fondatore dell’economia politica, prende una posizione simile. Egli sostiene che per ridurre gli effetti sopracitati, la strada principale sia la difesa e la promozione della concorrenza. Bisogna eliminare le leggi e gli interventi amministrativi che danno vita a monopoli, il cui unico senso è quello di redistibuire le rendite. Per ridurre gli abusi di potere di mercato è necessario ridurre le convenienze economiche.

Ancora  MacLean-Abaroa e Perris (1997) sostengono la promozione della competizione nei settori pubblici e privati, tramite la privatizzazione o la decentralizzazione, come soluzione primaria. A questa si devono accompagnare responsabilità e trasparenza, chiare regole di condotta e riforme istituzionali.

Integrando il discorso, possiamo individuare diversi fattori di natura economica alla base di comportamenti egoistici e furbi. Tra questi annoveriamo:

  • ­Restrizioni al commercio. I permessi di importazione rivestono un’importanza tale per i produttori che molti sono disposti a pagare per il loro rilascio.
  • Protezionismo. Le industrie nazionali, minacciate dall’aumento delle importazioni, sono spinte a pagare mazzette ai politici per la disposizione di tariffe molto alte all’importazione che proteggano i monopoli locali.
  • Razionamento delle risorse. Le tangenti vengono utilizzate come strumento per vincere la contesa delle “risorse scarse”.

Nei paesi in cui le imprese non hanno bisogno di combattere con le restrizioni di governo – o perché queste ultime sono relativamente poche, o perché vi sono settori privati alternativi a cui far riferimento – i casi di corruzione sono inferiori alla media.

Opposto è il caso dei paesi ricchi di risorse naturali, spesso vittime di rigide regolamentazioni da parte del governo che ne limita la loro utilizzazione. I paesi ricchi di petrolio, per esempio, vedono le proprie imprese petrolifere concedere diritti di perforamento e costruzione ad aziende private, spesso tramite joint-ventures con lo Stato. Le ragioni per cui tali imprese nazionali hanno bisogno di interagire con i funzionari dello Stato sono molteplici. E altrettanto varie sono quindi le occasioni in cui possono nascere comportamenti illeciti di mutuo favore. Spesso si fa riferimento alla c.d “maledizione delle risorse” perché sono proprio questi paesi, ricchi di petrolio, gas e minerali,  ad essere caratterizzati da povertà, conflitti e corruzione.

E quindi? Come si risolve il problema?

Le parole di Nietzsche son belle. È vero, esistono santi e funzionari onesti che resistono alle tentazioni. Ma quando la taglia della mazzetta è grande, la probabilità di venir catturati poca e la pena non cosi rilevante, molti funzionari soccombono.

Klitgaard parlava di riforme. Ma queste riforme non sortiscono alcun effetto, se prima non avviene un cambiamento nella mentalità stessa delle persone, una rivoluzione etica che permetta di implementare tali riforme.

È tutto molto difficile. E questo perché la corruzione esiste da sempre. Nasce dall’incontro delle genti, in nome di qualche potere; in nome dell’amicizia o di qualsivoglia forma di convenienza.

E cosi, richiamando, se si vuole, il principio della lotta alla sopravvivenza darwiniana, gli uomini si ritrovano ogni giorno a combattere una sfida per non essere esclusi dalla gara, per essere vincitori e continuare a vivere.

Dobbiamo chiarire una cosa. Quando parliamo di corruzione, non parliamo solo di mazzette. Come non ci riferiamo “solo” ai più grandi scandali che escono sui quotidiani e sulle grandi testate. Purtroppo essa non nasce e non si manifesta da subito sotto queste “grandi” forme. La corruzione nasce da piccole azioni, piccole situazioni di vita quotidiana, piccoli favoritismi. Piccoli. Talmente piccoli da sembrare innocui, privi di conseguenze.

Tutti, almeno una volta, proviamo nella vita l’impulso di seguire corsie preferenziali. “Se uno può, perché non sfruttare tale occasioni? In fondo, se non lo faccio io ora, ci sarà sicuramente qualcun altro che lo farà al mio posto. Tanto vale approfittare” o anche “ Ormai in questo mondo bisogna ricorrere a tutto pur di andare avanti sennò (gli altri) ti mangiano in testa” Ognuno si da le proprie giustificazioni. E che sia piccola o grande, l’azione va ad alimentare l’espandersi di una cultura della corruzione.  Potremmo quasi dire che rientra nelle tradizioni dell’uomo e, insieme alla storia, ce la portiamo avanti. Come tutte le tradizioni che si rispettino, facciamo fatica a lasciarla. Ci siamo affezionati a questa “regola” implicita del “do ut des” e come tale, la rispettiamo, la curiamo, ce ne ricordiamo a tempo debito.

E perché no? Ci coccola. Non teme i confini dei Paesi. Si tramanda, si espande e lega persone. In fondo, che sia in Italia, in America, in Ouagadougou, privata, pubblica o no profit, la corruzione è un qualcosa che si può trovare facilmente, quasi a portata di globalizzazione.

Dobbiamo cominciare da capo. Dobbiamo reimpostare il nostro essere e iniziare a parlare tra noi di integrità e trasparenza. Dobbiamo compiere una rivoluzione in cui le parole d’ordine siano “Mea Culpa”.

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sull'autore ()

Studentessa di Business Administration all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, 23 anni. Ancora non so chi sarò da grande. Per ora mi appassiono a tutto ciò che riguarda eticità, trasparenza ed integrità; sperando di poterne fare, un giorno e in qualche modo, il mio lavoro.

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