Fermare l’Odio di Luciano Canfora. Recensione a cura dell’Avv. Daniela Condó
Questo libro di Luciano Canfora, filologo e storico, professore emerito dell’Università di Bari, è stato scritto mentre si scatenava nel nostro Paese la «chiusura dei porti», imposta dal governo italiano allora in carica, a danno di profughi in fuga dalla Libia. Esso denuncia il pericolo di razzismo di fronte alle migrazioni di massa ed è un importante contributo per spiegare un male antico e sempre latente: l’odio.
Finché ci sono anticorpi, è necessario reagire. Nella foga polemica di chi ha definito «fascistico» l’imperversare di una campagna di massa anti-migranti, c’è stato anche chi ha indicato il tema della violenza come elemento discriminante tra «ora» e «allora». Ma, come sottolinea l’autore, «il frastuono giornalistico proteso ad enfatizzare le differenze tra “ora” e “allora” mostra di non sapere che anche “allora” si scivolò [nelle pratiche violente] per gradi» (p. 9). E che, innervata nell’intera parabola del fascismo (1919-45), la violenza si è riprodotta oggi in forme sadiche, come dimostrano le vicende dei migranti ridotti allo stremo (Diciotti, Sea Watch, Open Arms ecc.), a rischio di ricacciarli nella guerra civile e nei lager libici, dove la dignità umana viene calpestata e dove si può morire in fretta, anche per un bombardamento. Questa pagina della storia recente rivela come imperversi «l’aizzamento di massa contro l’invasione di stranieri (per giunta neri!) che “ci tolgono il lavoro”, esattamente come a suo tempo “contro l’ebreo, affamatore del popolo”» (p. 7).
Come ricorda l’autore, nel sondaggio promosso negli Stati Uniti, nell’aprile del 1937, sul tema «Se doveste scegliere tra fascismo e comunismo, quale scegliereste?», il 61% degli intervistati optò per il fascismo, il 39% per il comunismo. Ma già nell’ottobre del 1938, un nuovo sondaggio sul gradimento dei leader del mondo «diede una vittoria schiacciante a Mussolini: 53%, contro il 37% per Stalin e solo il 13% per Hitler» (p. 19). Insomma, già negli anni Trenta l’entusiasmo americano per il dittatore italiano era imbarazzante. Un cantante di successo come Cole Porter cantava nel 1934: «Tu sei il massimo, tu sei Mussolini»; e il futuro presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy scriveva sul suo diario: «Sono giunto alla conclusione che il fascismo sia giusto per l’Italia e il nazionalsocialismo sia giusto per la Germania» (p. 20). Senza tralasciare di citare Winston Churchill, che si era spinto a considerare il Duce come «il più grande legislatore vivente» (p. 21).
Esiste, dunque, un fascismo profondo e sempre desto, come fa notare Umberto Eco in Fascismo eterno. I suoi ingredienti sono, tra l’altro, la paura delle differenze e il disprezzo per i deboli. Canfora, citando Eco, ricorda come «l’Ur-fascismo” può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme, ogni giorno, in ogni parte del mondo» (p. 33).
Per cambiare la prospettiva, l’autore rilancia, in conclusione, il ruolo del Mediterraneo che, prima dell’imperialismo e della divisione in colonizzati e colonizzatori, aveva rappresentato per lungo tempo un’area politico-culturale unitaria. «Può tornare ad esserlo, se sapremo ripensare radicalmente la troppo angusta, arroccata e qua e là incrinata, “unione” europea» (p. 64).