“Rischio corruttela” nelle procedure ad evidenza pubblica. Articolo a cura della Dr.ssa Maria Teresa Volponi, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Nella categoria Analisi e Ricerche, Articoli Master Anticorruzione da su 1 novembre 2019 0 Commenti

La grande dimensione del fenomeno della corruzione negli appalti pubblici è indubbiamente connessa alla sua portata economica, al valore di mercato dei contratti delle Pubbliche Amministrazioni che muovono fondi pubblici verso interessi privati e alla numerosità degli interessi coinvolti.

Il collegamento biunivoco tra pratiche corruttive e affidamenti di contratti pubblici è testimoniato anche dal Libro Bianco del Governo che individua, quale settore maggiormente a “rischio corruttela”,  le procedure ad evidenza pubblica.

Non solo le ingenti risorse economiche implicate, ma anche la natura stessa dei contratti, gestiti a volte da Amministrazioni non propriamente capaci, la mancanza di trasparenza e di accountability nelle procedure di acquisto, il gran numero di operatori economici coinvolti unitamente alla presenza di un elevatissimo numero di stazioni appaltanti costituiscono terreno fertile che favorisce sia l’inefficienza dei contratti pubblici che le “corruzioni”, menzionate al plurale, per meglio identificare le varie fattispecie  attraverso le quali il fenomeno si manifesta.

I capitolati su misura per favorire determinate imprese, l’abuso delle procedure negoziate, i conflitti di interesse nella valutazione delle offerte, le offerte concordate, i criteri di selezione o di valutazione poco chiari, la partecipazione degli offerenti nella stesura del capitolato, l’abuso della motivazione d’urgenza per evitare gare competitive, la modifica dei termini contrattuali dopo la stipula del contratto sono le pratiche corruttive diffuse in attività particolarmente importanti.

E’ stato stimato che in questo settore la corruzione, la collusione e l’inesatta esecuzione della performance del contratto pubblico aumentano il costo economico del 20-25% sino al 50%.

 

La presa di coscienza di tale fenomeno ha portato il legislatore, anche spinto dalle raccomandazioni dell’Unione Europea e delle organizzazioni internazionali, a intraprendere una importante riforma per la Pubblica Amministrazione, dapprima con il D.Lgs. 190/2012 (legge anticorruzione) e successivamente, nel settore degli appalti pubblici, con il D.Lgs. 50/2016 recepente le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE (nuovo codice degli appalti).

La ratio di questi interventi legislativi, succedutesi a breve distanza di tempo, risulta quella di dare massima rilevanza ai principi di concorrenza e di par condicio e, quindi,  di rendere obbligatorio il ricorso alle procedure ad evidenza pubblica ai fini della scelta del contraente, salvo i casi eccezionali.

Gli strumenti previsti per la prevenzione della corruzione nei contratti pubblici sono rappresentati dal principio e dagli obblighi di trasparenza, dall’estensione della trasparenza alla fase di esecuzione del contratto pubblico, dall’utilizzo dell’e-procurement, dall’aggregazione e professionalizzazione, dal monitoraggio dell’esecuzione e dalla tracciabilità dei flussi finanziari, dalla natura e dagli effetti giuridici dei protocolli di legalità e dei patti d’integrità.

 

Oltre alla “legge anticorruzione” e al “nuovo codice degli appalti”, il D.L. 90/2014 ha ampliato, modificando e rafforzando i poteri attribuiti alla precedente CIVIT (Commissione per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità). L’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC), infatti, oltre ai poteri attribuiti per il contrasto alla corruzione quali quelli ispettivi e di vigilanza,  approvazione e predisposizione del P.N.A.,   promotore di strategie di prevenzione e coordinatore dell’attuazione, ha anche alcuni poteri di vigilanza dei contratti pubblici quali le funzioni di accertamento, le funzioni di vigilanza, i poteri sanzionatori, il precontenzioso.

 

E’ precoce, a parere di chi scrive, giudicare se l’etica, la trasparenza, la semplificazione e il controllo, pilastri sui quali si basa la lotta alla cattiva amministrazione e alla prevenzione della corruzione siano sufficienti. La percezione è che il proliferare degli strumenti anticorruzione e nel caso specifico la normativa soccombano rispetto ad un fenomeno radicato che più di norme avrebbe bisogno di un cambiamento culturale e, in tutti i settori,  di una governance e di persone che in nome di un cambiamento agiscano in modo cooperativo e di valorizzazione reciproca seguendo la logica del bene comune.

 

 

 

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