Esigenze di semplificazione e trasparenza: Accesso Civico Generalizzato anche per gli appalti. Articolo a cura dell’Avv. Maria Vittoria Pantaleo, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Nella categoria Analisi e Ricerche, Articoli Master Anticorruzione da su 6 novembre 2019 0 Commenti

Il malaffare nelle attività gestionali pubbliche rappresenta una minaccia per lo Stato di diritto in quanto mina i principi di buon governo, equità e giustizia sociale, falsa la concorrenza, ostacola lo sviluppo economico e mette in pericolo la stabilità delle istituzioni democratiche e i fondamenti morali della società.

La corruzione non è un fatto estraneo al singolo cittadino; per questo è necessario incentivare e proteggere la partecipazione di tutti alla lotta alla corruzione attraverso le azioni opportune e le tutele efficaci.

Il Consiglio di Stato dice basta ai segreti negli appalti. D’ora in poi chiunque potrà capire come sono andate le cose in una gara o in un cantiere. A pochi anni dalla sua introduzione, si vanno finalmente delineando i caratteri innovativi dell’istituto dell’accesso civico di tipo generalizzato1 , ovvero avente ad oggetto tutti gli atti dell’amministrazione, anche non soggetti a pubblicazione obbligatoria. Indipendentemente da quanto previsto dall’art. 53, comma 1, del Codice degli Appalti (che avrebbe dovuto, comunque, essere aggiornato di conseguenza), si doveva ritenere che l’accesso civico fosse stato previsto per consentire a chiunque di conoscere cosa fosse successo durante la fase della gara o in quella della esecuzione.

Momenti cruciali dell’appalto, entrambi, che (come ci continua a raccontare la cronaca giudiziaria) costituiscono terreno fertile per il proliferare di accordi corruttivi, frodi in pubbliche forniture, affari illeciti, favoritismi ed abusi di ogni tipo; tanto più se lasciati lontani dalla luce dei riflettori della pubblicità e della trasparenza. Molti la pensarono diversamente: prima il TAR Parma (Sentenza n. 197/2018) e, poi, quello Lombardia (Sentenza n. 30/19) i quali affermarono che i documenti afferenti alle procedure di affidamento ed esecuzione di un appalto dovevano ritenersi esclusivamente sottoposti alla disciplina di cui all’art. 53 d.lgs. 50/2016 e pertanto restavano esclusi dall’accesso civico c. d. generalizzato di cui all’art. 5, comma 2, d. lgs. 33/2013.

Tanto è bastato alle stazioni appaltanti per dare una ulteriore mandata alle serrature dei propri archivi e ad opporre un facile diniego ogni qualvolta fosse stata avanzata una richiesta di ostensione in base alla nuova norma. Ma la importante pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza del 05 giugno 2019 n. 37802 ), ha messo le cose in chiaro ed eliminato ogni dubbio sull’erroneità del predetto orientamento.

Aprendo all’orientamento più estensivo, prevede che, l’accesso ai documenti relativi alle procedure di appalto (financo di natura fiscale) è aperto a tutti (a prescindere da un interesse manifesto e senza alcuna limitazione quanto a legittimazione soggettiva), pur essendovi alcuni limiti espressamente previsti, in quelle situazione individuate specificamente dall’art. 53 del Codice degli Appalti, in cui l’accesso è posticipato o, in alcuni casi, vietato del tutto3 .

Dalla lettura coordinata e dalla interpretazione funzionale degli art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, che rinvia alla disciplina di cui all’art. 22 e seguenti della L. 241/1990, e dell’art. 5 bis, comma 3 del d.lgs. n. 33/2013, secondo i giudici di Palazzo Spada ne deriva che la limitazione all’accesso civico generalizzato fa riferimento a “specifiche condizioni, modalità e limiti” ma non ad intere “materie”. Diversamente interpretando, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, quale è quella dell’accesso civico generalizzato.

Secondo i giudici amministrativi, vi sono delle ragioni ulteriori per ritenere l’accesso civico applicabile agli appalti. Occorre premettere che la normativa sull’accesso civico non ha regolato positivamente il diritto di chiunque ad accedere agli atti per mera curiosità o per accaparrarsi dati sensibili a lui utili relativi ad ambiti di una impresa concorrente e coperti dalla ordinaria “segretezza aziendale”. Detto ciò, con riferimento alle procedure di appalto, la possibilità di accesso civico, una volta che la gara sia conclusa e viene perciò meno la tutela della “par condicio” dei concorrenti, non risponde soltanto ai canoni generali di “controllo diffuso sul perseguimento dei compiti istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 5 comma 2, d.lgs. 33/2013) promuovendo così “la partecipazione al dibattito pubblico” ma, soprattutto, all’esigenza specifica e, più volte riaffermata nell’ordinamento statale ed europeo, del perseguimento di procedure di appalto trasparenti (“prima” ma anche “dopo” l’aggiudicazione) anche come strumento di prevenzione e contrasto della corruzione.

Dunque, pur essendo evidente come il citato d.lgs. n. 97/2016, successivo sia al “Codice dei contratti” che alla L. 241/1990, sconti un mancato coordinamento con quest’ultima normativa, a causa dell’ormai basso livello della tecnica legislativa, non può essere ipotizzata una interpretazione “statica” e non costituzionalmente orientata delle disposizioni vigenti in materia di accesso: sarebbe, questa, la strada per la preclusione dell’accesso civico ogniqualvolta una norma di legge si riferisca alla procedura ex art. 22 e seguenti L. 241/1990.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che una interpretazione conforme ai canoni dell’art. 97 Costituzione debba valorizzare l’impatto “orizzontale” dell’accesso civico, non limitabile da norme preesistenti (o non coordinate con il nuovo istituto), ma soltanto dalle prescrizioni “speciali” e interpretabili restrittivamente, che la stessa nuova normativa ha introdotto al suo interno.

Questa la sintesi della recente sentenza in argomento, queste le importantissime novità4 che rendono estremamente difficile un futuro diniego di ostensione da parte di qualsiasi stazione appaltante. Un diniego che, tra l’altro, dovrà essere necessariamente espresso e motivato.

Il tema del contrasto al fenomeno della corruzione, insieme a quelli di trasparenza ed integrità dei comportamenti, sono indubbiamente fra le priorità che stanno guidando il rinnovamento della Pubblica Amministrazione italiana in relazione alle richieste dell’Unione Europea, alle aspettative della collettività e dell’opinione pubblica.

Viviamo in una società carente di coscienza che si occupa principalmente di interessi; tale situazione necessita imprescindibilmente del ritorno in auge del principio di leale convivenza e di solidarietà sociale finalizzata al perseguimento dell’interesse generale. Sembra prevalere il potere inquinante di chi privilegia ambizioni e aspirazioni non supportate dal senso del bene comune.

 

1 Ulteriore forma di accesso è l’accesso civico. Si tratta del diritto di chiunque di richiedere i documenti, le informazioni o i dati che le pubbliche amministrazioni abbiano omesso di pubblicare pur avendone l’obbligo, come previsto dall’ art. 5, comma 1, del d.lgs. 33/2013. Chiunque può presentare l’istanza di accesso civico, senza necessità di fornire motivazioni. Vi è, inoltre, il diritto di accesso disciplinato dagli artt. 22 e ss. della L.241/1990, il quale riconosce il diritto di accesso agli atti del procedimento ai soggetti che detengono un interesse giuridicamente qualificato.

2 Nella fattispecie in esame, il Consiglio di Stato è stato chiamato a pronunciarsi sul contenuto della decisione del TAR, adito in primo grado, con cui era stata respinta la domanda di annullamento del diniego opposto all’istanza di accesso civico c.d. generalizzato formulata da un operatore economico, che non aveva concorso alla gara, con riguardo agli atti di tale procedura, al contratto stipulato con l’aggiudicataria ed alla documentazione relativa alla fase di esecuzione di quest’ultimo (preventivi dettagliati, collaudi, pagamenti con relativa documentazione fiscale).

3 Ad esempio quelle relative alla politica estera o di sicurezza nazionale.

4 Tra le novità in materia, precisa il TAR Lazio, Roma, sez. II ter, sentenza 3 settembre 2019 n. 10689, che va precluso al giudice amministrativo di sindacare sulla fondatezza dell’istanza di accesso agli atti di gara quando si faccia valere detta richiesta ostensiva per ragioni legate alla difesa in giudizio. Il giudice può solamente accertare, in astratto, che vi sia collegamento tra l’oggetto della richiesta e la situazione soggettiva da tutelare.

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