L’INDICE DI PERCEZIONE DELLA CORRUZIONE ED I SUOI LIMITI: IL PARADOSSO DI TROCADERO. A cura della Dr.ssa Michela Spataro, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Nella categoria Analisi e Ricerche, Articoli Master Anticorruzione da su 28 giugno 2019 0 Commenti

Nell’ambito del Modulo III del Master in Anticorruzione dell’Università di Tor Vergata, svoltosi nel mese di maggio ed interamente incentrato sulla Corruzione Internazionale, i discenti hanno avuto l’opportunità di assistere ad un’interessante lezione tenuta dal Prof. Giovanni Tartaglia Polcini, in materia di misurazione della corruzione. Già Pubblico Ministero e, oggi, consigliere giuridico del Ministero degli Affari Esteri, oltre che delegato italiano in diversi contesti anticorruzione e docente universitario, il Prof. Tartaglia Polcini ha portato in aula la propria preziosa esperienza, maturata negli anni nelle più svariate realtà internazionali.

Sottolineando la primaria necessità di misurare adeguatamente la corruzione, il Prof. Tartaglia Polcini ha focalizzato l’attenzione sui limiti intrinseci al principale sistema di misurazione della stessa, rappresentato dall’Indice di Percezione della Corruzione (Corruption Perception Index – CPI) di Transparency International. Fondata nel 1993 a Berlino e diffusa in più di 100 Paesi del mondo, Transparency è oggi una delle principali organizzazioni attive nella prevenzione e nel contrasto alla corruzione. Essa ha elaborato il proprio indice sul presupposto – peraltro, condivisibile – che, fondandosi la corruzione sull’omertà insita al pactum sceleris tra corrotto e corruttore, essa difficilmente viene ad emersione. È per tale motivo che l’organizzazione ha scelto di basare l’indice stesso sulla percezione della corruzione da parte di soggetti qualificati come “rilevanti”, piuttosto che su dati meramente statistici.

Nato quindi per nobili e comprensibili motivi, il CPI ha mostrato con il tempo i propri punti deboli, riconducibili, secondo il Prof. Tartaglia Polcini, tanto alla mancanza di chiarezza nella metodologia concretamente impiegata – non è chiaro chi siano i soggetti “rilevanti”, chiamati a rispondere alle domande di Transparency, né quale sia la procedura effettivamente seguita, posto che l’organizzazione disvela soltanto le opinioni raccolte –, quanto al fatto che, nella pratica, un indice fondato unicamente sulla percezione finisce per penalizzare ingiustamente i Paesi più attivi nel contrasto alla corruzione.

È da qui che nasce quello che il Prof. Tartaglia Polcini ha definito come il “Paradosso di Trocadero”: in sostanza, più si perseguono i fenomeni corruttivi sul piano della prevenzione e le fattispecie di reato sul piano della repressione, maggiore è la percezione della corruzione stessa. Concretamente, quindi, l’Indice di Percezione della Corruzione determina un effetto distorsivo, a cagione del quale sono proprio gli Stati più impegnati nella predisposizione di strumenti e misure per prevenire e contrastare la corruzione ad essere collocati nelle posizioni più basse del ranking stilato da Transparency. È proprio per questo che l’Italia, pur essendosi dimostrata particolarmente virtuosa in tal senso – si pensi soltanto alle ultimissime novità, rappresentate dall’emanazione della L. n. 190/2012 e dall’istituzione dell’ANAC, presa a modello anche da altri ordinamenti –, nel 2018 si collochi ancora in una posizione tutt’altro che meritevole, ossia al 53° posto su 180 Paesi, con un punteggio di 52/100 (su una scala che va da 0, per i Paesi ritenuti molto corrotti, a 100, per quelli “puliti”).

A ciò si aggiunga che, nonostante i notevoli progressi fatti in questi ultimi anni sul fronte dell’anticorruzione e le numerose iniziative intraprese per fronteggiare i fenomeni corruttivi, l’Italia continua ad essere vittima di uno storytelling negativo, che – riportando le parole del Prof. Tartaglia Polcini – crea uno “iato enorme tra la realtà del Paese e la rappresentazione dello stesso”, non soltanto in ambito internazionale, ma anche a livello interno.

La soluzione proposta dal Prof. Tartaglia Polcini è quella di integrare il CPI con indici oggettivi, che tengano conto della realtà istituzionale e normativa dei singoli Paesi. Per quanto attiene, in particolare, all’Italia, nel paniere della valutazione dovrebbero essere compresi tre importanti caratteri ordinamentali, che contribuiscono a delineare un sistema giuridico forte nella lotta alla corruzione: l’autonomia del Pubblico Ministero e l’indipendenza della magistratura in genere; l’obbligatorietà dell’azione penale; l’assoluta libertà di stampa. Si tratta di elementi del tutto peculiari, che permettono di tracciare una netta e positiva distinzione tra l’Italia e molti altri Paesi, spesso considerati, in base a valutazioni parziali e superficiali, come maggiormente virtuosi.

Non si vuole negare, in questa sede, che la corruzione continui a rappresentare un problema grave per l’Italia e che, con maggiore impegno, possano essere ottenuti risultati migliori sul fronte della prevenzione e del contrasto alla medesima. Tuttavia, gli spunti forniti dal Prof. Tartaglia Polcini sono importanti per due ordini di motivi: in primis, per valorizzare quanto di buono è stato fatto fino ad oggi, superando l’anacronistica convinzione che l’Italia sia un Paese fermo e passivamente rassegnato alle problematiche che l’affliggono, quando invece sono oggettivamente molteplici le novità introdotte – dalla già menzionata istituzione dell’ANAC ai piani anticorruzione, dai numerosi interventi normativi alle linee guida; in secondo luogo, per implementare il CPI, integrandolo con elementi oggettivi, che permettano di considerare e valutare le diverse sfumature e caratteristiche di realtà ordinamentali molto diverse tra di loro e non comparabili, in modo da procedere ad una misurazione della corruzione che dia luogo a dati finalmente veritieri e completi.

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