Il mondo cambia con l’esempio (condiviso) non con l’opinione. Best practice e diplomazia giuridica. A cura di Maria Vittoria Pantaleo, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Dobbiamo essere fieri del nostro Paese: le Nazioni Unite esprimono un giudizio ampiamente positivo sullo stato di attuazione della Convenzione di Merida contro la corruzione del 2003 da parte dell’Italia nell’ambito del secondo Rapporto di valutazione, previsto periodicamente per gli Stati contraenti.

Nel documento si sottolineano i progressi dell’ordinamento nazionale nella lotta alla corruzione e il ruolo svolto dall’ ANAC sotto diversi aspetti, soprattutto per le buone prassi introdotte.

Nello specifico, si legge nel comunicato dell’ANAC sul proprio sito, viene manifestato particolare apprezzamento per lo sviluppo di un modello di controllo sugli appalti pubblici economicamente rilevanti, così da impedire l’infiltrazione mafiosa e quella criminale. Il riferimento è agli “High Level Principles per l’integrità, la trasparenza e i controlli efficaci di grandi eventi e delle relative infrastrutture”, che già l’Ocse aveva definito una best practice internazionale.  Siamo riusciti, con tenacia e costanza, a far assurgere l’immagine del Paese ad un’autorità internazionale degna di rispetto e fiducia.

Siamo divenuti, inoltre, consapevoli del danno che stereotipi ricorrenti di corruzione diffusa arrecano alla affidabilità e tranquillità del sistema economico italiano come quelli derivanti da classifiche basate sulla percezione che mantengono il Bel Paese ben lontano dai vertici della classifica.

«Perché se è vero che siamo il paese della mafia – ha osservato in proposito Raffaele Cantone[1] – è vero anche che siamo il paese dell’antimafia, così come siamo allo stesso tempo il paese della corruzione e dell’anticorruzione, i cui sistemi e meccanismi vengono studiati in tantissimi paesi del mondo».

Si, siamo delinquenti! Ma non lo siamo più degli altri.

Dobbiamo valorizzare gli anticorpi (e ne abbiamo) piuttosto che avere la lente di ingrandimento solo sulle patologie.

L’idea che le esportazioni del made in Italy nel mondo possano avvenire attraverso la condivisione con altri di valori, dell’esperienza del nostro stato di diritto, dell’idea di bene comune che nasce dalla nostra qualità, competenza, storia ci deve inorgoglire: il nostro paese ha la migliore polizia giudiziaria, la migliore magistratura, la migliore legislazione antimafia e contro il terrorismo e questo bisogna lo si faccia capire nel mondo.

Siamo riusciti a dare al tema della lotta alla corruzione un taglio del tutto italiano grazie, soprattutto e non solo, alla nostra legislazione basata sul rule of law, dove ogni persona ha pari dignità di fronte alla legge, tutelandola, così, da qualsiasi forma di arbitrio che ne possa ledere i diritti fondamentali.

Innumerevoli nel tempo sono state le iniziative da parte degli Stati di tutto il mondo per contrastare la diffusione della corruzione sia a livello nazionale che internazionale.

E’, infatti, doveroso ricordare che difficilmente alcune importanti evoluzioni del diritto nazionale – considerate espressione delle c.d. best practices – si sarebbero realizzate in assenza della necessità di adeguamento al diritto sovranazionale.

Per citarne solo alcune: la centralità del Piano nazionale anticorruzione redatto dall’ Anac e lo sforzo per coinvolgere nell’elaborazione dei propri atti normativi tutti gli enti della pubblica amministrazione e gli stakeholder; la protezione dei whistleblowers (dei segnalatori, cioè delle persone che comunicano in buona fede i casi sospetti di corruzione, sia all’interno della pubblica amministrazione che nel settore privato); la integrità e trasparenza nelle infrastrutture; la collaborazione con la società civile e l’impegno nella promozione di appositi programmi educativi all’ interno delle scuole[2].

Da qui l’importanza crescente assunta dal ruolo decisivo della diplomazia giuridica nell’attuale contesto socio-economico globalizzato.

<<La diplomazia giuridica permette di traslare, condividere ed esportare norme, istituti, modelli organizzativi e sistemi di valori. Nella misura in cui individua e studia le best practices che si sono diffuse in una realtà specifica consente di anticipare scenari. Spesso avviene che modelli nazionali – indicati o riconosciuti come termini di riferimento – assurgano a standard nelle sedi multilaterali e, attraverso meccanismi convenzionali, finiscano per condizionare, permeandola, la legislazione nazionale di domani[3]>>. Essa, dunque, rappresenta uno strumento innovativo e multidisciplinare attraverso cui si realizzano le condizioni per un sostegno reale ed efficace ad ambienti economici legalmente orientati ai fini di una crescita sostenibile, per l’armonizzazione degli ordinamenti giuridici nazionali e per la condivisione di istituti giuridici, norme e modelli organizzativi virtuosi, ambiti nevralgici dell’assetto internazionale[4].

La diplomazia giuridica, quale metodologia di confronto multilaterale può dare impulso a nuovi percorsi di crescita economica e di leale concorrenza fra le imprese, attraverso il raccordo dei vari sistemi giuridici sovranazionali verso standard minimi in grado di agevolare la cooperazione giudiziaria e di polizia, nei quali l’Italia possa porre in evidenza i principi ispiratori e le migliori prassi maturate nel nostro sistema.

In particolar modo l’esperienza italiana di contrasto, in ambito pubblico e privato, dei principali fenomeni criminosi.

Di non secondaria importanza il fatto che essa riesca a tutelare e a promuovere l’immagine e la reputazione del nostro paese riducendo il divario esistente tra, la percezione e la realtà, del nostro sistema giuridico ed economico.

Preminente, a tali fini, è lo sviluppo dell’ azione in sede multilaterale. Le delegazioni italiane nei gruppi di lavoro hanno contribuito a disegnare le agende e i piani di azioni dei fori interstatali divenendo un punto di riferimento sul piano tecnico[5].

A livello internazionale si moltiplicano i forum che, attraverso lo scambio di esperienza, svolgono un ruolo fondamentale nella valutazione di idoneità del modello basato su “codici di comportamento” e su “best practices” a tal punto da ritenere ormai generalmente che un “modello” ad essi conforme possa presumersi “idoneo”.

L’Italia nei fori multilaterali[6] è conosciuta non tanto per l’operatività delle mafie quanto piuttosto per la capacita di contrastarle ed indebolirle.

La partecipazione del nostro paese a queste importanti iniziative, non riveste un carattere meramente formale ma comporta il preciso impegno ad assumere concrete iniziative per contrastare il fenomeno corruttivo.

Serve lo spirito di emulazione, serve la voglia e la volontà, a livello internazionale, di imitare o comunque di ispirarsi alle buone prassi degli stati che si trovano in uno stadio più avanzato nella lotta alla corruzione: solo così le best practices verranno dotate di una grande capacità di penetrazione nei singoli ordinamenti giuridici.

La parola d’ordine è l’effettività del diritto e delle misure anticorruzione. E’ in funzione di essa che si spiegano le esigenze di flessibilità, di adattamento della regola alla dinamicità dei fenomeni e delle relazioni. Il tutto, in una dimensione dinamica ed evolutiva, in cui la regola stessa diviene un work in progress[7].

Al fine di dare concreta attuazione alla cultura della legalità, alla prevenzione e al contrasto (approccio olistico) di un fenomeno prismatico come la corruzione, accanto al dialogo tra le nazioni e all’interno delle nazioni, i singoli stati dovrebbero, inoltre, responsabilizzarsi rafforzando il proprio sistema di controllo sulla conformità generale alle leggi e alle buone pratiche internazionali ed essere dotati di risorse umane e finanziarie messe a disposizione per l’attuazione delle riforme.

Lo stereotipo dell’Italia (solo) mafiosa deve starci stretto come quando si indossa un jeans di due taglie più piccolo.

Dobbiamo scrollarcelo di dosso e prender posto ai tavoli dei fori multilaterali a testa alta per condividere i valori e i comportamenti virtuosi di cui siamo portatori sani, modelli normativi, sistema della giustizia, quanto è stato fatto (e quanto ancora faremo!) per contrastare i fenomeni corruttivi e tanto altro.

Non dobbiamo ingobbirci continuando a portare sulle spalle il peso dell’Italia affarista e corrotta: perché se è vero che in determinati periodi storico-politici abbiamo toccato il fondo è anche vero che da esso ci siamo dati una forte spinta per risalire.

 

[1] In occasione della presentazione del libro “Diplomazia giuridica”, firmato da Alfredo Durante Mangoni e Giovanni Tartaglia Polcini, Palazzo Giustiniani, Roma, Aprile 2019.

[2] Aspetto, quest’ultimo, la cui importanza è stata ampiamente sottolineata dalla Professoressa Paola Severino in occasione della presentazione del Secondo Rapporto sull’Italia da parte delle Nazioni Unite durante la quale ha avuto modo di compiacersi della reintroduzione dell’insegnamento della Educazione Civica nelle scuole. L’importanza, sin dai primi anni di età, di capire cosa sia giusto e cosa, di contro, non lo sia, Palazzo della Farnesina, Roma, Maggio 2019.

[3]Alfredo Durante Mangoni e Giovanni Tartaglia Polcini, Diplomazia Giuridica, Edizioni Scientifiche Italiane, Marzo 2019.

[4] Maurizio Molinari (Direttore de La Stampa), in occasione della presentazione del libro “Diplomazia giuridica”, firmato da Alfredo Durante Mangoni e Giovanni Tartaglia Polcini, Palazzo Giustiniani, Roma, Aprile 2019.

[5] Elisabetta Belloni (Segretario Generale Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale), vedi supra.

 

[6] Per citarne solo alcuni: G7, G8, G20 ACWG, OCSE WGB, UNCAC, GRECO, UE, OSCE, OGP, GAFI, FMI.

[7]Barbara Boschetti, Il diritto anticorruzione come diritto glocale, in Amministrazione In Cammino – Rivista elettronica di Diritto Pubblico, di Diritto dell’Economia, e di Scienza dell’Amministrazione, Marzo 2018.

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