DL SBLOCCACANTIERI VS. BUROSAURI

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Una via crucis, almeno in apparenza, attende il decreto sbloccacantieri, che rischia di sbloccare poco e male, con evidenti riflessi negativi sulla fiducia di chi era stato pericolosamente illuso sui benefici salvifici dell’operazione.

 

Almeno per ora.

Troppi i limiti – come scrivono di Mauro Salerno e Giorgio Santilli, su Il Sole 24 Ore del 4 maggio 2019, alle pagine 1 e 3 – del provvedimento che rischia di generare il caos normativo nel passaggio dal vecchio al nuovo regime, mentre nessuna norma è prevista sul punto più critico delle procedure, le autorizzazioni che precedono la gara. Lì si annidano i grandi ritardi, con un tempo medio di otto anni (di cui la metà per inerzia burocratica che resta da disboscare).

 

Il DL prevede, inoltre, che ci vorranno sei mesi almeno e tredici provvedimenti da riscrivere completamente per varare il nuovo regolamento sugli appalti: in estrema sintesi, c’è la  necessità di scrivere da zero le regole attuative del codice, lasciando amministrazioni e imprese prive di bussola operativa. Non solo, è previsto un percorso di gestazione piuttosto articolato: bisogna scrivere materialmente il regolamento, approvarlo in Consiglio dei ministri, raccogliere i pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari e poi approvarlo invia definitiva con una nuova deliberazione del Governo (anche senza considerare i precedenti – il regolamento sul codice del 2oo6 è stato varato nel 2010, quindi quattro anni dopo – anche i 6 mesi paiono una ipotesi peregrina.

 

Situazione analoga per la nomina dei commissari straordinari, che arriveranno solo dopo la conversione in legge e dopo che nel governo si sarà trovato l’accordo sulla lista delle opere da accelerare, mentre appare estremamente insidiosa la via dell’emendamento per accelerare singole opere o piani perchè può scatenare una corsa a inzeppare il decreto di norme ad hoc anziché fare un accordo, presto e bene, sulle opere e sui piani da sbloccare con un decreto di Palazzo Chigi.

 

Soprattutto, sembrano smarrite le parole-chiave con cui il provvedimento era partito: urgenza, sblocco dei cantieri fermi, commissari subito, utilizzo dei miliardi di risorse già stanziate e mai partite.

Il quadro che si delinea è, invece, una situazione ferma a lungo, senza che il 2019 veda quel rilancio degli investimenti che anche questo governo – come quelli precedenti – ha promesso con il Def. Senza contare i dossier delle grandi opere accantonati – come la Tav – su cui un accordo è stato possibile solo a suon di rinvii.

 

Unica nota positiva, al momento, per le piccole e piccolissime gare, dove lo sforzo di semplificazione del governo (solo tre preventivi sotto i 20omila euro, gare formali, ma con criteri di aggiudicazione più semplici fino a 5,5 milioni, in aggiunta al ritorno dell’appalto integrato) dovrebbe dare una scossa, riducendo i tempi di aggiudicazione, ma si tratta pur sempre di gare da bandire, non di cantieri messi (o rimessi) subito in produzione.

 

 

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