“Pecunia olet. Corruzione: il filo conduttore tra criminalità organizzata ed economia illegale”. A cura della Dr.ssa Michela Pistilli, discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.
Negli ultimi anni le organizzazioni criminali si sono presentate al mondo sotto una nuova veste, quella di un soggetto economico globale con una spiccata vocazione all’imprenditoria. Ma se da una parte sono tanti gli strumenti, anche di carattere internazionale, a fungere da contrasto alla criminalità economico-finanziaria, quasi semprericonducibile a fenomeni corruttivi, dall’altro lato il trittico corruzione-riciclaggio-criminalità organizzata continua la sua avanzata dentro e fuori i confini nazionali. Questo perché nell’età dell’economia globalizzata, le organizzazioni criminali risultano essersi perfettamente integrate all’interno dei mercati finanziari, affinando conoscenze e utilizzando flussi informativi in grado di generare strutture efficaci ma pericolose.
La corruzione in questo contesto funge da vero e proprio collante tra criminalità organizzata ed economia illegale e per comprendere ciò occorre pensare alla corruzione andando al di là dei singoli fatti e delle responsabilità personali per concentrarsi invece sul “sistema corruttivo”.Una delle caratteristiche proprie della corruzione è infatti la sua natura diffusiva: corrotti, corruttori e intermediari, al fine di assicurarsi la realizzazione dei patti illeciti e di evitare di essere scoperti, tendono a coinvolgere altre persone, creando una fitta rete di interrelazioni illecite dunque, un vero e proprio “sistema”.
Questo sistema è terreno fertile per la criminalità organizzata poiché è proprio su queste basi che crea veri e propri network criminali. Come? Servendosi delle competenze e della professionalità dei criminali dal colletto bianco, attraverso i quali la criminalità organizzatacommette reati economici e si infiltranell’economia legale sfruttando le competenze di questi professionisti del settore, che pur di raggiungere finalità di guadagno o di potere, sfruttano il mondo del commercio, dell’industria, degli affari offrendo prestazioni “professionali” illegali.
Sia corruzione che riciclaggio sono entrambi reati sommersi, capaci di alimentare la criminalità organizzata e al contempo di minacciare il funzionamento delle istituzioni oltre che l’intero sistema economico globale.I reati economici di grandi dimensioni sono reati connessi tra loro attraverso una rete di associati, di strumenti, di professionalità. Questa rete impedisce le indagini, o per lo meno le rende più difficili, aumentando le probabilità di una buona riuscita degli intenti criminali.
Un importante collegamento tra le discipline anticorruzione e antiriciclaggio è costituito dagli specifici obblighi di segnalazione delle operazioni sospette, uno strumento che impone a intermediari bancari e finanziari, a professionisti ed altri operatori di dare comunicazionealla UIF ( Unità di informazione finanziaria collegata a Bankitalia) delle operazioni poco chiare aventi ad oggetto spostamenti di denaro.
Stando agli ultimi dati elaborati dalla UIF per l’anno 2018 dopo Lombardia e Campania al terzo posto nella classifica delle operazioni sospette troviamo il Lazio, in particolar modo Latina con 9545 operazioni finanziare sospette. “Le operazioni finanziarie sospette – spiegaCioffredi, Presidente Osservatorio Sicurezza e Legalità della Regione Lazio – riguardano principalmente le attività di riciclaggioconnesse alla criminalità organizzata ed in parte alla corruzione e all’evasione fiscale, fenomeni di frequente intrecciati fra loro”. La crescita esponenziale delle segnalazioni in questo territorio del centro sud sta a confermare che la scelta delle mafie sia particolarmente legata al fatto che si tratta di territori caratterizzati da una elevata presenza di esercizi commerciali, attività imprenditoriali, società finanziarie e di intermediazione che consentono di mimetizzare gli investimenti e la penetrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale del territorio, possibile grazie all’ausilio di soggetti apparentemente esterni al mondo criminale.
A confermare questo nuovo business delle mafie è anche in Dott. Federico Cafiero de Raho, Procuratore Nazionale Antimafia, secondo il quale: “Le mafie riescono ad arricchirsi attraverso il traffico di sostanze stupefacenti e poi hanno esigenza di reinvestire. Questo avviene attraverso un’analisi dei territori e dei settori più redditizi in cui è più facile riciclare. Le organizzazioni criminali ovunque vogliano colonizzare iniziano aprendo pizzerie, ristoranti e bar. Tutto ciò che consente di avere un paravento economico, apparentemente sano e pulito. Nello stesso tempo in quei luoghi diventano sedi di riunioni e aggregazioni”.
Nonostante la disciplina italiana in tema di antiriciclaggio e di anticorruzione sia abbastanza consolidata, molto c’è ancora da fare e a darne prova è la realtà degli ultimi anni che scandalo dopo scandalo,smentisce la celebre espressione attribuita all’Imperatore Vespasiano lasciando spazio a una nuova consapevolezza: pecunia olet!
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