Le frodi carosello. A cura di Dr. Alessio Latini, discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.

Nella categoria Articoli Master Anticorruzione, Eventi da su 11 marzo 2019 0 Commenti

Nel corso del Modulo X del Master in Anticorruzione dell’Università di Roma “Tor Vergata” sono stati approfonditi vari temi, tra cui quello delle frodi tributarie.

Nel presente articolo verrà analizzata una di esse, in particolare la frode c.d “carosello”. Il suo obiettivo principale è quello di evadere l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) tramite una serie di operazioni tra società aventi sede legale in differenti Paesi dell’Unione Europea. Non occorre dimenticare, difatti, che gli acquisti intracomunitari sono in regime di non imponibilità dell’IVA, ai sensi dell’art. 42 del D.L. 331/1993. Suddetta frode è costituta da un’operazione triangolare, in cui partecipano una società Alfa, con sede in un Paese UE, e due società (Beta e Gamma) aventi sede in Italia.

Il primo passaggio è quello dell’operazione tra la società Alfa nei confronti di Beta, che denomineremo società “cartiera”. Il suo scopo difatti è solamente quello di produrre fatture di operazioni inesistenti. Trattandosi di acquisto intracomunitario, l’Iva non viene appplicata.

Il secondo passaggio è quello dell’operazione tra la società c.d “cartiera” e Gamma, con sede entrambe in Italia. In tal caso è obbligo applicare l’IVA. Tuttavia la società “cartiera” non versa l’IVA esposta in fattura, non presentando finanche la dichiarazione annuale della suddetta imposta. Come già accennato, l’unico scopo della società cartiera è fatturare operazioni inesistenti e solitamente accade che i legali rappresentanti siano dei meri prestanome. Gamma al contrario porta in detrazione l’IVA sull’acquisto effettuato, tuttavia, trattandosi di un’operazione inesistente, la stessa genera un illegittimo credito IVA. Il tutto si completa difatti quando Gamma rivende ad Alfa (soceità in Paese UE) il bene in questione, senza applicazione dell’IVA. Il risultato è che Gamma può sottrarre all’IVA che incassa dai propri clienti quanto fittiziamente pagato alla società cartiera, creando dei veri e propri fondi neri utilizzabili per i fini più svariati, tra cui quelli corruttivi e di riciclaggio.

Occorre poi aggiungere ancora un altro aspetto. La società cartiera generalmente rivende la merce a Gamma sottocosto, così che la seconda risulta essere la reale acquirente e destinataria della merce stessa. Proprio su questo elemento si innesta l’intervento del legislatore volto a contrastare il fenomeno delle frodi carosello. Nel 2004 difatti quest’ultimo ha introdotto l’articolo 60-bis, comma 3, del DPR n. 633/72, denominato solidarietà nel pagamento dell’imposta.

Nel nostro esempio la società Gamma, operatore professionale, sarebbe solidalmente responsabile per il pagamento dell’Iva dovuta dalla società cartiera Beta, quando il prezzo della cessione sia inferiore al valore normale dei beni venduti, se si tratta di categorie merceologiche delineate da appositi decreti ministeriali. Rientrano in tali categorie, ad esempio, computer, telefono cellulari, carni fresche e animali vivi. Suddetta responsabilità è esclusa, sempre secondo l’art. 60-bis del DPR n.633/72 quando “il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell’imposta“. Sempre in relazione alle società c.d “cartiera” occorre considerare che l’intero sistema delle frodi carosello potrebbe essere ancora pià sofisticato, mediante l’inserimento della società c.d “filtro” o “buffer”. Quest’utlima infatti riceve la fattura dalla società cartiera per poi fatturare, tornando al nostro esempio, alla società Gamma. In tal caso, l’operazione non avviene sottocosto, bensì applicando un lieve ricarico di prezzo, con l’obiettivo precipuo di crearre per l’appunto un filtro, una schermaura, tra la società cartiera e Gamma.

Le società cartiere e le società filtro si differenziano tendenzialmente perché le prime non tengono le scritturre contabili obbligatorie, omettono le dichiarazioni IVA e quelle dei redditi, non possiedono locali commerciali e non di rado vengono poste in liquidazione non molto dopo tempo dopo la loro costituzione. Le società filtro, al contrario, compiono tutto ciò, mantenendo altresì una seppur minima organizzazione di uomini e mezzi che rende credibile la loro esistenza e l’esercizio delle loro attività. Non occorre infine dimenticare che per il contrasto dei reati societari, il d.gls 231/01 ha riconosciuto la responsabilità amministrativa degli enti. Pertanto anche le società divengono soggetti punibili per quanto attiene ai reati previsti dal decreto legislativo menzionato, compiuti dai rappresentanti della società in suo favore. Si segnala in ultimo quella che è probabilmente una delle più celebri frodi carosello, il caso Fastweb-Telecom-Sparkle. Oggetto delle prestazioni era per lo più, ma non solo, traffico telefonico, che le società menzionate acquistavano fittiziamente dalle società cartiere create ad hoc, per poi rivendere il tutto ad ulteriori società aventi sede in Paesi Ue.

Fastweb-Telecom-Sparkle apparentemente pagavano l’IVA alle società cartiere e con questo credito erariale le stesse creavano dei fondi neri che venivano riciclati all’estero, in Paesi quali Panama, Isole Cayman, Seychelles, Emirati Arabi, Singapore, Cipro, Usa, Hong Kong e svariati Paesi europei. Alcune cifre rendono l’idea dell’ampiezza del fenomeno se non è costantemente monitorato e costrastrato: secondo le indagini effettuate nel caso menzionato, le false fatturazioni ammontavano a 1,8 miliardi di euro, il danno per l’erario è stato di 365 milioni di euro e 96 milioni di euro sono stati i crediti fittizzi IVA.

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