BUROCRAZIA E MALADMINISTRATION. LA BUROCRAZIA FERMA PIANO DA 25 MILIONI

 

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«… La burocrazia in questo Paese è organizzata in modo tale che la colpa non è mai di nessuno – racconta Paolo Fassa, presidente della Fassa Bortolo, azienda trevigiana di prodotti per l’ediliziada370 milioni di ricavi e 1.400 addetti, a K.M. su Il Sole 24 Ore, del 17 febbraio 2018, a pagina 12 – Sono amareggiato. Se non si sblocca in tempi brevi questa assurda situazione, rinunceremo al progetto e lasceremo sull’isola solamente gli avvocati perché faremo causa…». In Italia ha 12 stabilimenti, cui si aggiungono uno in Portogallo e filiali commerciali in tutta Europa. Da oltre 4 anni e mezzo attende il permesso per realizzare un nuovo stabilimento ad Agira, in provincia di Enna: un investimento da 25 milioni di euro che porterebbe a circa 1oo assunzioni tra occupati diretti e indiretti. Manca l’ultimo tassello, il permesso della Soprintendenza di Enna per sbloccare il via libera al progetto di riapertura della cava di calcare e minerali di S. Nicolella di Agira dismessa circa 30 anni fa, attualmente chiusa e abbandonata senza alcun recupero ambientale. Cava strategica, perché da essa verrebbe estratto il materiale destinato allo stabilimento produttivo da realizzare. Fassa Bortolo ha ottemperato a tutte le richieste di Comune di Agira, Distretto minerario di Caltanissetta, assessorato regionale all’Ambiente, assessorato alle Attività produttive, Corpo forestale di Enna, Servizio geologico regionale, e infine, Soprintendenza di Enna. Quest’ultima, non ha dato ancora parere paesaggistico favorevole a causa del fatto che una parte dell’area risulterebbe d’interesse archeologico. L’azienda trevigiana si è resa disponibile a delocalizzare i reperti archeologici trovati e costruire strutture per valorizzarli, ma ancora il via libera non è arrivato. «Questa assurda babele di norme trasforma l’entusiasmo e la voglia di lavorare in una odissea senza fine – si sfoga l’imprenditore veneto – Mi appello a questo punto alle istituzioni, ai sindacati, alla Confindustria siciliana e al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda: facciano qualcosa per risolvere questa situazione. Questa regione ha necessità di investimenti e nuovi insediamenti produttivi in grado di attrarre economia e lavoro. Se la situazione non si sbocca in tempi rapidissimi, adiremo a vie legali; una soluzione che mi addolora perché penso da sempre che lavorare nel proprio Paese sia l’unico modo per fa cambiare davvero le cose».

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