BUROCRAZIA. IL PAESE DELLE TROPPE LEGGI, INDECIFRABILI.
In Italia ci saranno duecentomila leggi diverse, diceva Francesco Carnelutti, uno dei più famosi avvocati e giuristi italiani. «Per fortuna sono temperate da una generale inosservanza». Una battuta felice.
Che purtroppo, però, coglie solo uno degli aspetti del problema: il fatto è che non solo le leggi sono troppe, ma spesso sono anche scritte male, ben oltre i normali limiti della comprensibilità, come evidenzia Angelo Allegri, su Il Giornale del 7 novembre 2011, alle pagine 28 e 29: Vittorio Barosio, docente universitario e avvocato torinese, cita ad esempio l’ultimo codice degli appalti, approvato nel 2016 nel quale «… Ci sono almeno un paio di articoli di fronte ai quali ho riunito tutti i professionisti dello studio. Insieme li abbiamo passati ai raggi X, ma non c’è stato niente da fare. È proprio l’italiano che non funziona, nessuno ha un’idea esatta di che cosa vogliano dire».
Le radici della cattiva produzione legislativa sono profonde e molteplici. E per questo difficili da estirpare. Un caso di scuola, ancora una volta, è il già citato codice degli appalti. A prima vista dovrebbe essere un esempio positivo, visto che obbedisce alla tecnica semplificatoria del testo unico e riunisce tutte le norme su una materia riducendo la necessità di interpretare i tanti provvedimenti che si sono affastellati nel tempo. «La legge è del mese di aprile del 2016», spiega Barosio. «Ma già tre mesi dopo ha subito 180 correzioni in larga parte formali, legate alle imprecisioni del testo. Poi, più o meno un anno dopo, sono arrivate altre correzioni, una sessantina, questa volta però sostanziali, che esprimevano valutazioni che evidentemente in precedenza erano mancate. Come è possibile?». Il codice è significativo anche per altre considerazioni: la legge sugli appalti del 1977 era in tutto di 24 articoli, quella del 2006 ha dovuto tener conto della maggiore complessità legata anche alla normativa europea, con gli articoli che sono diventati 250, a cui si è aggiunto poi un regolamento di altri 250.
Osserva ancora Barosio che “…Nella nuova legge gli articoli sono più o meno 220, ma alcuni sono di una lunghezza spropositata. L’articolo numero 3 ha per esempio 51 commi. E per ogni articolo bisogna tenere conto delle linee guida che sono in corso di emanazione, lunghe fino a 20 pagine. Insomma, una giungla».
Pesano a determinare risultati legislativi non brillanti, la fretta (la legge sugli appalti, scritta in applicazione di una direttiva europea, è stata approvata nell’ultimo giorno utile), la scarsa competenza tecnico-giuridica, ma soprattutto, a determinare l’inflazione di norme è spesso un altro elemento, quello di un legislatore che “… forse a ragione, non si fida della pubblica amministrazione», spiega Barosio. «Anziché affidare alla burocrazia norme generali che poi dovranno essere interpretate e applicate, definisce una casistica minuziosissima. Così si finisce per paralizzare qualsiasi attività, senza nemmeno raggiungere lo scopo, visto che in astratto non si può prevedere tutto ma proprio tutto».
Tags: Anticorruzione, burocrazia, Cantone, controlli, corruzione, Corte dei Conti, Etica, featured, Integrità, Legalità, maladministration, meritocrazia, Pubblica amministrazione, semplificazione, Tor Vergata, Transparency International