TRASPARENZA IMPOSTA PER TRE FILONI DI ATTIVITÀ ANAC, LE NUOVE LINEE GUIDA.

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Nelle Linee guida sull’anticorruzione delle società, la divisione di fondo è tra società in controllo pubblico e società non in controllo pubblico. Le prime sono tenute alla trasparenza – come evidenzia Davide Di Russo, su Il Sole 24 Ore del 27 novembre 2017, alla pagina 44 – sia relativamente alla loro organizzazione sia al complesso delle attività svolte, e alle misure anti-corruzione integrative di quelle adottate in base alla «231». L’ANAC prende atto che l’articolo 2-bis, comma 2, lettera b) del Dlgs 33/2013, nell’individuare le società in controllo pubblico alle quali si applicano le regole sulla trasparenza previste per le PA «in quanto compatibili», rinvia al Dlgs 175/2016, che impernia la definizione di controllo sull’articolo 2359 del Codice civile: da qui, la rilevanza del “controllo contrattuale” (articolo 2359, comma 1, n. 3 del Codice civile), che nel precedente contesto era esclusa (determina ANAC 8/2015).

Per l’effetto, anche la società non partecipata da PA sarà tenuta all’applicazione dell’intera normativa sulla trasparenza (obblighi di pubblicazione e accesso) e a quella per la prevenzione della corruzione

Alla disciplina sono soggette – sottolinea l’ANAC – anche alcune società prive di partecipazione pubblica al capitale (quindi ne controllate ne partecipate da PA), cioè quelle con bilancio superiore a 50omila euro che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.

Ciò in quanto l’articolo 2-bis, comma 3 del Dlgs 33/2013 accomuna alle società in partecipazione pubblica tutti gli «enti diritto privato» (inclusi quelli in forma societaria) che svolgano queste attività ed integrino il parametro di bilancio.

Fondamentali, poi, le indicazioni ANAC per individuare le attività di pubblico interesse in relazione alle quali, in assenza di controllo, è definita l’applicazione della trasparenza. Si tratta di attività riconducibili alle attività istituzionali della PA, esternalizzate per scelte organizzativo-gestionali:

  1. le attività qualificate «di pubblico interesse” da una norma di legge, dall’atto costitutivo e/o dallo statuto della società o della PA e/o affidate in virtù di un contratto di servizio o direttamente dalla legge;
  2. quelle esemplificate dal Dlgs 33/2013 all’articolo 2-bis, comma 3 (esercizio di funzioni amministrative, attività di servizio pubblico, attività di produzione di beni e servizi in favore della P.A. strumentali alle finalità istituzionali della medesima);
  3. quelle che, in base all’articolo 4 del Dlgs 175/2016, consentono alle Pa di acquisire o mantenere partecipazioni.

Infine, l’ANAC fornisce precisazioni sul criterio della «compatibilità», che presiede all’estensione del regime di trasparenza alle società: la compatibilità non va valutata con riferimento al caso concreto ma in relazione alle singole categorie di enti; e, quanto alle società, alla luce delle attività svolte, dovendosi distinguere tra attività sicuramente di pubblico interesse, attività esercitate in concorrenza con altri operatori economici, attività svolte in regime di privativa.

Occorre poi considerare il regime eventualmente già applicabile in base ad altre fonti normative, per evitare duplicazione di adempimenti e assicurare un coordinamento con gli obblighi di prevenzione. Ad ogni modo, a scanso di equivoci, il vaglio relativo alla compatibilità è compiuto dall’ANAC con l’Allegato alle Linee guida, nel quale si specificano per ciascuna categoria gli obblighi di trasparenza e di prevenzione della corruzione.

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