BUROCRAZIA E SPRECHI. MEZZO MILIONE DI EURO PER DUEMILA BUSTE.
Baciata due volte dalla fortuna, la signora Sara Zagaria. Nel Paese dove i fornitori della pubblica amministrazione aspettano mesi (e qualcuno anni) per vedere i soldi, la pagano sull’unghia. Il mandato di pagamento del Ministero dell’Istruzione precede addirittura di cinque giorni la fattura – come racconta Sergio Rizzo, su La Repubblica del 22 novembre 2017, a pagina 26 – per la fornitura da parte della sua tipografia Grafiche Serenissima sas di buste e carta con l’intestazione “Ufficio scolastico regionale per il Veneto”.
Chi poi lo compila decide di fare un viaggio a ritroso nel tempo, quando la moneta unica non esisteva e i 253 euro e 68 centesimi della fattura corrispondevano a 491.192 lire.
Magari facessero tutti il calcolo all’indietro, deve pensare: chissà quanti sprechi si eviterebbero. Soltanto che gli scappa la penna e accanto a quel numero strabiliante, 491.192, anziché “lire”, scrive “euro”.
Mezzo milione per duemila buste di carta da lettera forse è un conto che dovrebbe saltare agli occhi, invece nessuno se ne accorge.
Dopo qualche giorno il tipografo va all’Unicredit e ritira 491.192 euro: guardandosi bene dal segnalare l’errore.
La vita scorre felice per quasi due anni, prima che il ministero realizzi e chieda i soldi indietro. La signora risponde che sa bene di aver incassato qualcosina in più del dovuto. Restituirebbe anche volentieri la differenza, se non ci fosse la crisi e non si trovasse momentaneamente in difficoltà. Allora provano a chiederli alla banca, che risponde ovviamente picche. Non resta a quel punto che Equitalia. Ma la ditta risulta insolvente e ogni tentativo di recuperare i quattrini va a vuoto. Così si mette in moto prima la Procura della repubblica e dopo la Corte dei conti, che imbastisce un procedimento per danno erariale a carico dei funzionari pubblici responsabili del pasticcio.
L’istruttoria va avanti per mesi: vengono ricostruiti i fatti, formulate le accuse, esaminate le controdeduzioni. Finisce con un dirigente condannato a pagare 98 mila euro: uno solo, perché due suoi colleghi vengono graziati e un terzo prosciolto per prescrizione.
Ma c’era da aspettarselo, visto che sono passati sette anni.
Quanto all’unico chiamato a rispondere, c’è ancora l’appello e non se ne può prevedere l’esito. Altrettanto impossibile è fare il conto esatto di quanto sia costata ai contribuenti la stangatina all’Ufficio scolastico del Veneto, fra annessi e connessi.
Ma poche storie come questa danno l’idea di come funzioni (male) un Paese nel quale la burocrazia aiuta i furbetti. E una cosa si può affermare con certezza: sono state le buste da lettera più care del mondo.
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Per evitare la corruzione,ci vuole massima trasparenza,onde ottenere una licenza od un pagamento,nel più breve tempo possibile,non “a babbo morto!! ” Tasse nella normalità,onde evitare evasioni.Per esempio se uno vuole affittare una casa od un locale e gli si dice di pagare un 20%,pari ad 1/5 dell’incasso,penso che tutti vogliono stare nella legalità.Se poi uno fa il furbo,si deve dare una pena detentiva,senza ottenere cauzioni,come agiscono negli Stati Uniti d’America.
buongiorno, grazie per la sua notazione.
la condividiamo come una delle misure utili a prevenire e a contrastare – facendola emergere con immediatezza – la corruzione e quello che ruota attorno ( sprechi, maladministration, … )
aspettiamo ulteriori commenti e contributi