NUOVO CODICE ANTIMAFIA. LO STATO NON SA GESTIRE I BENI CONFISCATI : SOLO UN`AZIENDA SU 10 È ANCORA ATTIVA

Nella categoria Eventi da su 13 ottobre 2017 0 Commenti

 

 55

Emblematica la storia di un imprenditore finito in amministrazione giudiziaria e poi assolto: in pochi anni il suo bilancio è stato decimato, da un fatturato milionario l’anno prima del sequestro del 2010 a un bilancio da 600 mila euro dopo sei anni di amministrazione giudiziaria quando il legittimo proprietario è stato assolto definitivamente nel 2014 da ogni accusa di collusione con la mafia.

E’ il caso – raccontato da Lodovica Bulian, su Il Giornale del 4 ottobre 2017, alla pagina 5 – di Vincenzo Rizzacasa, imprenditore siciliano assolto in appello e poi in Cassazione.

Ma non è l’unico. Basti pensare che finora quasi il 90% delle attività confiscate dallo Stato non sopravvive. Uno studio «Transcrime», centro di ricerca dell’Università Cattolica di Milano ha rivelato che solo il 15% delle aziende tra quelle sottoposte a controllo statale nel periodo che va dal 1983 al 2013 è ancora attiva.

Già, perché non ci sono solo le aziende confiscate alla mafia che finiscono sul lastrico sotto la gestione dello Stato. Ci sono anche quelle che falliscono prima ancora che si arrivi a sentenza definitiva dell’imputato che, spesso, una volta assolto e legittimato a tornare in possesso dei suoi beni, si ritrova in mano valori ormai perduti. Liquidati. Falliti. Caduti m crisi per l’incapacità di stare sul mercato, con una metamorfosi da eccellenze a scheletri industriali.

E se il codice antimafia approvato dal Parlamento promette di porre ordine alla gestione giudiziaria del tesoretto delle confische ai mafiosi e di «superare le opacità che hanno caratterizzato la questione negli anni passati», come ha detto il ministro Andrea Orlando, l’allargamento delle misure personali e patrimoniali previsto dal codice anche a chi è anche solo indiziato di associazione a delinquere finalizzata a peculato, corruzione, stalking e reati contro la pubblica amministrazione, rischia di aumentare anche il numero di imprese destinate al declino.

Lo studio di Transcrime ha riguardato sia il periodo prima del sequestro, quando ancora le imprese erano gestite dalle mafie, sia lo stato attuale delle aziende. Ebbene, i ricercatori hanno stimato che il 65-70% delle imprese requisite sia finito in liquidazione, il 15-20% in fallimento, e solo un altro 15% sia ancora attivo. Quando poi alla gestione giudiziaria si aggiunge anche la lentezza dei tribunali, il mix è fatale: ci sono imprenditori che si ritrovano ad attendere anni prima di tornare in possesso dei loro beni posti sotto sequestro. Come il palermitano Francesco Lena, ancora in attesa di riavere l’azienda vitivinicola, dopo che il filone penale si è già concluso 5 anni fa con l’assoluzione definitiva dall’accusa di associazione mafiosa.

Tags: , , , , , , , , , , , ,

avatar

sull'autore ()

Lascia un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *