Gli appalti di servizi e le concessioni di servizi
A cura del Dott. Luca Esposito
Il D.Lgs. n. 50 del 2016 e successivo correttivo n. 56/2017 segna la nascita del nuovo Codice dei Contratti pubblici, sostituendo il D.Lgs. 163/2006.
Il nuovo Codice, introdotto sulla spinta delle direttive comunitarie del 2014 n. 23, 24 e 25, contiene la disciplina dei contratti di appalti (di lavori, servizi e forniture) e delle concessioni, appunto come diretta conseguenza della direttiva 2014/23/UE.
Nelle massicce modifiche intervenute con il decreto legislativo del 2016, volendo, si potrebbe concentrare la nostra attenzione sull’art. 3, lett. dd), del nuovo Codice. Il mare magnum che regolamenta i cosiddetti “contratti pubblici”, i quali costituiscono una macro area all’interno della quale rientrano gli appalti e le concessioni, offrono l’occasione di effettuare un attento confronto delle molteplici tipologie che costellano tale materia.
Una prima argomentazione che richiederebbe di ricevere un approfondimento, sicuramente, può essere la distinzione tra appalto di servizi e concessioni di servizi pubblici.
Di per sè, la distinzione tra i due istituti è principalmente di oggetto, visto che negli appalti di servizi la prestazione viene eseguita a favore della pubblica amministrazione, invece la concessione di servizi genera la procreazione di un rapporto che vede interessati la pubblica amministrazione come concedente del servizio, il cosiddetto concessionario e coloro che usufruiscono del servizio, in capo ai quali grava il costo del servizio stesso.
La differenza, al centro di tali suddetti istituti, è data essenzialmente dal rischio di gestione, anche conosciuto come rischio operativo; poiché, d’altronde, nell’ambito degli appalti di servizi è la pubblica amministrazione ad assumersi l’onere della gestione del servizio, mentre nel campo delle concessioni di servizi tale rischio pende in capo al concessionario.
Questa previsione di assunzione di rischio operativo della gestione del servizio da parte del concessionario scaturisce dal fatto che a quest’ultimo viene riconosciuto il corrispettivo derivante dall’utilizzo del servizio, ma soprattutto, il caricarsi del “rischio” non può essere alleggerito da forme di contributi pubblici o successive assicurazioni.
La concessione dei servizi è un contratto a titolo oneroso, ove la stazione appaltante affida ad uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi purché siano diversi dall’esecuzione dei lavori di cui alla lett. ll), riconoscendo a titolo di corrispettivo esclusivamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o comunque tale diritto accompagnato da un prezzo.
Concerne tenere alla mente, procedendo nella disamina dell’argomento, quale sia il destinatario della prestazione essendo variabile da tipologia a tipologia. Infatti, si veda come negli appalti di servizi sia la pubblica amministrazione la destinataria, invece, quando si è in presenza di una concessione dei servizi il soggetto per il quale viene eseguita la prestazione è la collettività degli utenti.
Per le considerazioni apportate fin qui, si è potuto evidenziare come le concessioni dei servizi e gli appalti di servizi si muovano sulla concezione di rischio di gestione del servizio, sebbene questo rischio grava su soggetti diversi.
Come era già stato individuato dalla Corte di Giustizia (sent. 7 dicembre 2000, causa C-324/98) e dalla Commissione Europea (Comunicazione del 2 aprile 2000), l’elemento di distinzione è il rischio di gestione economica del servizio però, un rischio che graverebbe nella concessione dei servizi solo sull’aggiudicatario.
Infatti, nella concessione di servizi pubblici, le imprese si devono impegnare ad erogare delle prestazioni al pubblico, addossandosi il connesso rischio di gestione economica previsto per l’intera durata della concessione, invece, la situazione in un contratto di appalti pubblici di servizi, stipulati i contratti, le imprese si impegnano verso la pubblica amministrazione dietro una remunerazione ma non si devono assumere oneri e responsabilità nei confronti degli utenti finali.
Il concetto di distinzione è ulteriormente confermato da parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha evidenziato come ciò che divide questi istituti è identificabile per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato e non per il carattere provvedimentale dell’attività né per la natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto.
L’aspetto remunerativo costituisce di fatto l’elemento di differenziazione, poiché è a carico dell’amministrazione per gli appalti di servizi, d’altra parte però, se la prestazione viene resa a favore di una collettività di utenti e non a vantaggio dell’amministrazione prevendendo, inoltre, la corresponsione (anche solo parzialmente) all’operatore del servizio da parte dell’utente in tal caso è conclamato aver di fronte una concessione di servizi.
In ultimo, la V Sezione del Consiglio di Stato – sent. n. 645 del 7 febbraio 2003 – ha evidenziato come nella concessione, l’amministrazione si spoglia della gestione commettendola ad un altro soggetto, producendo una giustificazione per questo alla permanenza in capo alla pubblica amministrazione di un margine di discrezionalità nella regolazione del rapporto rispetto alla normativa in tema di appalto di servizi.
Sebbene tra i due istituti vi siano discrepanze e distanze notevole, non si può disperdere quell’importanza di una base comune e fondante degli stessi deducibili dalle normative di natura comunitaria, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, dai principi dell’agire della pubblica amministrazione e tutto ciò che ha contribuito alla formazione di quel minimo comune denominatore tra appalto e concessione di servizi.