BUROCRAZIA. GRANDI OPERE FERME, PERCHE? PER UNA VOLTA NON SONO I SOLDI A MANCARE.
Mancano nella ripresa italiana. Ed è un pezzo importante perché, nella storia vicina e lontana del nostro Paese, è sempre stato capace di far girare da solo – come evidenzia Lorenzo Salvia, su L’Economia-Corriere della Sera, del 25 settembre 2017, alle pagine 1 e 4 – il vento dell’economia. Stavolta no. Stavolta il settore delle costruzioni è in controtendenza. Quest’anno il Pil, il prodotto interno lordo, dovrebbe far segnare una crescita dell’1,5%. Ma se abbassiamo la lente di ingrandimento sul quel pezzo mancante della ripresa ecco che torna il segno meno.
L’ultima rilevazione è arrivata pochi giorni fa dall’Istat: a luglio la produzione nel settore delle costruzioni ha registrato un calo dello 0,4%. Controtendenza, appunto.
Per una volta non sono i soldi a mancare.
Dopo la picchiata che ha segnato la fase più nera della recessione e la stagione dell’austerity, fatta di tagli alla spesa e stretta sui vincoli del patto di bilancio, la curva degli investimenti pubblici è tornata a salire m modo stabile. Con le ultime due manovre, i fondi messi a disposizione per i prossimi 15 anni e destinati a investimenti pubblici in infrastrutture materiali arrivano a 100 miliardi di euro. Un mese e mezzo fa il Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, ha finalmente approvato il contratto di programma dell’Anas: per il periodo 2016/2020 ci sono investimenti per 29,5 miliardi di euro.
Una maxi dote ben superiore per volume alla prossima legge di Bilancio, anche se spalmata su più anni.
E di investimenti ce ne sono stati anche altri, come quelli per le ferrovie, oppure per la messa in sicurezza del territorio contro il dissesto idrogeologico, e ancora il piano per le periferie, il piano per la sicurezza delle scuole. Non sempre si tratta di soldi freschi, a volte si riciclano vecchi fondi non spesi. La sostanza, però, non cambia.
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