LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELLE INFILTRAZIONI MAFIOSE NEI CONTRATTI PUBBLICI: I COMMISSARIAMENTI PER LA COSTITUZIONE DI PRESIDI DI LEGALITA’ NELLE IMPRESE (titolo 4)

Nella categoria Azione Amministrativa e Prevenzione da su 29 agosto 2017 0 Commenti

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A cura di Daniela
Dopo una sintetica descrizione degli istituti, di recente introdotti nel settore, volti ad assicurare una tutela preventiva contro la corruzione prevedendo misure straordinarie “di gestione, sostegno e monitoraggio delle imprese” esposte al rischio di infiltrazione malavitosa, illustrare le procedure finalizzate alla estromissione dalla governance societaria dei soggetti coinvolti in fatti illeciti.

Parola d’ordine: ripristinare la legalità preservando l’Opera pubblica

Negli ultimi anni, in apparente controtendenza con i tentativi di arginare i fenomeni di corruzione e di infiltrazione mafiosa nel settore degli appalti pubblici posti in essere dal Legislatore e dalla Magistratura, abbiamo purtroppo dovuto assistere ad una ampli

ficazione di tali fenomeni.

Alcuni degli scandali recentemente venuti alla ribalta, come l’ormai tristemente famoso “caso Mo.s.e.”, ad esempio, hanno portato alla luce operazioni di compromissione della libera concorrenza complesse ed altamente organizzate.

Di fronte a quella che appare come una vera e propria “industria della mazzetta”, nell’ambito della quale si elargiscono, sporadicamente o stabilmente, somme di denaro e favori allo scopo di alterare i normali meccanismi di mercato ed assumere, di fatto, il controllo di grandi eventi o di servizi di pubblico interesse, sono ben presto apparsi poco efficaci o, talvolta, addirittura controproducenti, i tradizionali strumenti repressivi, in quanto essi non consentono di contemperare l’esigenza di contrastare le ipotesi di illecito perpetrate in fase di aggiudicazione e/o di esecuzione dell’appalto con quella di garantire il soddisfacimento dell’interesse di tutta la collettività alla positiva e celere conclusione dell’opera e del regolare andamento della Cosa pubblica.

Si è, quindi, sentita la necessità di disporre di un efficace complesso di misure amministrative con funzione preventiva che consenta la prosecuzione dell’appalto nel caso in cui l’impresa aggiudicataria risulti coinvolta in fatti di corruzione e di infiltrazione mafiosa.

L’esigenza di colmare tale lacuna normativa si è fatta ancor più pressante e non ulteriormente  procrastinabile nel momento in cui si è trattato di salvare l’evento “Expo 2015” dall’eventualità che esso potesse rimanere travolto dalle inchieste giudiziarie in corso per alcuni appalti tra i più significativi. Tale eventualità, infatti, non solo avrebbe significato sacrificare ciò che di buono era già stato fatto ed esporre i dipendenti delle imprese coinvolte a ricadute occupazionali negative, ma avrebbe avuto pesanti ripercussioni sulla stessa immagine internazionale del Paese.

L’Esecutivo è, quindi, intervenuto con il D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, poi, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114 che, nel modificare, ampliare e rafforzare i poteri attribuiti all’Autorità anticorruzione nata dalle ceneri della CIVIT e ribattezzata ANAC, ne ha fatto il soggetto centrale attorno a cui ruota il sistema dell’anticorruzione e ha attribuito al suo Presidente quelli che la Relazione al Disegno di Legge di conversione definisce “incisivi poteri propositivi nei confronti del Prefetto” da esercitare “in presenza di indagini per delitti di particolare gravità ai danni delle pubbliche amministrazioni, ovvero in presenza di situazioni anomale, sintomatiche di condotte illecite o di eventi criminali attribuibili ad imprese aggiudicatarie di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture”.

In tale contesto, l’art. 32 della citata Legge di conversione delinea tre innovativi istituti amministrativi che operano, appunto, in via preventiva, aventi differente impatto sull’impresa aggiudicataria.

Si tratta, in particolare:

– di misure di sostegno e monitoraggio dell’impresa, finalizzate a riportarne la gestione entro parametri di legalità nei casi meno gravi; esse consistono nell’affiancare agli organi sociali da uno a tre esperti nominati con decreto del Prefetto;

– di misure tese a rinnovare gli organi sociali dell’impresa mediante sostituzione del soggetto coinvolto in fatti illeciti;

– di misure finalizzate alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice mediante suo parziale “commissariamento” tramite la nomina temporanea, da parte del Prefetto, di un numero massimo di tre amministratori che dovranno assicurare la completa esecuzione dello specifico contratto di appalto o della specifica concessione.

In tutti e tre i casi al Presidente dell’ANAC è riservato un primario ruolo di impulso nei confronti del Prefetto competente in ragione del luogo in cui ha sede la stazione appaltante, che si estrinseca nel valutare e proporre – nel momento in cui egli ritiene sussistano, nei fatti oggetto di indagine che vedono coinvolta una determinata impresa, i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora – l’adozione, nei confronti dell’impresa stessa,  della misura ritenuta più opportuna, anche in ragione della gravità dei fatti contestati. A sua volta il Prefetto – ove ritenga ne ricorrano i presupposti sulla base degli elementi forniti dalla stessa ANAC – adotta il relativo provvedimento.

Per quanto formalmente il Prefetto competente abbia un autonomo potere di accertamento dei fatti sottoposti alla sua valutazione, non essendo egli vincolato a condividere l’orientamento del Presidente dell’ANAC sia in ordine alla sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, sia in ordine alla misura da adottare, nella prassi concreta la disamina circa la sussistenza o meno dei presupposti applicativi dello specifico istituto viene di fatto condotta congiuntamente dal Presidente dell’ANAC e dal Prefetto, affinché  quelle che il Legislatore pare aver concepito come due fasi autonome si mantengano comunque intimamente raccordate ed ispirate ad una logica di  collaborazione tra le due Autorità amministrative per il più efficace perseguimento dell’interesse pubblico.

Esaminiamo, nello specifico, le procedure finalizzate all’estromissione dalla “governance” societaria del soggetto coinvolto nei fatti illeciti oggetto di indagine, in cui si sostanzia la seconda delle citate misure.

La norma prevede che il Prefetto, su imput del Presidente dell’ANAC, accertata la ricorrenza dei presupposti di cui al comma 1 dell’art. 32 della L. 114/90 nonché valutata la gravità dei fatti contestati, intimi all’impresa di sostituire, nell’ambito degli organi sociali, i soggetti che risultino indagati per vicende sintomatiche di fenomeni corruttivi. Si tratta di una misura amministrativa di considerevole impatto, in quanto incide sull’autonomia del soggetto societario modificandone coattivamente la fisionomia organizzativa. Il quadro preventivo si completa tramite il funzionale raccordo di tale istituto con quello, ancor più incisivo, della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, cui, di fatto, risulta intimamente e funzionalmente collegato.

Qualora, infatti, nei trenta giorni successivi all’intimazione del Prefetto diretta all’impresa, quest’ultima  non ottemperi, il Prefetto nomina, nei successivi dieci giorni, da uno a tre amministratori per il tempo necessario a realizzare l’opera, il servizio o la fornitura oggetto della “commessa incriminata”, amministratori che restano in carica, comunque, non oltre il collaudo.  Si deve ritenere che l’ordine di rinnovazione non possa considerarsi adempiuto anche laddove il soggetto indagato, pur rimosso dal precedente incarico, conservi comunque, all’interno dell’impresa, una posizione che, anche solo di fatto, gli consenta di continuare ad influire sulla condotta dell’impresa stessa.

La ratio di tali istituti è quella, da un lato, di evitare che la prosecuzione dell’appalto o della concessione determini ulteriori vantaggi per gli autori, o presunti autori, dell’illecito, dall’altro di assicurare – come recita il successivo comma 10 del medesimo art. 32 – “il completamento dell’esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici”.

La norma permette, in tal modo, sia di evitare interruzioni nell’erogazione all’utenza di prestazioni indispensabili,  sia di impedire che un determinato comparto produttivo o una determinata area geografica subiscano una pesante ricaduta occupazionale, sia, infine, di scongiurare l’evenienza che l’interruzione di un’opera o di un’attività o la dilatazione dei tempi della sua esecuzione determinino un danno alla finanza pubblica.

Dopo le più recenti prove cui l’industria della mazzetta ha sottoposto la parte migliore del Paese, il Legislatore sembra aver voluto dare, con le richiamate previsioni normative, una decisa sterzata, fornendo misure concretamente a garanzia della finanza pubblica, della collettività e del mercato.

Parola d’ordine, quindi, “ripristinare la legalità preservando l’Opera pubblica”.

 

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