Mare Monstrum: indagati per corruzione ex sottosegretaria del Ministero Simona Vicari ed Ettore Morace
“Zio Nunzio ci ho pensato ce lo voglio fare il regalo, quei due regali a questi due personaggi”
La frase citata è emersa dalle intercettazioni relative all’inchiesta “proprietario della Liberty Lines, compagnia siciliana di navigazione con sede a Trapani e leader nel settore del trasporto passeggeri su imbarcazioni veloci. A Novembre 2016 le prime telefonate fra gli armatori partenopei Ettore Morace e Salvatore Lauro durante le quali il primo confessa che “nel decreto al consiglio dei Ministri domani ci hanno messo tutto, anche il fatto delle macchine senza IVA, ma il fatto della indetraibilità non c’è. Se tutto va bene passa a Novembre con la legge di stabilità”. Ciò a cui fa riferimento l’armatore consiste nell’introduzione dell’IVA con un aliquota del 10% per il trasporto urbano di persone via nave, settore che, a differenza di altri, quali per esempio i trasporti urbani effettuati con mezzi diversi dal taxi, era del tutto esente. Come spiegava Raffaele Aiello, presidente di Fedarlinea, la principale associazione di rappresentanza delle compagnie di cabotaggio marittimo, “l’aliquota al 10% consentirebbe agli armatori di detrarre una parte dell’IVA in acquisto, così come avviene per i servizi via terra. L’attuale regime infatti, scarica sulle compagnie di navigazione un costo pesantissimo e sconta la palese incongruenza di trattamento fra due servizi identici, seppur svolti diversamente”. Per la categoria degli armatori, quindi, tale regime fiscale rappresentava un problema più che un vantaggio. L’esenzione impediva, infatti, di scaricare i costi di fornitura (soprattutto quelli dei carburanti) causando costi maggiori. L’esenzione, quindi, era una particolarità del nostro sistema fiscale, nonché oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea1 . Il Morace nelle intercettazioni fa riferimento più volte alla legge di stabilità in quanto è proprio tramite l’approvazione di un emendamento alla stessa che viene introdotta l’IVA sui trasporti urbani di persone su nave. Nessuno però avrebbe mai sperato, neppure Vincenzo Franza, armatore e socio del Morace nella Liberty Lines, che l’IVA venisse introdotta con un’aliquota del 5% invece che del 10 % come era, invece, previsto per le altre categorie sopra menzionate. Il miracolo si è però compiuto. Sulla base di quanto sostenuto dagli inquirenti, l’intervento dell’ex sottosegretaria avrebbe avuto un ruolo strategico nella presentazione e nell’approvazione dell’emendamento in commissione bilancio, al punto tale che la stessa, il 20 Novembre 2016, chiamava Ettore Morace riferendogli che la riduzione dell’IVA al 5% era ormai realtà. E’ importante specificare, inoltre, che non vi sarà alcuna conseguenza per i passeggeri i quali, infatti, non vedranno aumentare il prezzo del biglietto per consentire alle compagnie marittime di ammortizzare l’introduzione dell’IVA (cfr. art. 1, co 34 legge di stabilità). Ma cosa c’è di non etico nell’approvazione di un emendamento alla legge di stabilità che, come affermato dal Ministro Delrio, aveva l’obiettivo di “sviluppare il settore del trasporto marittimo con la finalità di far crescere le “autostrade del mare”, insieme ad altri canali alternativi di mobilità come ferrovie e metropolitane”? 1 La Commissione, infatti, nel maggio del 2009 ha avviato il procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia per il non corretto recepimento della direttiva IVA 2006/112/CE, con riferimento alle esenzioni. Mentre la normativa Europea autorizza l’esenzione IVA, a determinate condizioni, per la cessione di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi che navigano in alto mare, nonché per le cessioni, trasformazioni, riparazioni, manutenzioni e locazioni di tali navi, il nostro Legislatore estende l’esenzione alle navi commerciali che non navigano in alto mare ed alle navi destinate agli enti pubblici. La risposta è semplice: i Rolex “economici”, del valore di circa 5.000 € ciascuno, di cui l’armatore ha fatto omaggio all’ex sottosegretaria e a un suo collaboratore per sdebitarsi del grande favore ricevuto. A questo punto è lecito chiedersi se quanto sin qui riportato possa configurarsi o meno come conflitto di interessi (CDI) reale, da intendersi come la situazione in cui l’interesse secondario di una persona tende a interferire con l’interesse primario di un’altra parte, verso cui la prima ha precisi doveri e responsabilità2 . Gli elementi che devono essere presenti, quindi, per potersi configurare un’ipotesi di CDI nei termini sovra esposti sono tre: l’interesse primario, l’interesse secondario e la tendenza del secondo a prevalere sul primo. L’interesse primario era, evidentemente, quello dello Stato di realizzare un piano strategico finalizzato allo sviluppo delle “autostrade del mare”, così come affermato anche dal Ministro Delrio. L’interesse secondario, consisteva, invece, nella volontà dell’ex sottosegretaria Vicari di avvantaggiare il proprietario della Liberty Lines facendogli risparmiare ingenti somme di denaro. Il terzo ed ultimo elemento, si concretizzava nel supporto fornito dalla Vicari consistente nella presentazione dell’emendamento. Si può quindi ritenere che la Vicari fosse in conflitto? L’ex sottosegretaria ha più volte affermato “sono assolutamente tranquilla e certa della liceità della mia azione essendomi, della vicenda, interessata nel pieno adempimento delle deleghe che mi erano state conferite e nella pienezza del ruolo di parlamentare che rivesto e questo per venire incontro alle esigenze dell’intero comparto marittimo. Il trasporto marittimo era l’unico mondo del trasporto pubblico rimasto fuori dall’esenzione dell’Iva e il ministro Delrio era a conoscenza di quell’emendamento. Se il signor Morace ne beneficerà ciò avverrà al pari di tutti i suoi colleghi che operano nel settore e senza alcun privilegio personale”. Tuttavia, nonostante quanto da lei affermato, con il suo intervento l’ex sottosegretaria, ha favorito indiscutibilmente Morace, facendogli risparmiare milioni di Euro di tasse. In effetti, però, basandosi sulla ricostruzione sopra fatta, non si tratterebbe di un conflitto di interessi, in quanto il comportamento della Vicari, oltre ad aver effettivamente e realmente avvantaggiato una categoria intera, che si era più volte fatta portavoce della necessità di un intervento in materia di IVA, è anche andato nella direzione voluta dallo Stato, e cioè quella di agevolare lo sviluppo del trasporto marittimo, nonostante il minor introito per l’erario rispetto a quello che si sarebbe realizzato con l’applicazione di un’aliquota del 10%. Infatti, come sostenuto anche da Matterella “perché si abbia conflitto di interessi, non è sufficiente che il funzionario tragga vantaggio dal proprio comportamento, ma è necessario anche che ci sia un danno all’interesse pubblico”, che per quanto fin qui esposto sembrerebbe non potersi configurare. “Sicuramente un Casio lo avrebbe rifiutato”, “Senatrice, mi scusi, ma perché Morace non ha regalato un Rolex anche a me? Semplicemente perché regalarlo a me, non c’era motivo, a Lei il motivo c’era. Elementare Watson”. Questi sono solo alcuni dei commenti lasciati sotto agli articoli on line e da cui si deduce che, a prescindere dal voler ricondurre la vicenda in esame alla fattispecie di CDI reale, rimane per l’opinione pubblica un conflitto quantomeno apparente. Cioè nella percezione dell’opinione pubblica il comportamento tenuto rappresenta, comunque, una tipica situazione di conflitto di interessi che si sarebbe potuto risolvere colmando l’asimmetria informativa creatasi fra la collettività e il viceministro. Asimmetria che si sarebbe potuta colmare sia sottolineando che le associazioni di categoria avevano da tempo chiesto l’intervento del governo per sanare la problematica dell’IVA per le imprese armatoriali che operano nella navigazione di corto raggio, sia dichiarando apertamente di aver ricevuto un Rolex, evitando così che tale elemento emergesse durante le intercettazioni disposte dalla procura. Al momento, però, l’inchiesta è ancora nella fase delle indagini preliminari, pertanto chissà quante novità verranno alla luce tramite tutte le intercettazioni telefoniche. Si noti, inoltre, che a prescindere da quanto avvertito dall’opinione pubblica, a norma dell’art 4 del Codice di Condotta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, rubricato “Regali compensi e altre utilità”: “Al dipendente è fatto, altresì, divieto di accettare regali o altra utilità, sotto qualunque forma, da parte di soggetti che abbiano tratto o comunque possano trarre benefici da decisioni o attività dell’Amministrazione, ad eccezione di quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore. […]. Il modico valore resta fissato in 150 euro, anche se in forma cumulata annuale. I doni ricevuti al di fuori dei casi consentiti, se trattasi di oggetti materiali, sono immediatamente messi a disposizione del Dipartimento competente in materia di risorse strumentali a cura del dipendente, al fine della loro tempestiva restituzione o devoluzione a fini istituzionali ovvero ad associazioni di volontariato o beneficenza”. Si può, senza particolari problemi, affermare che il Rolex ricevuto dalla Vicari non sia stato “omaggiato” in conseguenza di una relazione di cortesia o di una consuetudine internazionale e che 5000 € non sono di certo un modico valore. A prescindere, quindi, dall’opinione della collettività, la Vicari, nel rispetto del proprio Codice di Condotta, non avrebbe dovuto accettare il Rolex, ed anzi, lo avrebbe dovuto mettere a disposizione del Dipartimento competente. Quindi, al di là di quanto verrà stabilito dalla magistratura, l’ex sottosegretaria, per il suo comportamento scorretto, si potrà vedere applicate le sanzioni previste nel Codice Disciplinare Dirigenziale dei Ministri . In conclusione uno spunto di riflessione: nel caso come quello in esame, dove ci sono interessi ampi di categorie imprenditoriali, in altri paesi, dove il fare lobby è considerato parte della politica e non crea imbarazzi, si veda in particolare l’esempio degli Stati Uniti d’America, vi è una normazione specifica, mentre in Italia quella dei rapporti fra politica e lobby è una terra di nessuno, in quanto priva di qualsiasi forma di regolamentazione. In America i gruppi di pressione sono disciplinati normativamente, mentre nel nostro paese nonostante una legge in materia sia stata spesso evocata, prova ne sono i numerosi disegni di legge presentati sul punto, ancora non si è riusciti ad arrivare a un testo unico da presentare in aula. Casi come quello della Vicari e di Morace mostrano come sia sempre più necessario che il nostro ordinamento si doti di una normazione in materia di lobby, in modo da eliminare ogni “ambiguità” nel rapporto tra chi decide e chi lotta per portare al tavolo delle decisioni interessi determinati e particolari. 3 Si richiama pertanto il codice Disciplinare della Dirigenza per quanto attiene alle conseguenze poste in essere dal comportamento dell’ex sottosegretario.
Secondo quanto affermato sul tema dal professor Pier Luigi Petrillo, “questa assenza consente alla politica di scaricare la responsabilità della propria inefficienza proprio sui lobbisti. Un provvedimento non viene approvato? Colpa delle lobby. Un disegno di legge si ferma? Colpa delle lobby. Le lobby sono diventate un paravento della politica che non vuole scontentare taluni soggetti e non vuole assumersi la responsabilità della scelta”. Ci si potrebbe ora chiedere se con una normativa sul tema la politica guadagnerebbe in efficienza? Sempre il professor Petrillo afferma che: “una legge sul lobbying, rendendo pubblici gli interessi particolari contrapposti, toglierebbe alla politica qualsiasi alibi: il decisore dovrebbe decidere, sotto gli occhi di tutti. Nei 18 paesi dove il processo decisionale pubblico è regolato dalla legge avviene tutto in trasparenza: gli incontri con i portatori d’interesse sono pubblici e la politica alla fine deve assumersi la responsabilità di indicare quale o quali interessi soddisfare. La zona d’ombra che esiste nell’ordinamento del nostro paese consente alla politica di non scegliere: e quindi di non scontentare nessuno, salvo i cittadini ai quali si fa credere che è colpa delle lobby anziché della politica”. In definitiva si può concludere che l’assenza di una legge ad hoc sia un’eccezione alla trasparenza che non trova pari nel contesto dei paesi democratici. Quanto alla trasparenza nei processi di produzione normativa può rammentarsi che, nel nostro ordinamento, la legge 262/2005 sulla tutela del risparmio nel disciplinare il procedimento di adozione dei provvedimenti aventi natura regolamentare o di contenuto generale da parte della Consob, della Banca d’Italia, dell’Isvap e della Covip richiede alle varie Autorità di sottoporre a consultazione pubblica le nuove regolamentazioni o le revisioni di normative esistenti. Si dà in tal modo la possibilità a chiunque di inviare, di norma entro 60 giorni, osservazioni, commenti, proposte, assicurando così un’aperta e trasparente partecipazione all’emissione delle norme.
A cura di:
Sara Naldini
Carlotta Simonacci
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